Last Summer
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Regia: | Guerra Seràgnoli Leonardo |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Leonardo Guerra Seràgnoli, Igort, Banana Yoshimoto; fotografia: Gian Filippo Corticelli; musiche: Asaf Sagiv; montaggio: Monika Willi; scenografia: Milena Canonero; costumi: Milena Canonero; suono: Alessandro Rolla; Rinko Kikuchi (Naomi), Yorick van Wageningen (Alex), Lucy Griffiths (Rebecca), Laura Sofia Bach (Eva), Daniel Ball (Rod), Ken Brady (Ken); produzione: Elda Ferri, Luigi Musini per Cinemaundici-Jean Vigo Italia-Essentia con Rai Cinema, in collaborazione con Milena Canonero; distribuzione: Bolero Film; origine: Italia, 2014; durata: 94’. |
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Trama: | Naomi, una giovane giapponese, ha solo quattro giorni per dire addio al figlio di sei anni, di cui ha perso la custodia. Durante il soggiorno a bordo dello yacht della facoltosa famiglia occidentale dell'ex-marito, sorvegliarla a vista dall'equipaggio, Naomi cercherà di ritrovare un legame con il bambino, prima di doversi separare da lui per molti anni. |
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Critica (1): | I sentimenti in bilico, sospesi sul bordo dell'istante sono la materia su cui lavorano i romanzi di Banana Yoshimoto, storie di personaggi colti in quei passaggi fondamentali della vita, fosse anche l'attimo prima di un bacio, la sospensione erotica, o la tristezza di un distacco. E questa atmosfera impalpabile è anche quella che permea il film di Leonardo Guerra, (...)esordio che ci svela un talento sensibile e raffinato. La scommessa è alta, narrare cioè la progressione del cuore, il suo movimento invisibile di attesa, speranza, delusione nell'incontro tra una mamma, Naomi, e il suo nimbo, il piccolo Ken, che la giovane donna giapponese, quasi una Madame Butterfly contemporanea, non rivedrà per molti anni. (...) Il regista, che ha studiato a Londra, lavora con un cast e una troupe internazionali di alto livello – i costumi sono di Milena Canonero e il montaggio di Monika Will, montatrice di Haneke – per un film pieno di delicatezza e di profondità, ma che soprattutto esprime un'idea molto personale di regia. Sono i dettagli che compongono l'inquadratura, quei piccoli gesti e frammenti dell'essere dove però si manifestano con chiarezza disagi e idiosincrasie: un boccone di cibo, un passo trattenuto, uno sguardo che fugge, una lama di luce. Le emozioni si palesano lì, non è quello il luogo delle lacrime e degli abbracci, madre e figlio sono distanti, non si toccano quasi. Ma questa distanza pian piano sembra accorciarsi, la cerimonia (crudele) degli addii sfuma forse un qualcos'altro. È questo spazio vuoto che la regia di Seragnoli utilizza, spostando lì, quasi come in un detour di riflessi, lo scontro invece violento delle emozioni. Ed è l'imbarcazione, magnifica, progettata da Odile Lecq, a accogliere questa proiezione dell'intimità, nella quale progressivamente la presenza della mamma cresce superando gli ostacoli costruiti tra lei e il bimbo fino a un ricongiungimento che sembrava irrealizzabile, e al quale arriviamo infine anche noi spettatori. Quel blocco unico si è diviso in tanti frammenti, a loro volta riflesso di stati d'animo, che si alternano come le onde, seguendo il movimento del vento, l'azzurro del mare, il colore del cielo. L'autore non impone uno sguardo, né uno schema pomposo, il suo stile essenziale entra in quella zona intima del cuore con pudore e delicatezza regalandoci un piacere del cinema raro.
Cristina Piccino, il manifesto, 30/10/2014 |
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Critica (2): | Una splendida barca a vela ancorata presso la costa, nel mare e nel sole di Otranto: si svolge
quasi tutto in questo microcosmo, "Last Summcr" (...) Dopo il divorzio da un occidentale, alla giapponese Naomi(Rinko Kikuchi) un tribunale ha vietato di vedere il figlio Ken (Ken Brady) fino alla sua maggiore età. Ora però le sono concessi quattro giorni con lui, prima di un distacco che dovrà durare almeno undici anni, ma che potrebbe essere anche defnitivo. Questo è il cuore dei film che Leonardo Guerra Seràgnoli ha scritto con Igort e con Banana Yoshimoto: il distacco, e insieme l'abbandono. Abbandonato si sente il piccolo Ken. La famiglia del padre, così ricca da essere potente e ancor più prepotente, lo ha indotto a credere che la madre non gli venga tenuta lontana, ma che lei voglia allontanarsi, tradendo il suo amore. E abbandonata teme d'essere Naomi, che soffre il gelo con cui Ken le impedisce di avvicinarsi. I quattro giorni potrebbero ben essere gli ultimi che i due passeranno insieme.
Immobile in un mare anch'esso immobile – a parte qualche momento di libertà felice, con il vento che tende le grandi vele bianche – la barca è essa stessa protagonista di Last Summer. Nella sua
chiusura e nella sua eleganza asettici si esprime la presenza di una famiglia che mai si vede, e che attraverso il telefono esercita il suo controllo totale sull'equpaggio, e dunque su madre e figlio, e sui loro sentimenti. Se non suonasse un po' comico, dato il contesto da "poveri ricchi", verrebbe da dire che quella raccontata da Guerra Seràgnoli è (anche) la storia di una lotta di classe, minima e
paradossale: una lotta di classe che abbia lasciato sulla terraferma il peso della storia e delle relazioni economiche, e che si svolga tutta nelle teste e nei cuori.
Per restare nella metafora, le sorti di questa lotta di classe sono decise da una specialissima rivoluzione. Ben poco potrebbe Naomi nel suo tentativo di ritrovare l'amore e la fiducia di Ken, se la sua sofferenza e il suo coraggio non riuscissero a far venir meno nell'equipaggio la compattezza della subordinazione agli ordini che il telefono porta dall'altra parte del mare. In particolare, a muoversi – proprio come la barca in quei momenti felici – è l'umanità di Alex (Yorick van Wageningen), il comandante. E così, quando allo scadere dei quattro giorni Naomi potrà guardare serena al futuro, nel suo sorriso ci sarà la gioia di una madre, e forse qualcosa di più.
Roberto Escobar, l’Espresso, 6/11/2014 |
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Critica (3): | Quattro giorni sono quelli concessi a Naomi, giovane madre giapponese, per rtrovare un rapporto con Ke o di sei anni, e dirgli addio: ne ha perso la custodia. Quattro giorni da trascorrere a bordo del lussuoso yacht della famiglia dell'ex marito, sotto il controllo discreto ma diffidente dell'equipaggio. È Last summer, il film di Leonardo Guerra Seràgnoli, che dopo aver studiato cinema in America, da tre anni vive a Londra. In un racconto delicato e rarefatto che, più che per accadimenti, si sviluppa attraverso i silenzi, gli sguardi, le sfumature dei gesti di Naomi, che cerca con sommessa disperazione di riconquistare l'amore del figlio, un sentmento che riaffiora quando comincia a parlargli in giapponese delle sue memorie di bambina.
Insolito, privo di facili sentimentalsmi eppure toccante, il film nasce da una serie di esperienze personali. «Non ho mai dimenticato il pianto disperato di una donna, amica di famiglia, il marito voleva portarle via i figli. E il rapporto con la cultura del Giappone viene da mio
padre, insegnava pratiche giapponesi», dice il regista, che ha girato il film in 24 giorni, tutto su una barca «Era come stare su un'isola, da cui era impossibile allontanarsi. Il senso di claustrofobia in qualche modo ha aiutato la protagonsta a ricreare lo stato d'animo di disperazione in cui l'hanno chiusa le regole di vita della potente famiglia occidentale dell'ex marito».
Last Summer è un film insolito anche per la partecipazione di alcuni grandi talenti che lo rendono un prodotto cosmopolita. La protagonista è Rinko Kikuchi, star del cinema nipponico, nel cast dell'equipaggio ci sono un attore olandese, Yorick van Wageningen, e l'inglese Lucy Griffiths, alla sceneggiatura hanno collaborato la scrittrice Banana Yoshimoto –«Con lei ho costruito soprattutto il carattere di Naomi» – e l'italiano Igort, illustratore, autore di fumetti e di graphic novel pubblicati in vari paesi, che ha trascorso anni in Giappone. E Milena Canonero non solo ha creato i costumi, ha anche partecipato alla produzione, con la Jean Vigo di Elda Ferri, Lugi Musini e Rai Cinema tra gli altri. (...)
Maria Pia Fusco, la Repubblica, 18/10/2014 |
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Critica (4): | Nello spazio minimalista e raffinato di una barca a vela davvero esclusiva, si svolge la storia di un distacco tra madre e figlio di Last Summer di Leonardo Guerra Seragnoli, passato ieri al Festival di Roma nella sezione Prospettive Italia. Nel cast del film, girato in Puglia nel tratto di mare Adriatico di fronte a Otranto, (...), la star giapponese Rinko Kikuchi (nomination agli Oscar per Babel), l'olandese Yorick Van Wageningen (il cattivo di Uomini che odiano le donne), Lucy Griffiths, Laura Sofia Bach, Daniel Ball e il piccolo esordiente Ken Brady. Sul fronte della scrittura di questo film si trova invece l'autore di culto di graphic novel Igort – che ha scritto il film con il regista in collaborazione con la scrittrice best seller giapponese Banana Yoshimoto –, per i costurni la pluri-Oscar Milena Canonero (che ha anche partecipato alla produzione) e l'austriaca Monika Willi, la montatrice di Haneke.
Cosa accade in questo film: ben poco dal punto di vista dell'azione, ma molto sul fronte dei sentimenti. Su una barca, in mezzo al mare, (esattamente la Wally Esense progettata dall'architetto Odile Decq, autrice anche del Macro di Rorna) troviamo una giovane donna giapponese (Rinko Kikuchi) che ha quattro giorni solo per dire addio al figlio di sei anni, di cui ha perso la custodia. A bordo dello yacht della facoltosa famiglia occidentale dell'ex-marito, lei è solo tollerata e anche il bambino sembra proprio non volerla. Il numeroso equpaggio ha avuto il mandato di sorvegliarla a vista, ma la donna non manca all'appuntamento di cercare di ritrovare un legame col bambino prima di doversene separare.
«Volevo fare un film sul distacco – spiega il regista –. E questo potrebbe essere solo la prima parte di una trilogia dedicata a questo tema. Kikuchi sarà infatti protagonista anche del prossimo film, sempre in qualità di madre, ma all'interno di una famiglia normale che vive a Londra». E aggiunge «ho cercato di raccontare una storia che si svolgesse in un'unità spazio-tempo dove condurre lo spettatore, in mezzo al mare, in un luogo lontano da tutto in modo che ognuno fosse libero di associare le proprie esperienze in un percorso narrativo che non cercasse spiegazioni, ma che vvesse solo del rapporto emotivo tra una madre e un figlio».
La Gazzetta del Mezzogiorno, 18/120/2014 |
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