North Face - Una storia vera - Nordwand
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Regia: | Stölzl Philipp |
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Cast e credits: |
Soggetto: da una storia di Benedikt Roeskau; sceneggiatura: Christoph Silber, Rupert Henning, Philipp Stölzl, Johannes Naber; fotografia: Kolja Brandt; musiche: Christian Kolonovits; montaggio: Sven Budelmann; scenografia: Udo Kramer; arredamento: Franziska Kummer; costumi: Birgit Hutter; effetti: Stefan Kessner, Max Stolzenberg, Trugfilm Visuelle Effekte; interpreti: Benno Fürmann (Toni Kurz), Johanna Wokalek (Luise Fellner), Florian Lukas (Andreas Hinterstoisser), Simon Schwarz (Willy Angerer), Georg Friedrich (Edi Rainer), Ulrich Tukur (Henry Arau), Erwin Steinhauer (Emil Landauer), Petra Morzé (Elisabeth Landauer), Hanspeter Müller (Hans Schlunegger), Branko Samarovski (Albert von Allmen), Peter Zumstein (Adolf Rubi), Martin Schick (Christian Rubi), Erni Mangold (Nonna Kurz), Johannes Thanheiser (Nonno Kurz), Traute Höss (Anna Fellner); produzione: Dor Film-West Produktion-Medienkontor Movie-Triluna Film-Majestic Filmproduktion-Lunaris Film-Br-Ard/Degeto-Schweizer Fernsehen-Srg Ssr; distribuzione: Archibald Enterprise Film; origine: Germania-AustriaSvizzera, 2008; durata: 121’. |
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Trama: | Alpi bernesi, estate del 1936. Toni Kurz e Andi Hinterstoisser sono fermamente decisi a scalare la parete nord dell'Eiger, impresa che è già costata la vita ad altri alpinisti. Se vi riuscissero, i due uomini non sarebbero solo osannati come eroi del Terzo Reich ma guadagnarebbero anche una medaglia d'oro olimpica. Le loro gesta vengono osservate da un gruppo di giornalisti che comprende anche Luise, l'ex fidanzata di Toni, giunta sul posto con Arau, un suo collega fedele nazionalsocialista. Quando Toni ed Andi, con l'aiuto di due alpinisti austriaci - Edi Rainer e Willy Angerer - sembreranno sul punto di guadagnare la cima, la montagna e le forze della natura decideranno di rendere sempre più ardua la loro scalata verso la gloria...
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Critica (1): | Meglio non consigliare North Face, del tedesco Philipp Stölz, a chi soffre di vertigini. Strapiombi, precipizi e burroni ghiacciati colonizzano la percezione dello spazio per parecchi minuti di pellicola. Colpa del maledetto Eiger, montagna svizzera da 3970 metri, piazzata possente tra le alpi bernesi. Scenario d'esagerata altitudine e pendenza, già teatro del thriller Assassinio sull'Eiger(1975), con un costone nord scalato dal bel Clint Eastwood. Stölzl, che fino all'altro ieri girava videoclip, si è imbarcato (e parliamo di un passato quasi remoto, visto che il film ha avuto la sua prima nel 2008) in un'operazione di genere piuttosto curiosa. (...) Prevale comunque il realismo più esasperato in una sequenza finale effettivamente, accaduta e che richiama alla mente l'orribile fine dell'alpinista italiano Stefano Longhi, sempre sulla parete nord nel 1957.
Davide Turrini, Liberazione, 27/8/2010 |
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Critica (2): | (...) Boris Schoenfelder, che ha avuto per primo l’idea del film, cercava un regista per il progetto e mi ha mandato il copione. La vicenda di Toni Kurz mi ha catturato subito. Innanzitutto per la storia intensa di queste quattro persone e la loro lotta brutale ed esistenziale per sopravvivere sulla montagna. Inoltre, mi affascinava un determinato aspetto storico: lo sfruttamento ideologico nell’era nazista dell’alpinismo. È un mix molto speciale che, a mio avviso, rende questa storia molto eccitante per il cinema.
C’è qualcosa di esistenziale nei tentativi di scalata dei versanti delle montagne negli anni ’20 e ’30, imprese potenzialmente mortali. Giovani con poche prospettive di vita montavano in sella alle loro biciclette per scalare una montagna pericolosa – erano alla ricerca di un obiettivo da perseguire, un obiettivo qualsiasi. E se necessario, erano pronti a morire per raggiungerlo. Chiaramente, questo rispecchiava bene il canone della mitologia nazista ed era quindi sfruttato dal punto di vista ideologico, e considerato un atto eroico. Basta ascoltare Robert Ley, il capo del KdF (Kraft durch Freude = Forza attraverso la gioia): “I giovani tedeschi trovano la loro forza e virilità nella lotta con la montagna e imparano a morire!” E così via. Davano tutto per un’idea, un mito; sacrificavano la propria vita se necessario: questo flirt fatalistico con la morte eroica è l’aspetto dell’alpinismo che i nazisti trovavano più interessante. Dal punto di vista intellettuale, sarebbe bastato fare un ulteriore piccolo passo, e il Reich sarebbe marciato verso gli Urali.
(...) Riesco ancora a vedermi seduto al sole sul Kleine Scheidegg sotto il versante nord, assolutamente depresso. Avevamo tutto ciò che ci occorreva: due begli elicotteri rossi, le controfigure nei costumi, gli operatori – ma faceva troppo caldo. I soldi erano finiti, l’opportunità era passata. Credo che ogni film abbia una vita tutta sua, e che l’elemento fortuna sia molto più importante di quanto si voglia ammettere, ma quando si gira un film in montagna, si è molto più soggetti alla sorte.
(da un’intervista al regista, in “Celluloid Portraits”) |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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