Marnie
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Regia: | Hitchcock Alfred |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Jay Presson Allen (dal romanzo omonimo di Winston Graham); fotografia: Robert Burks; scenografia: Robert Boyle e George Milo; musica: Bernard Herrmann; montaggio: George Tomasini; interpreti: Tippi Hedren (Marnie Edgar), Sean Connery (Mark Rutland), Diane Baker (Lil Mainwaring), Martin Gebel (Sidney Strutt), Louise Latham (Berenice Edgar, la madre di Marnie), Bob Sweeney (il cugino Bob), Alan Napier (il signor Rutland), S. John Launer (Sam Ward), Manette Hartley (Susan Claborn), Bruce Dern (il marinaio), Henry Beckman (il primo detective), Edith Evanson (Rita, la donna delle pulizie), Meg Wyllie (la signora Turpin); produzione: A. Hitchcock (Universal); distribuzione: Nexo Digital; origine: USA, 1964; durata: 120'. |
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Trama: | A Filadelfia una dolce ragazza bionda, Marnie Edgar, si presenta con false referenze a ditte e imprese, si fa assumere (è una bravissima segretaria) e alla fine svaligia la cassa. Sparisce, cambia identità e ricomincia. Ora è assunta da un uomo di affari, Mark Rutland, che le affida la contabilità e se ne invaghisce. Anche qui Marnie svaligia la cassaforte e sparisce. Mark la insegue, la raggiunge e le propone una scelta: o essere denunciata o sposarlo. Non c'è alternativa. Il viaggio di nozze, a bordo di una nave, rivela un inquietante segreto: Marnie è frigida. Mark le usa violenza, lei tenta il suicidio. Dunque, la cleptomania è la sublimazione della frigidità. Marnie ha sempre detto di essere orfana, ma Mark, con l'aiuto di un detective, scopre che ha una madre, a Baltimora. Oppressa dagli incubi (non tollera il color rosso), la ragazza è ridotta uno straccio. Un incidente funesta una battuta di caccia alla volpe alla quale partecipa. Sconvolta dal rosso della giacca di un cavaliere, perde il controllo del cavallo, che cade e si frattura una zampa. Tocca a lei abbatterlo, e ciò le provoca un'altra terribile crisi, spingendola di nuovo al furto. Ma, giunta davanti alla cassaforte, si accorge che non può più rubare. Mark la conduce con la forza a Baltimora, dalla madre, una ex prostituta. E lì si scopre la molla della nevrosi. A cinque anni Marnie aveva ammazzato a colpi di attizzatoio un marinaio ubriaco che infieriva sulla madre. Ora la ragazza potrà guarire, grazie all'amore e alla devozione di Mark. |
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Critica (1): | "Molto piacere sono Alfred Hitchcock e vorrei parlarvi del mio ultimo film: Marnie". Inizia così il trailer originale del film del 1964 del maestro del brivido che forte della sua estrosa personalità sceglie di fare in prima persona la promozione della sua nuova pellicola che lui stesso definisce "un mistero sexy, sempre che si possano usare queste parole". Il film con Tippi Hedren, che Hitch aveva diretto solo l'anno prima ne Gli uccelli, e Sean Connery è effettivamente di difficile definizione: un giallo certo, ma anche una storia d'amore e un interessante scavo psicologico, un trittico di tematiche che nel caso del maestro del giallo ha prodotto alcuni dei suoi capolavori.
In occasione dei cinquant'anni di Marnie, uscito negli Stati Uniti nel maggio del 1964, il film esce in un'edizione speciale Blu-ray con un documentario, foto di scena e lo storico trailer in cui il maestro del brivido racconta il suo film. (...) "Il modo migliore per parlarvi del film è mostrarvi alcune scene: ecco i protagonisti, lui è Mark, un uomo serio e meditabondo, un cacciatore". Mark è il divo Sean Connery, reduce dal successo del suo James Bond, con il quale Hitchcock ebbe qualche tensione perché l'attore scozzese pretendeva di leggere la sceneggiatura, pratica che il regista non amava. "E lei è la sua preda, Marnie". Nei panni di una ragazza cleptomane e frigida Hitchcock avrebbe voluto Grace Kelly, il suo ghiaccio bollente diventata ormai la Principessa di Monaco. Come racconta il film di Olivier Dahan Grace dovette rinunciare e il regista affidò il ruolo a Tippi Hedren che aveva appena diretto ne Gli uccelli ma il cui rapporto durante la lavorazione si logorò talmente da far sì che alla fine i due si parlassero solo attraverso intermediari.
La storia della giovane e fragile Marnie sposata all'industriale Mark non ebbe il successo a cui era abituato Hitchcock, ebbe un moderato successo al botteghino, incassando 7 milioni di dollari a fronte di un budget di 3. Secondo i critici successivi si trattava di una tematica troppo delicata per poter essere affrontata senza problemi a metà degli anni Sessanta. "Marnie fu un insuccesso cocente e nello stesso tempo un'opera appassionante, che rientra nella categoria dei "grandi film malati" – scrive Truffaut nel lungo libro-intervista, 'Il cinema secondo Hitchcock', che nessun appassionato di cinema dovrebbe farsi sfuggire – Un'impresa ambiziosa che ha sofferto per errori di percorso: una sceneggiatura impossibile da girare, un cast inadeguato, delle riprese avvelenate dall'odio o accecate dall'amore, uno scarto molto forte tra intenzione ed esecuzione, un impantanarsi non percepibile o un'esaltazione ingannatrice. Evidentemente la nozione di "grande film malato" si può applicare soltanto a grandissimi registi, a quelli che hanno dimostrato in altre circostanze di poter raggiungere la perfezione".(...)
Chiara Ugolini, repubblica.it |
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Critica (2): | Marnie non è tra le opere più ricordate di Hitchcock, complice forse una tiepida accoglienza da parte della critica (dovuta per lo più a imperfezioni dal punto di vista tecnico) al momento dell’uscita: eppure, è oggi considerato dai più l’ultimo capolavoro del regista. La storia ruota attorno al personaggio di una giovane donna fortemente disturbata, affetta da cleptomania e inspiegabilmente disgustata dall’altro sesso, al punto da non poter sopportare di essere anche solo sfiorata da un uomo. Dopo ogni furto, compiuto sempre sul luogo di lavoro, Marnie cambia identità e si trasferisce altrove. L’editore Mark Rutland la assume come segretaria, pur sospettando della sua disonestà. Quando coglie la donna con le mani nel sacco, le propone un accordo: egli non la denuncerà, se accetterà di diventare sua moglie. Le complicazioni della malattia mentale di Marnie si incrociano così con il desiderio opprimente ed esclusivo di Mark.
Leggenda vuole che nella rappresentazione di una passione ossessiva nei confronti di una donna respingente, il regista abbia trasposto sullo schermo la sua attrazione per la nuova musa Tippi Hedren, con la quale sorsero forti litigi sul set. Vere o false che siano queste voci, certo è che si tratta di uno spunto narrativo già incontrato in almeno un altro film di Hitchcock, La donna che visse due volte (1958): entrambe le storie mostrano un uomo che cerca ardentemente di possedere una donna misteriosa e inconoscibile, non per amore, ma per una sorta di fascinazione patologica nei confronti di una sua peculiarità (in questo caso, l’essere ladra). Come nel film del ‘58, anche qui la macchina da presa gioca col tema della passione morbosa: nelle prime inquadrature va ad indagare con attenzione feticistica il contenuto della borsa di Marnie, poi si compiace di registrare ogni movimento della donna durante i cambi d’abito e più di una volta, nel corso del film, la riprende dall’alto, a distanza ravvicinata, come fosse una persona che le sta col fiato sul collo. De La donna che visse due volte ritroviamo anche l’uso simbolico dei colori verde e rosso (qui, tuttavia, meno accentuato): il primo, a evocare la fragilità e l’imperscrutabilità della protagonista, il secondo, la violenza che ne rompe l’equilibrio interiore. Un altro importante riferimento a precedenti film del regista è costituito dal tema del rapporto con la madre, riscontrabile in Notorious, l’amante perduta (1946), Psyco (1960) e Gli Uccelli (1963). Questi continui rimandi spinsero i critici a tacciare Marnie di autoreferenzialità. Altre accuse riguardarono l’impostazione psicologica un po’ superficiale, l’utilizzo imperfetto degli effetti speciali e un’interpretazione della Hedren considerata non eccelsa.
Le musiche del film sono state composte da Bernard Herrmann, compositore di numerose colonne sonore hitchcockiane, compresa la più celebre, quella di Psyco. Tra gli attori, oltre a Tippi Hedren, troviamo un ottimo Sean Connery nella parte di Mark Rutland, e Bruce Dern in un cameo.
Come in tutti i grandi film di Hitchcock, anche in Marnie ciò che conta non è quello che sembra contare all’inizio del racconto: ci viene fatto credere che al centro dell’intreccio vi sia la cleptomania della protagonista, e la sua abilità nel non farsi scoprire; in realtà, man mano che la storia prosegue, capiamo che l’argomento principale è un altro, relativo al rapporto malato tra i due protagonisti. Una volta rinvenuta l’irrilevanza del contenuto concernente i furti di Marnie, chi guarda è obbligato a rimanere vigile per tutta la durata della pellicola e cercare gli indizi disseminati da Hitchcock a indicare il vero fulcro della storia: lo spettatore, osservatore privilegiato di una narrazione i cui connotati sembrano via via mutare, è chiamato così a partecipare attivamente al film, in un dialogo costante con il regista. Anche le imperfezioni tecniche scompaiono, in presenza di una tale lezione di cinema.
Maria Triberti, sentieridelcinema.it |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | 27/4/2015 |
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