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Regno II (Il) - Riget II


Regia:Von Trier Lars, Arnfred Morten

Cast e credits:
Soggetto: Lars von Trier, Niels Vørsel; sceneggiatura: Benedicte Rosenkrantz; fotografia: Eric Kress; montaggio: Molly Marlene Stensgård, Pernille Bech Christensen; suono: Hans Moeller; musica: Joachim Holbeck; effetti speciali: Annette Rolfshoj, Lars Kolding Andersen; trucco: Birthe Lyngso, Janet Keil; interpreti: Ernst-Hugo Järegård (Stig Helmer), Kirsten Rollfes (signora Drusse), Holger Juul Hansen (Dott. Moesgaard), Soren Pilmark (Krogen), Ghita Norby (Rigmor), Jens Okking (Bulder), Birthe Neumann (Miss Svendson), Baard Owe (Bondo), Erik Wedersøe (Ole), Udo Kier (Little Brother e Aage Krüger), Brigitte Raaberg, Peter Mygind, Henning Jensen; produzione: Vibecke Windeløv e Svend Abrahamsen per Zentropa Entertainments ApS e DRTV-Danish Broadcasting Corporation-Liberator Productions; distribuzione: RAI Cinema Fiction; origine: Danimarca, 1997; durata: 286'.

Trama:Altre quattro puntate, dopo le prime quattro di tre anni fa. Succosi i titoli delle nuove puntate: Mors in fabula, Birds of passage, Gargantua, Pandemonium. Ambienti e messinscena: come nei primi quattro episodi. Ritornano tutti i personaggi, dal direttore, ai primari, ai medici, agli infermieri, alle pazienti, ai fantasmi, all'ambulanza pazza. Il Regno I finiva con un parto mostruoso. Adesso il gigantesco bambino figlio del demonio, tronco troppo grosso, lunghe e affilate gambe e braccia da ragno, sta nella sua stanza, assistito dalla mamma. Intorno, i soliti loschi traffici, sporchi contratti, meschinità e follie, ripicche e oscenità.

Critica (1):Tutto continua nella più normale anormalità dentro l'ospedale costruito sulla palude. Il professor Moesgaard insiste nei suoi inetti e inefficaci tentativi di dirigere il Regno: grasse risate quando, per superare i suoi problemi, chiede aiuto ad un collega psichiatra (pazzo, ovvio); risate grassissime, quando se ne va in giro per i corridoi agitando un fallo (non suo: finto) di notevoli dimensioni e finisce dietro un paravento in controluce con effetti pornografici. Il primario svedese Stig Helmer continua ad odiare i danesi e a cercare di nascondere le prove della sua incapacità professionale. Il dottor Bondo continua le sua lezioni e viene privato del suo amato fegato canceroso da un guaritore filippino di passaggio che glielo estrae infilandogli le mani in pancia e mangiandoselo seduta stante. Tutti i medici, adepti della specialissima loggia massonica che pratica riti al limone, continuano le loro riunioni. La signora Drusse, che continua a cercare di entrare in contatto con i fantasmi del Regno, viene investita dall'ambulanza che corre nella notte e sulle cui corse scommettono infermieri e dottori.
Lars von Trier, il più miscredente, pagano, nevrotico e visionario tra gli autori europei di dichiarata fede cattolica, continua a mettere in scena storie ospedaliere comico-orrorifiche filmate da una macchina da presa ondivaga e ballonzolante, montate con salti e sconnessioni, pitturate con colori desaturati e incongrui.(...) In queste nuove puntate ci sono ancora più storie da raccontare tutte insieme (una dozzina), c'è più comicità grassa e bassa, più orrore e anche più tenerezza. (...) Ormai ci sentiamo di casa nel Regno. Chiusi i regni dei cieli, tramontati i regni di Utopia, l'unico regno che ci sia rimasto è questo, marcio e putrido. (...)
Bruno Fornara , da Venezia 1997 in Cineforum n. 367, 9/1997

Critica (2):(...) Due ordini coesistono e si affrontano nell'arena del Rigshospitalet. Da una parte la ragione e l'intelligenza scientifica, la conoscenza medica e la sua padronanza. Dall'altra parte, le forze occulte che salgono dal sottosuolo paludoso dell'ospedale, le presenze "straniere" e parassite che, per il loro stesso mistero, sfuggono per definizione al controllo della ragione. Tutto il "feuilleton" consisterà allora nel conflitto perpetuo tra questi due ordini. Dall'indagine di Fisher in Elemento del crimine, neppure un film di Lars von Trier sfugge a questa lotta fra intelletto e oscurantismo, il razionalismo e lo spiritualismo. Nel Regno la mistica che ritorna in superficie fa vacillare le certezze scientifiche che si sbriciolano e si distruggono. Antro di tutte le guarigioni, l'ospedale perde a poco a poco la sua funzione iniziale e si fa lastra sensibile delle malattie morali del reame di Danimarca. La paura dell'ignoto e l'angoscia del mistero tolgono equilibrio ad ogni servizio mentre la follia e l'insensatezza contagiano i medici. Questi turbamenti della coscienza e l'ansia che producono si ripercuotono persino sullo stile del "feuilleton". Tutto capita come se l'ipocondriaco von Trier trasmettesse alla sua cinepresa le sue due fobie reali e personali: la vertigine e la claustrofobia. Così, la cinepresa non lavora più contro la storia (L'elemento del crimine, Europa) ma, portata a spalla e tremolante, restituisce l'inquietudine permanente, lo stato febbrile di questo confronto con il mistero e lo strano. Con il suo movimento continuo e le ellissi integrate nella stessa immagine (jump-cuts), i riferimenti tradizionali della ragione e della visione consueta della prospettiva scoppiano. Anche lo spazio sonoro è perturbato, riverberato, sempre deformato. Questo disorientamento spaziale, sonoro e psichico è contemporaneamente rinforzato dalla molteplicità dei punti di vista che il cineasta adotta. Lo sguardo oscilla continuamente tra quello, obiettivo ed esteriore e quello soggettivo, delle "presenze" estranee del Regno, degli "occhi cattivi", evocati dai mongoloidi, che spiano l'ospedale e i suoi ospiti senza lasciarli un momento.
(...) Trame complesse sfilano e noi non abbiamo presa su di esse. La tonalità dei "fuilletons" tradizionali è, anch'essa, gettata alle ortiche. Poiché Il Regno non si accontenta di avanzare in rotture continue, ma accumula i toni differenti, che vanno dal melodramma al documentario chirurgico, dal fantastico alla commedia, dal gore all'onirismo, in un miscuglio di generi, caotico. Così von Trier evita la pesantezza e raggiunge lo scopo ultimo del suo cinema: la fascinazione. Ipnotica, la trappola labirintica e innovativa del Regno si guarda a bocca aperta.
Cédric Anger, da "Létrangeté règne"in Cahiers du cinéma n° 524

Critica (3):

Critica (4):
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