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Violenza per una giovane - Joven (La)


Regia:Buñuel Luis

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo "Travellin' Man" di Peter Matthiessen; sceneggiatura: Luis Buñuel, Hugo Butler; fotografia: Gabriel Figueroa; musiche: Jesus Zarzosa; montaggio: Carlos Savage; scenografia: Jesus Bracho; interpreti: Zachary Scott (Miller), Bernie Hamilton (Travers), Kay Meersman (Evelyn "Evvie"), Crahan Denton (Jackson), Claudio Brook (Padre Fleetwood) ; produzione: Producciones Olmeca; distribuzione: Cineteca dell'Aquila; origine: Messico - Usa,1960; durata: 95'.

Trama:Traver, un musicista jazz afroamericano, falsamente accusato di violenza ad una donna, sfugge ad una caccia all'uomo con un motoscafo e giunge su un'isola di fronte alle coste della Carolina, riserva di caccia, abitata solo da un uomo, Miller, e un'adolescente, Evvie, il cui nonno, l'altro abitante della riserva, è morto da poco. Mentre Miller è in città per le provviste, Traver si presenta a Evvie, prendendo il mangiare e l'occorrente per aggiustare la sua barca, lasciando del denaro. Evvie prende subito in simpatia l'uomo e racconta poi del suo arrivo a Miller, che invece vorrebbe che l'uomo se ne andasse via. Miller va alla ricerca del musicista e, trovata la barca, la danneggia a fucilate e poi cerca di sparare a Traver. La sera Traver si presenta nell'abitazione di Miller e requisisce le armi, poi il guardiacaccia e il musicista giungono ad un compromesso: Traver resterà il tempo necessario per riparare i danni alla sua imbarcazione e in cambio si renderà utile. Durante la notte Miller, da sempre attratto da Evvie, approfitta di lei. Il giorno seguente giunge sull'isola lo sceriffo, alla ricerca di Traver, e un sacerdote, il reverendo Fleetwood. Lo sceriffo racconta al reverendo e a Miller delle accuse su Traver e Miller, geloso della simpatia che Evvie prova per il musicista, rifrisce allo sceriffo della sua presenza e i due lo imprigionano. Il reverendo, che ha compreso l'innocenza di Traver, raccoglie le confidenze di Evvie riguardo a Miller e mette l'uomo di fronte alle sue responsabilità. Miller, che è intenzionato a sposare la ragazza, promette di riparare al male fatto a Evvie e aiuta Traver a fuggire.

Critica (1):La recente presentazione in Italia dell'altro film di Buñuel, L'angelo sterminatore, che è del 1962, giunge a proposito se viene messa in relazione con la presentazione di questo Violenza per una giovane, che è del 1960, perché un film fa da pendant all'altro, essendo il primo ambientato nel mondo dell'alta borghesia, il secondo nel mondo del sottoproletariato, entrambi girati in Messico, nell'ambito di uno stesso discorso. La giovane (La joven) di cui parla il titolo è il perno del conflitto non tanto come una minorenne di cui si voglia narrare l'anticipata esperienza sessuale, al pari di una qualsiasi Lolita; quanto perché ella è un essere umano adoperato dagli altri, a rappresentare il punto massimo di violenza in una vicenda intessuta di violenze, più ancora che materiali, ideologiche. Il film, in ogni caso, procede ad un ribaltamento graduale di valori. Esso inizia con la scena del nero braccato (non si sa quale delitto abbia commesso: forse ha violentato una bianca). Il luogo, al quale si giunge da un altro mondo, è selvaggio; il mare e la palude infidi lo circondano; una materia sorda, verminosa, brulicante, lo popola. In quell'ambiente, sia il nero sia il bianco uccidono e divorano esseri viventi per nutrirsi e sopravvivere. Dapprima non si capisce perché il nero e il bianco siano accomunati nello stesso gesto del divorare animali. Il bianco è contro il nero: che cos'hanno in comune? Il bianco, infatti, si comporta da bianco quando tenta di eliminare il nero, proseguendone la caccia, mentre difende, intanto, il possesso conquistato della giovane, un'altra preda per un altro appetito. Ma quando l'arrivo del sacerdote permetterà di dare almeno una parvenza d'ordine al processo del bianco contro il nero, il bianco dovrà accorgersi che, invece di processare il nero, egli sta processando se stesso. Costretto, in tal modo, a cercare le proprie ragioni, si scoprirà vittima. Quindi, proprio guardando in se stesso, vedrà che anche il nero è soltanto una vittima. Anzi, sarà messo persino di fronte ad una superiorità del nero, quando quest'ultimo interromperà, con la non violenza, la catena della violenza. Allora anche noi scopriamo alcune cose. In primo luogo: che l'isola è un luogo simbolico, la zona di riflusso in cui è gettata la gente comune, alla quale giungono dubbiosi messaggi e sporadici rifornimenti da un'altra terra, distante, di là dal mare: la terra del potere (quella de L'angelo sterminatore?). Ad un simile livello d'esistenza ci sarebbe soltanto la possibilità di un meccanismo di sopraffazione per poter sopravvivere, se non intervenisse un atto amorevole risolutore, che non è quello del sacerdote, ma quello del nero. La figura del sacerdote, infatti, è vista da Buñuel, sotto un'apparenza di normalità, in maniera molto critica. A parole, per esempio, il sacerdote condanna il razzismo: ma volge il materasso sul quale si era sdraiato il nero; prima di coricarsi a sua volta; col rito retorico del battesimo, quasi affoga la giovane: risolve il rapporto di violenza tra il bianco e la ragazza istituzionalizzandolo col matrimonio, invece di aiutare la ragazza a trasformarsi da Oggetto in persona; nei confronti del nero, non combatte per affermarne l'innocenza, ma, semplicemente, lo aiuta a scappare, perpetuando, in tal modo, la sua condizione di perseguitato.
Il sacerdote è, insomma, il simbolo di una mezza religione, la quale offre scappatoie, lasciando intatto l'ordine ingiusto, anziché combattere per instaurare un ordine giusto. Il nero, al contrario, non solo è l'innocente; ma, come si diceva, è colui che saprà compiere il gesto risolutore (alla maniera di Luther King) che precede il finale: un finale, per la verità, frettoloso come un manifesto di Bakunin.
A questo punto, sorge spontanea una domanda: che cosa simboleggia la terraal di là dal mare, dalla quale provengono alcuni dei personaggi? Buñuel, come sempre, è - vuole essere - ambiguo. Egli ondeggia tra una posizione storica ed una posizione metastorica, religiosa forse cercandone la sintesi (in tal senso potremmo considerarlo il più vero maestro di Pasolini). Infatti: se nella zona di là dal mare sta un misterioso potere ultraterreno, è chiaro che la condizione de gli abitanti dell'isola vuole essere quelli del genere umano, condannato alla pro pria bestialità in attesa di un divino atte d'amore, che nasca, magari, dal più semplice e perseguitato degli uomini. Se, invece, di là dal mare sta la borghesia capitalistica (come, più di preciso, Buñuel vuol lasciarci pensare, anche quando realizza film come L'angelo sterminatore) È chiaro che gli abitanti dell'isola sono gli sfruttati, in balia di un potere sopraffattore che li emargina dalla vita vera, riducendoli a cose governate dai riflessi di una concezione morale obbrobriosa. In questo secondo caso, unitamente alla rabbia autentica della denuncia, emerge il Buñuel che, per essere sostanzialmente un anarchico, ha bisogno di rappresentare le vittime come un sottoproletariato né cosciente né armato (nonostante i fucili che circolano per la storia) che risolve il suo problema con la non violenza evangelica, nel tempo in cui (ma questo film risale a nove anni fa), proprio in quelle terre dell'America latina, anche una parte del clero si è resa consapevole che alla violenza permanente dell'ordine ingiusto occorre contrapporre un'altra, seppure momentanea, violenza.
Renzo Renzi, Vent'anni al cinema d'essai 1968-1988, Grafis, 1989

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Luis Buñuel
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