Prima notte di quiete (La)
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Regia: | Zurlini Valerio |
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Cast e credits: |
Soggetto: Valerio Zurlini; sceneggiatura: Enrico Medioli, Valerio Zurlini; fotografia: Dario Di Palma; musiche: Mario Nascimbene - canzoni: "Domani è un altro giorno" (The Woriders You Perform) di G. Calabrese e J. Chsnut, cantata da Ornella Vanoni; "You Gotta Have Leve in Your Heart" (The Supremes e Four Trops) di N. Zesses e D. Fekaris; montaggio: Mario Morra; scenografia: Enrico Tovaglieri; costumi: Luca Sabatelli; interpreti: Alain Delon (Daniele Dominici), Sonia Petrova (Vanina Abati), Lea Massari (Monica), Giancarlo Giannini (Giorgio Mosca, detto Spyder), Salvo Randone (il preside), Alida Valli (Marcella Abati), Renato Salvatori (Marcello), Adalberto Maria Merli (Gerardo), Nicoletta Rizzi (Elvira), Krista Nell (Mirta detta Cocaina), Sandro Moretti (Leo Montanari); produzione: Mondial TE.FI. (Roma) - Adel Productions (Paris), realizzata dalla Mondial TE.FI; origine: Italia / Francia, 1972; durata: 115'. |
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Trama: | Daniele Dominici (figlio di una medaglia d'oro della seconda guerra mondiale - ma è una parentela che tiene celata) è un giovane professore di lettere, supplente in un liceo di Rimini. Autore di un libriccino di versi, dedicato a una sedicenne morta; convivente con una donna, Monica, che forse è sua moglie o forse solo l'amante; indifferente alla contestazione, che pure fermenta anche nella sua classe; senza un'autentica vocazione a insegnare anche se è un uomo colto, e, invece, con un'accesa propensione per il gioco, si innamora di una sua bella allieva, Vanina, che è legata però a un danaroso giovanotto del luogo, il libertino Gerardo. La ragazza comunque finisce tra le sue braccia e invano tentano di impedirglielo la madre di lei, che è una poco di buono, e l'aggressivo Gerardo. Daniele s'attacca disperatamente alla ragazza, tanto più quando scopre che Monica gli è infedele. Dopo aver preso a pugni Gerardo, che gli ha rivelato il burrascoso passato di Vanina, progetta di fuggire con lei. Monica però minaccia di suicidarsi e, temendo che voglia farlo sul serio, Daniele, che s'era già allontanato da lei, torna sui suoi passi... |
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Critica (1): | Incontrai il mio eroe nero durante una di quelle stagioni inclementi e riconobbi subito il nome famoso della sua famiglia: mi sembrò un Lord Jim casalingo e dell'eroe di Conrad aveva il passato fitto di interrogativi inquietanti, l'infelicità, l'ironia, il mistero e l'estremo romanticismo. Da lui nacque una storia molto semplice, divisa fra verità e verosomiglianza, nonché il mio film che amo di meno ma per ragioni del tutto diverse: La prima notte di quiete. Lo amo meno degli altri perché fui brutalmente costretto dalle circostanze a disamarlo, perché il protagonista – che ne ricavò un trionfo – era l'opposto morale del personaggio e non ne rifletteva che esteriormente la profonda gentilezza e l'inguaribile malinconia. Furono dieci settimane di lavoro massacrante rette sulla forza dei nervi e sull'orgoglio di non cedere, di sofferenza e di amarezza, forse come si può provarle quando si scopre in un figlio molto amato una vocazione di criminale. Nonostante questo fu il film italiano di maggior successo del 1972. (Valerio Zurlini, IP) |
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Critica (2): | Nel cinema italiano, Valerio Zurlini occupa uno spazio a sé. Non solo perché è tra i migliori, ma anche perché è impegnato a svolgere un discorso tutto suo che non assomiglia ad alcun altro: la ricerca, tenera e disperata, dei sentimenti e delle illusioni perdute, le origini della crisi e dello sconforto della sua generazione. (...).
Questo è dunque il cinema dei sentimenti, e poco conta che siano i sentimenti che perdono e non quelli che salvano. Zurlini crede in loro, crede nella possibilità di modificare la società attraverso gli slanci, le generosità, i sacrifici. Ed è anche abbastanza colto e intelligente per sapere che quella impresa deve essere tentata, che i sentimenti non andranno mai in crisi come le ideologie, ma che le loro possibilità di affermarsi, di risolvere, di aiutare a vivere invece che a morire, sono poche, pochissime. E che chi ha bruciato tutto alle sue spalle non ha avvenire davanti a sé. Ecco allora che Daniele è personaggio ad un tempo amatissimo e condannato. Senza moralismi, senza asprezze, con pietà infinita, ma senza speranza di salvezza. Quei sentimenti, poi, non nascono nel nulla, non si risolvono in una passione, o, come spesso accade nel cinema contemporaneo, in un erotismo che emargina ed esclude ogni altro valore, sono la componente dominante di un contesto di grande precisione psicologica e sociologica. È il mondo dei vitelloni cresciuti e incattiviti, dei sonni torbidi della provincia, degli ozi e dei silenzi, delle interminabili partite a carte, delle prostitute di passaggio, delle corse in macchina senza destinazione, dell'inverno che deve passare perché poi giungerà l'estate e quei lungomari deserti si riempiranno di folla variopinta, di parlar straniero, e quella finta animazione sembrerà vitale e gioiosa e l'attesa, la pigrizia hanno dunque una finta giustificazione di stagione morta, transitoria, anche se sono invece una logora definitiva condizione umana (...). In tutti i personaggi, si direbbe, Zurlini si rispecchia almeno un poco: piccole annotazioni, gesti, atteggiamenti che hanno l'inconfondibile sapore della verità. (...). Ed è appunto questo esser vero, questo interiore e sempre presente rapporto e riscontro fra autore e personaggio, che sorregge tutto il film, gli dà vita, calore, riscatta alcuni episodi meno felici per la loro troppo vistosa trasparenza e conferma in Valerio Zurlini, dopo quattro anni di preoccupante silenzio, uno dei nostri autori più autentici e più validi. Che ha il merito di restar fedele a se stesso piuttosto che alle mode, di saldare storia privata e problematica contemporanea e di non scordare mai che il punto di riferimento è l'uomo e non l'idea, il vivere e non il dire, il soffrire e l'amare e il pudore dell'uno e dell'altro e ancora, e soprattutto qui con più forza dei film precedenti, la coscienza, confusa, dubitata ma incancellabile, di altre leggi, altre verità, del tendere a una meta che, anche se non si arriva a identificare, non può non esistere. (...).
Paolo Valmarana, in Valerio Zurlini, quaderno n. 25 di Circuito Cinema, Comune di Venezia, 9/1984 |
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Critica (3): | In La prima notte di quiete c'è una sola allusione al passato africano del personaggio, quando dice: «Insegnante a Mogadiscio». L'allusione ricorda la sua visita ai luoghi della vita della sua famiglia. Tuttavia, direi che La prima notte di quiete è nato davvero per la voglia che avevo di mettere in scena un personaggio del genere. Un personaggio frutto ovviamente di numerosi incontri, forse di certe somiglianze con me stesso, quella base di nichilismo, quel cristianesimo rifiutato ma presente... È un personaggio nato in modo molto strano, in un momento di estrema diffidenza: non trovavo niente di personale da raccontare. Un giorno, mi metto alla scrivania e in venti giorni scrivo in un racconto di cento pagine la storia di quest'uomo alla fine della vita - il racconto esiste ancora e credo che non sia male. Ma questo racconto oggettivo, ha origine anche da quelle stagioni invernali, così brutali, così violente, così incanaglite, così antifemminili, così oppressive, così eccessive, stagioni che pure avevo conosciuto. Quella costiera adriatica che avevo visto l'inverno, quando non c'è l'esplosione del turismo estivo, stretta dal rancore, dalla ferocia, dalla violenza. L'avevo vista, quella violenza dell'uomo sulla donna. La prima notte di quiete è un film molto legato ad un certo ambiente geografico. Contiene anche un aspetto di «storia popolare»: la storia di un uomo che ha un rapporto ormai di morte con gli altri, e che incontra la giovinezza. Una giovinezza che nasconde in realtà la morte: è un romanzo popolare vecchio come il mondo.
Jean Gili, “Intervista a Valerio Zurlini” in Sergio Toffetti (a cura di) Valerio Zurlini, Lindau 1993 |
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Critica (4): | Daniele Dominici io l'ho visto come un miscuglio di totale indifferenza e di totale ingenuità, ma a ben guardare i sentimenti che gli scorrono sotto la pelle, come una specie di febbre fredda, sono, insieme con l'indifferenza, la pazienza, il distacco e la pietà. Ed è quest'ultima a prendere il sopravvento e a travolgerlo.
(Valerio Zurlini) |
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