Boxing Gym
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Regia: | Wiseman Frederick |
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Cast e credits: |
Fotografia: John Davey; montaggio: Frederick Wiseman; produzione: Zipporah Films; origine: Usa, 2010; distribuzione: Cineteca di Bologna; durata: 91’. |
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Trama: | Austin, Texas. Richard Lord è un anziano professionista della boxe che ha fondato la 'Lord's Gym'. E' qui che persone di età, sesso, origini e ceti sociali differenti, aspiranti professionisti o semplici praticanti in cerca di un modo per stare in allenamento o per trovare fiducia in se stessi, si incontrano uniti dalla comune passione e interesse per il pugilato. Attraverso i loro racconti e le immagini il documentario ci mostra uno spaccato del tipico 'melting pot' americano. |
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Critica (1): | Uno dei più grandi, no: il più grande documentarista vivente, Frederick Wiseman, quaranta film dal 1967 a oggi, ha filmato ogni genere di luogo, aperto e (soprattutto) chiuso, ospedali, caserme, scuole, stazioni di polizia, teatri, parchi, zoo, carceri, tribunali. Stavolta, ci porta in una palestra dove si impara la nobile arte della boxe. C'erano tre grandi e meravigliosi vecchi a Cannes, Manoel de Oliviera (1908), Jean-Luc Godard (1930) e Frederick Wiseman (1930): nessuno dei tre intende abbassare bandiera; inattaccabili dal tempo, continuano a regalarci film che pensano, sognano, girano per il mondo com'è, mostrano mondi sognati. Wiseman mostra, da sempre, il mondo com'è e ce lo mostra come non ce l'ha mai mostrato nessuno. Wiseman ama la banalità del mondo: è lì dentro che le cose sono meravigliose (o anche terribili). Nei lavori di Wiseman, il mondo e i suoi abitanti, finalmente!, hanno tutto il tempo e il modo di mondeggiare, di essere quello che sono. Quello che fa Wiseman, uomo saggio, è mostrare cose persone gesti, è saggiare la ripetitività di un gesto fino a scoprirne l'essenza che la banalità custodisce e che si rivela essere il vero. Wiseman crede che il cinema sia un'arte giovane, ancora stupefatta davanti alle cose, come se i Lumière fossero qui a riprendere una palestra di Austin, Texas. Il saccone, il ring, destro sinistro destro, uppercut, lo specchio, un allenatore bonario. Boxing Gym è un film in forma perfetta. Cinema gancio, cinema jab, cinema diretto! Diretto a farti vedere quel che c'è davanti alla macchina da presa e che, se non te l'avesse fatto vedere Wiseman, non ti saresti accorto che era lì da vedere e ammirare.
La palestra non è di quelle da dove vengono fuori i campioni. Piccola, vecchiotta, luci basse, posto difficile da trovare, periferia. Viene in mente Million Dollar Baby, senza problemi di eutanasia. Qui, soltanto allenamenti, sudore, il piacere e la fatica di prendersi cura del corpo, dell'imparare a tirare i colpi, a respirare, muovere i piedi, colpire infinite volte il punching ball, la pera sospesa. La boxe è cura per l'animo, inteso come animus, fiato e vita. Vengono a imparare il fiato e la vita bianchi e neri, giovanotti prestanti e vecchi in affanno, incarnazioni dello spirito americano dell'azione, dell'individualismo, dello scontro uno contro uno. Ci si addestra a colpire e a parare, anche se non si salirà mai sul ring. Boxing Gym: il ginnasio, come si diceva una volta, è il posto dove i boxing Jim d'America cercano la forma, una forma d'essere se stessi. E la bellezza del film sta nel fatto che Wiseman non cerca altro, non si sporge su altri problemi. Tutto è lì dentro: la bellezza e la perfezione,
che sono quello di cui Wiseman va in cerca, che sono il segreto della sua giovinezza di cineasta. Bellezza e perfezione che si raggiungono nel presente, nell'attimo. Chi colpisce il sacco sa che, prima o poi, colpo dopo colpo, può raggiungerle.(…)
Bruno Fornara, Cineforum n.495, 6/2010 |
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Critica (2): | Pugili e filosofi di ogni genere convergono nel magnetizzante documentario di Frederick Wiseman Boxing Gym. Di proprietà di un individuo solido e muscoloso di nome Richard Lord, un allenatore con una voce raschiante e una lunga e sottile ciocca di capelli che gli pende dal collo, la palestra è in un ex magazzino senza riscaldamento e senza aria condizionata. Non ci sono fronzoli qui, solo uomini, donne e bambini di diversi colori, mezzi economici, avvenenza, bellezza e abilità che si incontrano tra i sacchi da boxe i manifesti che si staccano, i loro pugni e i loro piedi che battono secondo tempi e ritmi diversi.
Non molto tempo dopo che il suo allievo Alessandro Magno ebbe ereditato il trono, Aristotele aprì una scuola di filosofia presso una palestra nei pressi di Atene. Mister Lord, un pugile dilettante diventato un ottimo peso piuma professionista, ha aperto la sua palestra un bel po’ di tempo dopo in angolo anonimo di Austin, Tex., dietro a un Goodwill. Quando Wiseman e il suo straordinario cameraman, John Davey, scoprirono la palestra tre anni fa, era famosa per il fatto di accogliere le donne accanto agli uomini, una reputazione di pari opportunità espressa da alcuni combattenti allenati daLord, tra cui Jesus Chavez (noto anche come El Matador) e un campione meno noto, il peso mosca juniores femminile Anissa Zamarron (detta l'Assassina).
Nel documentario si notano subito le donne (…), in parte a causa dell’intreccio di forza e fiducia in se stesse che si vede in loro. Ma si nota anche che nessuno degli uomini sembra giudicarle.. La boxe è un affare veramente serio da Lord, dove tutto sembra malconcio, e non solo alcune delle facce. La maggior parte dei sacchi da boxe sono fasciati copl nastro adesivo, e le pareti, rivestite di specchi e manifesti (Raging Bull), sembrano non essere state dipinte dai tempi dell’incontro Hagler contro Duran..”Speed bags”, “medicine balls”, macchine per gli esercizi, pesi e un grande pneumatico (per esercitare il lavoro di gambe) ingombrano lo spazio intorno a un paio di ring. Appena fuori dalla porta, gli uomini e le donne si allenano per ottenere massa muscolare e resistenza colpendo un altro pneumatico con una mazza.
La maggior parte del film si svolge all'interno, il che, date le scarse dimensioni della palestra, consente di spostarsi rapidamente in quello spazio. Questo senso di familiarità è accentuata dalla macchina da presa, che stringe il campo su piccole zone in cui i membri colpiscono qui uno speed bag, là saltano la corda. A differenza delle sale di balletto, le scalinate e i laboratori del Palais Garnier di Parigi, che Wiseman ha attraversato in lungo e in largo per il suo ultimo documentario, La Danse (sul balletto dell’Opera di Parigi), la palestra dà un senso di intimità, come fa questo stesso nuovo film. Il prezzo di ingresso favorisce la possibilità di accedervi: alla palestra di Lord ci si iscrive con 50 dollari al mese , un netto contrasto con la quota di ammissione in La Danse (25 mila dollari è la cifra garbatamente buttata lì).
Nonostante le loro differenze, i mondi di La Danse e Boxing Gym coincidono nella loro attenzione ai corpi che si muovono in bellezza. Già si sono sentiti i ritmi del respiro il battito del respiro e i colpi secchi delle punte delle scarpe da ballo in La Danse, ma in Boxing Gym, dove i movimenti coreografici sono più semplici, i ritmi sono più insistenti. "È tutto su come trovare il ritmo," spiega un habitué della palestra a un nuovo arrivato, le sue parole scandite dai circostanti tonfi ritmici dei colpi. Ognuno sta battendo il tempo di una canzone, compresi un uomo e una donna che si muovono intorno a un ring esercitandosi nelle loro singole mosse - separatamente e casualmente in armonia – mentre la macchina da presa si focalizza sui piedi che saltano e rimbalzano come se stessero eseguendo un rituale segreto di accoppiamento. Il cigolio cadenzato del ring rafforza il senso di erotismo della scena.
È particolarmente facile immergersi nelle battute nel film perché Wiseman, tra i più celebri registi di quello che viene definito “direct-cinema”, evita voci fuori campo, interviste a singole persone e altre simili soluzioni di uso comune e a volte superflue. (Oltre che regista, per Boxing Gym è anche produttore, fonico e montatore). Questo stile di documentario detto fly-on-the-wall (in cui i protagonisti agiscono come se non fossero osservati né ripresi, ndt) è in grado di creare l’impressione di osservare una realtà non mediata, illusione mascherata da ogni posizione della macchina da presa e da ogni operazione di montaggio. Potrebbe essere più sobrio di Michael Moore (letteralmente, quanto a stile cinematografico) che getta tutto sullo schermo (filmati preesistenti, interviste, se stesso), ma Wiseman dice molte cose nei suoi film, più notoriamente attraverso l’attenzione che dedica alle strutture istituzionali in documentari come Public Housing del 1997. Boxing Gym, che ha una durata sorprendentemente breve (per un film di Wiseman) di 91 minuti, è certamente un ritratto di un'istituzione e non solo in senso locale. Poiché gli iscritti alla palestra entrano ed escono in momenti diversi del giorno e della notte, a volte per le lezioni, a volte per allenarsi da soli, la palestra stessa può apparire molto informale, anche anarchica. Bambini vi vagabondano a volontà, neonati sono sistemati negli angoli, e in un’inquadratura un cane rosicchia un osso. Come in tutte le comunità, c'è ordine anche nel disordine apparente, e le gerarchie sono evidenti nella divisione del lavoro (un tizio pulisce il pavimento, altri allenano i pugili; Mr. Lord si occupa delle iscrizioni) e nelle differenze di classe che emergono in alcune delle conversazioni.
Lo scambio di battute più sorprendente avviene tra Mr. Lord e un altro uomo già impegnati in una conversazione quando il film si sposta su di loro, che si sono ritrovati accanto a un ring. Dall’accumularsi rapido delle loro parole – la facoltà di ingegneria, un proiettile al rene, Virginia Tech – ci si rende conto immediatamente che stanno discutendo il massacro del 2007 in quella università, che è costato 33 vite, tra cui quella dello sparatore. Il frequentatore della palestra aveva sentito parlare della sparatoria perché la figliastra di un altro socio era stata ferito durante l’eccidio. Entrambi gli uomini appaiono più calmi e rassegnati che irritati, come pure gli altri tre uomini che un po’ più tardi parlano della sparatoria, concordando sul fatto che futuri altri massacri sono tristemente probabili.
Ciò che colpisce in queste conversazioni, al di là del ricordo dell’orrore della sparatoria, è che la violenza della quale parlano contrasta vivamente con la visione armoniosa e paradossalmente pacifica che offre la palestra. Quando questi uomini e donne parlano e si allenano, offrendo suggerimenti utili l'uno all'altro e scambiandosi colpi quasi con delicatezza, possono sembrare una nazione vera e propria, indivisibile e guidata da Mr. Lord, con libertà e giustizia per tutti. Il mondo esterno fa irruzione in certi momenti – in particolare nelle conversazioni sul denaro, in un riferimento all’ arruolamento nell'Esercito e una rissa di strada – ma per la maggior parte la palestra ha la caratteristica di un'oasi. Potrà essere, certo, una palestra di boxe, ma, come Mr Lord dice a un potenziale cliente, anche un luogo in cui le persone imparano a non farsi colpire.
La palestra è il luogo dove un giovane può imparare a difendersi, ma, come dimostra il lungo, duro combattimento verso la fine del film, è anche il luogo dove i combattenti si colpiscono a vicenda fino a vedere il sangue.. Detto questo, è da notare che una delle prime immagini di Boxing Gym è di due antichi pugili greci nel mezzi di una lotta, una riproduzione che sembra essere stata strappata da un libro e attaccata alla parete. Nell’ "Iliade" Omero racconta di un incontro dopo la fine dei combattimenti che termina con uno dei pugili portato via dai i suoi compagni, che "lo condussero fuori dall’arena, che strascicava i piedi mentre sputava sangue denso e ciondolava il capo di qua e di là.” Il combattente era stordito, ma tutti erano vivi, e ora era tempo per i loro rivali di celebrare il lutto e seppellire i loro morti.
Manohla Dargis, The New York Times-nytimes.com, 22/10/2010) (Trad. A. C.) |
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Critica (3): | Un ex carcerato e un miliardario imprenditore di internet, una madre che si porta appresso i due figli piccoli e un laureando in storia cinese, una bambina bionda in ciabattine rosa e immigrati da Cuba o dal Messico, un ragazzo che sogna di diventare campione del mondo e una signora di 68 anni «che è meglio al punching ball di tutti gli atleti giovani»...
È il sorprendente mondo dentro alla palestra dell'ex pugile texano Richard Lord, luogo sospeso dell'ultima esplorazione di Fred Wiseman, presente alla Quinzaine Des Realisateurs con Boxing Gym, il suo 36esimo documentario. Magnifico film d'azione, omaggio a uno sport di cui capisce a fondo durezza e grazia, ma anche riflessione chinetica sull'utopia della violenza rituale, controllata e coreografata, di una palestra melting pot, il film di Wiseman è uno dei titoli imprescindibili del festival di quest'armo. Ne abbiamo parlato con il regista.
La boxe come movimento puro, balletto. Il tuo nuovo film mi è sembrato come un proseguimento naturale di La Danse...
In realtà è stato girato prima di La Danse, durante la primavera del 2007. Alle spalle però avevo già Ballet del 1992. Quindi quando sono arrivato alla palestra ero già consapevole di certe affinità tra balletto e boxe. Condividono lo stesso bisogno di controllare ogni dettaglio del proprio corpo, la stessa disciplina ferrea e lo stesso bisogno di iniziare da giovani. Se vuoi una carriera devi cominciare da bambino e incorporare quella disciplina nel tuo essere. Il rapporto con altri sport è meno formale rispetto a quello con la boxe. I bambini giocano a baseball o a hockey e magari viene fuori che hanno talento ma non ci vuole quell'immersione totale richiesta dalla danza dalla boxe fin da piccoli. Certo, il risultato di uno è più violento dell'altro.
Mi hai detto di aver sempre voluto fare un film sulla boxe. Perché?
Quando avevo tredici anni ho preso qualche lezione di boxe. Da allora, ho sempre seguito questo sport. Inoltre, molti dei miei film hanno a che vedere con aspetti diversi della violenza. È un tema astratto che attraversa gran parte del mio lavoro. I tre film sull'esercito, Basic Training, Manoeuvre e Missile sono esempi di come lo stato ti prepara ad atti violenti per tutelare la sicurezza del paese. In Law and Order, la polizia ha il monopolio della violenza in città ma paradossalmente i1 suo lavoro è proprio quello di impedire la violenza. Domestic Violence esplora la violenza in casa. In State Legislature si creano leggi intese a punire il comportamento violento mentre in Titicut Follies ci sono uomini che hanno compiuto atti molto violenti e sono stati rinchiusi in un manicomio criminale. La boxe è una forma di violenza rituale che permette alle persone di esprimere i propri istinti di aggressività in condizioni controllate e in circostanze – almeno per quanto riguarda la palestra – dove nessuno si fa male.
Ed è una forma di violenza rituale molto cinematografica. Questo è uno dei tuoi film recenti più «astratti». A che punto della lavorazione hai deciso di concentrarti quasi interamente sul movimento?
Sapevo fin dall'inizio di voler fare un film sul movimento, un film d'azione. State Legislature, dipendeva interamente dalle parole... Qui ero interessato al ritmo. Avevo a mia disposizione la musica dell'orologio, dei colpi sui punching ball e sui corpi. È quella la musica del film, sui cui mi sono divertito molto a montare.
Nel film ti sei concentrato sul training, quasi svuotando completamente l'enfasi dall'incontro...
In quella palestra si facevano sedute molto sostenute di sparring ma non c'erano incontri veri e propri. Occasionalmente Richard Lord li promuove. E ne ho girato uno, all'arena della Texas University. Ma era troppo simile a quello che si vede sulle reti via cavo, e quindi l'ho scartato. Mi sembrava un cliché che non aveve nulla a che fare con i temi del film. Così, l'unica volta che escono dalla palestra è per una corsa d'allenamento. Però nel film si vede dello sparring anche intenso, che ho intenzionalmente messo alla fine. D'altra parte, la maggior parte di coloro che frequentano questo gym ci vanno solo per tenersi in forma, non per far carriera nello sport. Non è' che nel film manchi la rappresentazione dell'aggressività – quando si allenano, se non avessero i caschi, si farebbero male. Solo che è una manifestazione molto controllata.
La tua palestra di boxe è frequentata da uomini, donne, bambini – persone di ogni età ed estrazione sociale…
Credo sia un allo stesso tempo un riflesso della città, Austin – che ospita una comunità multietnica e molto varia in ogni senso – ma anche dell'uomo che lo gestisce, Richard Lord.
Come hai trovato la sua palestra?
Mia moglie insegna alla Texas University e un suo collega con cui parlavo di boxe mi ha parlato del gym di Richard Lord. La prima volta che ci sono entrato ho capito che era il posto giusto per il mio film. Lord è stato un buon pugile, credo abbia vinto un titolo texano. Ma soprattutto è emotivamente in sincronia con i bisogni delle persone che frequentano la sua palestra. È un buon trainer ma anche un buon psicologo....
Giulia D’Agnolo Vallan, il manifesto, 22/5/2010 |
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Critica (4): | |
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