Machan - La vera storia di una falsa squadra - Machan
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Regia: | Pasolini Uberto |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Ruwanthie De Chickera, Uberto Pasolini; fotografia: Stefano Falivene; musiche: Lakshman Joseph De Saram, Stephen Warbeck; montaggio: Masahiro Hirakubo; scenografia: Errol Kelly; arredamento: Lal Harindranath, Johannes Pfaller; costumi: Sandhiya Jayasuriya, Rob Nevis; effetti: Fabrizio Pistone; interpreti: Dharmapriya Dias (Stanley), Gihan De Chickera (Manoj), Dharshan Dharmaraj (Suresh), Namal Jayasinghe (Vijith), Sujeewa Priyalal (Piyal), Mahendra Perera (Ruan), Dayadewa Edirisinghe (Naseem); produzione: Uberto Pasolini, Prasanna Vithanage, Conchita Airoldi, Henning Molfenter e Mirjam Weber per Redwave Films-Studiourania-Babelsberg Film-Shakthi Films-Rai Cinema; distribuzione: Mikado; origine: Italia-Germania-Sri Lanka, 2008; durata: 110’. |
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Trama: | Un gruppo di abitanti di uno slum di Colombo, in Sri Lanka, vedono come una grande opportunità di cambiare il loro triste destino di diseredati, un invito a partecipare ad un torneo di pallamano che si terrà in Baviera. Per loro è un biglietto di sola andata per l'Occidente che rappresenta la risposta a tutte le loro preghiere. |
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Critica (1): | Se a Venezia si fosse votato per il film più simpatico, le vecchiette di Pranzo di ferragosto se la sarebbero giocata con i cingalesi di Machan, curiosissimo esordio nella regia di un signore, Uberto Pasolini, che in carriera ha già prodotto film famosi come Full Monty, e I vestiti nuovi dell'imperatore. Pasolini è italianissimo, ma il suo curriculum cinematografico è super-internazionale: si è fatto le ossa sul set di Urla dal silenzio e ha sempre cercato storie dal respiro universale.
Machan (parola tamil che significa «amico mio») si ispira a un fatto di cronaca di alcuni anni fa: l'odissea di alcuni giovani dello Sri Lanka che, per emigrare in Europa, si inventarono una nazionale cingalese di pallamano, sport che in quel paese - a differenza del cricket - non ha la minima tradizione. Compilando documenti falsi e facendosi fotografare in divise sportive di fortuna, quei geni riuscirono a farsi invitare a un torneo in Germania. Dovettero giocare tre partite perdendole tutte con punteggi surreali, 73-0 o giù di lì – ma riuscirono a far perdere le proprie tracce. Tuttora non si sa che fine abbiano fatto: Pasolini reinventa la loro avventura con toni ironici ma solidali, chiudendo il film su quattro di loro che decidono di fuggire in Inghilterra, «dove almeno non si gioca 'sta cazzo di pallamano».
Il film è molto divertente, ma se analizzato con attenzione diventa anche un sottile elogio del coraggio e della fantasia di tutti i «migranti» del pianeta, di tutti coloro che affrontano il mondo senza racchiudersi nel proprio orticello; quindi, forse, anche un (meritato) autoelogio del Pasolini medesimo, cineasta che a nessun titolo può essere definito un bamboccione. Gli interpreti cingalesi sono fantastici: se potete, vedetelo in originale.
Alberto Crespi, L'Unità, 12/9/2008 |
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Critica (2): | Debutta come regista Uberto Pasolini, nipote di Visconti e produttore di Full Monty, dimostrando di aver capito la lezione: un tema forte, l' immigrazione, il disfacimento delle famiglie, ma trattato coi ritmi da commedia. Riprende una notizia di cronaca, secondo cui un gruppo di malmenati dalla vita, cingalesi e altre etnie di una bidonville a Colombo, si fece credere per evadere in Europa la squadra Sri Lanka di pallamano per raggiungere Monaco, sfidare i tedeschi, perdere alla grande ma spargersi nel mondo. Ancora oggi le autorità stanno cercando quei 23 finti campioni. Un puzzle di storie vere anche divertenti, con molti fattori umani trattati con pudica leggerezza, l' immigrazione attuale vista con lo sguardo di chi sa quanto coraggio e disperazione richieda lasciare il proprio Paese.
Maurizio Porro, Il Corriere della Sera, 12/9/2008 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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