Dustur
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Regia: | Santarelli Marco |
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Cast e credits: |
Fotografia e montaggio: Marco Santarelli; produzione: Rino Sciarretta per Zivago Media, Marco Santarelli per Ottofilmaker, in associazione con Istituto Luce Cinecittà; distribuzione: Istituto Luce Cinecittà; origine: Italia, 2015; durata: 75'. |
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Trama: | Nella biblioteca del carcere Dozza di Bologna, insegnanti e volontari hanno organizzato un corso scolastico sulla Costituzione italiana in dialogo con le primavere arabe e le tradizioni islamiche. I partecipanti sono prevalentemente detenuti musulmani: alcuni di loro sono giovanissimi e al primo reato, altri hanno alle spalle molti anni di carcere. A tenere le fila del corso c'è Ignazio, un volontario religioso che ha vissuto per molti anni in Medio Oriente. Durante gli incontri, Ignazio non è solo. Al suo fianco c'è un giovane mediatore culturale musulmano: Yassine. A lui spetta il compito di tradurre in italiano (e in un arabo comprensibile da tutti) i diversi dialetti parlati dai detenuti e mediare le posizione più estreme. Per ogni incontro-lezione è presente un ospite esterno. Mentre nella biblioteca del carcere, incontro dopo incontro, ospite dopo ospite si discute e si affrontano i principi e i valori che hanno animato la nascita della Costituzione, fuori, Samad, un giovane ex detenuto marocchino, vive l'attesa di un fine pena che tarda ad arrivare. Samad è alle prese con gli "inverni e le primavere" della libertà e una vita da ricostruire dentro nuove regole. Sarà l'ultimo ospite del corso, che tornerà dentro per partecipare alla discussione e alla scrittura di un dustur ideale (tradotto in italiano dustur significa Costituzione). Samad conosce bene molti dei detenuti che partecipano al corso e la vita dentro il carcere bolognese. È qui che ha trascorso quattro lunghi anni della sua vita. |
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Critica (1): | Cos’è la costituzione di una nazione? Per l’individuo che vive in quella nazione è da intendersi come semplice documento giuridico oppure come carta etica che, almeno in teoria, dovrebbe regolare anche la nostra sfera privata, incidendo sul nostro modo di comportarci con i bambini, con l’altro sesso, con la famiglia, di influenzare la nostra opinione di quelli che praticano un’altra religione, di quelli che la pensano diversamente da noi, perfino di quelli che non si sentono tutelati da quella costituzione? E se quell’individuo fosse chiamato, oggi, a far parte di un’assemblea costituente per scrivere la costituzione del suo paese, da dove comincerebbe? Quali sarebbero gli articoli fondamentali che premerebbe per inserire?
Sono solo alcune fra le domande sollevate da Dustur, il bel documentario di Marco Santarelli passato nella sezione Italiana.doc del Torino film festival. In arabo, dustur vuole dire, appunto, “costituzione”. Perché la variante geniale e provocatoria del film di Santarelli è che a seguire una serie di lezioni sulla costituzione italiana, con lo scopo finale di scrivere una nuova “costituzione dei sogni”, sono un gruppo di detenuti musulmani del carcere della Dozza di Bologna.
Non sappiamo perché la maggior parte di loro è finita là dentro. Ciò che è evidente invece è la voglia di parlare, di capire, di misurare le loro esperienze, culture e credenze religiose contro quel documento del 1948 che in qualche modo ha inciso, anche se indirettamente, sul loro stato attuale di libertà negata. E di confrontarsi anche con quella rivoluzione costituzionale a metà che va sotto il nome di primavera araba.
A condurre il dibattito è Ignazio, un monaco impegnato che parla l’arabo molto bene e conosce il diritto islamico. Solo alla fine capiremo il nesso fra Ignazio e la materia delle lezioni-discussioni che guida nella biblioteca del carcere: lui fa parte della Piccola famiglia dell’Annunziata, la storica congregazione religiosa fondata da uno dei padri della costituzione italiana, Giuseppe Dossetti. È coadiuvato da Yassine, un mediatore culturale colto e sensibile che rappresenta la comunità islamica di Bologna. Fuori dal carcere – per darci un po’ di respiro e fornire un esempio virtuoso di come una vita allo sbando può essere aggiustata dall’autocoscienza, dall’acquisizione di una specie di costituzione personale – seguiamo la storia di Samad, un ex trafficante di droga che è passato per la Dozza ma ora è iscritto alla facoltà di legge dell’università di Bologna.
Le parti più coinvolgenti del film di Santarelli sono quelle in cui i detenuti-studenti, inquadrati da una cinepresa discreta, mai invadente, si misurano con la questione complicata della contraddizione, o meno, fra la legge dell’uomo e quella di dio. Vale quanto un intero libro sulla sharia la scena in cui uno dei partecipanti, dopo aver accettato che una costituzione dovrebbe tutelare il diritto di un cristiano di diventare musulmano, si ribella alla logica conseguenza, che anche l’ipotesi opposta dovrebbe essere garantita dalla legge, perché per lui “un musulmano che rinnega la sua religione è un apostata e perciò dev’essere condannato alla morte”.
Ma è una voce fuori dal coro. Questo documentario mai polemico ci ricorda che esiste una pluralità di voci nella comunità islamica, e che i valori democratici del confronto civile fra persone con opinioni diverse non sono estranei a quelli che si sottomettono alla parola di Mohammed. Non è un caso, forse, che questo corso stimolante di valori civici sbocca in una costituzione ideale, scritta insieme dai detenuti, in cui l’istruzione, non il diritto al lavoro, diventa l’articolo fondamentale, da cui deriva tutto il resto.
Lee Marshall, internazionale.it, 27/11/2015 |
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Critica (2): | Dustur di Marco Santarelli è un film in cui culture e società diverse, ma solo all’apparenza distanti, si incontrano e dialogano fra loro in un dibattito aperto e sincero. L’opera ruota attorno ad un progetto pedagogico nato dal tentativo di creare un terreno comune di confronto che riesca a portare verso quell’integrazione culturale tanto auspicata quanto necessaria, ma ancora così difficile da raggiungere.
Nella biblioteca penitenziaria del carcere bolognese di Dozza un frate cattolico (Fra Ignazio) e un mediatore culturale musulmano tengono un corso formativo volto a comparare la Costituzione italiana con le Costituzioni di paesi arabi, quali Tunisia, Marocco, Egitto e Algeria. Durante il corso, frequentato per lo più da detenuti di confessione islamica, chiamati a misurare le loro esperienze, tradizioni e credenze religiose con i principi della nostra Costituzione, emergono numerosi temi, fra cui la libertà di espressione e di fede religiosa, l’uguaglianza tra cittadini e il diritto al lavoro e all’istruzione.
Come contro-campo, fuori dal penitenziario incontriamo Samad, giovane marocchino che, dopo aver passato a Dozza quattro anni per traffico di droga, adesso studia giurisprudenza alla facoltà di legge e lavora come operaio per potersi riabilitare nella società. Grazie al suo rapporto di amicizia con Fra Ignazio, segue a distanza lo svolgimento del laboratorio che si tiene in carcere. Attraverso un equilibrato montaggio fra interni ed esterni, il registra intraprende così “un viaggio dentro e fuori il carcere, dentro e fuori i confini della libertà”, come egli stesso dichiara, fino a che queste due realtà convergeranno, nel momento in cui Samad, pur non avendo ancora il foglio di fine pena, otterrà il permesso di entrare nella biblioteca penitenziaria da uomo libero. In tale occasione Samad ritroverà alcuni degli ex-compagni di carcere assieme a cui si cimenterà nella stesura di una nuova dustur (che in arabo vuol dire “costituzione”), basata sui principi e valori fondamentali da loro condivisi emersi durante i precedenti incontri.
Grazie a una regia sobria e rigorosa, Santarelli crea una tensione tra interno e esterno, tra libertà e prigionia, tra apertura e chiusura che è alla base dell’intero film, in cui il dialogo e il confronto aperto diventano il solo varco tramite cui è possibile infrangere le barriere culturali che rischiano di imprigionare l’Uomo.
Marco Cipollini, cinemaitaliano.it, 20/03/2016 |
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