Specialista - Ritratto di un criminale moderno (Uno) - Spécialiste, portrait d'un criminel moderne (Un)
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Regia: | Sivan Eyal |
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Cast e credits: |
Soggetto: ispirato a La banalità del male di Hanna Arendt; sceneggiatura: Rony Brauman, Eyal Sivan; fotografia: Leo T. Hurwitz; musiche: Krishna Levy, Yes Robert; montaggio: Audrey Marion; interpreti: Bernard Eichmann, Giddeon Hausner, Moshé Landau, Benjamin Halévy, Robert Servatius; produzione: Eyal Sivan per Momento! & Arcapix; distribuzione: Istituto Luce; origine: Francia / Germania / Israele / Belgio / Austria, 1999; durata: 128'. |
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Trama: | Israele, 1961. Tra le quattro mura dell’auditorium principale della casa del popolo a Gerusalemme, trasformato per l’occasione in un tribunale, si svolge, nell’arco di otto mesi, il processo ad Adolf Eichmann, ex-capo del dipartimento IV-B-4 della sicurezza interna del Terzo Reich. L’accusa, quindici imputazioni, è di crimini di guerra contro il popolo ebraico e contro l’umanità per avere organizzato la deportazione nei lager nazisti di ebrei, sloveni, polacchi e zingari, rendendosi responsabile, durante la seconda guerra mondiale, dello sterminio di milioni di persone. |
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Critica (1): | Ad Eichmann e a quello sconvolgente processo, Eyal Sival, un giovane regista israeliano dissidente, nato ad Haifa nel 1964 e trasferitosi in Francia nel 1985, ha dedicato uno straordinario documentario, recuperando dall’oblio materiali d’archivio d’eccezione, che raccontano con una precisione inesorabile la storia del carnefice e dei suoi crimini. (...) Rispetto alla recente ondata di film e documentari sulla Shoà, Uno specialista ha il grandissimo merito di essere un’opera terribilmente giusta.
Roberto Pisoni, Cineforum n. 390, 12/1999 |
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Critica (2): | Nel riflettere sull’adesione alla campagna razziale di alcuni intellettuali italiani dell’era fascista, Paolo Mieli si è chiesto su “La Stampa” (21 novembre) perché nessuno di loro ha mai parlato con franchezza dei propri errori. Ovvero perché su questo tema l’atteggiamento più comune è da sempre quello della rimozione. Il film Uno specialista, sintesi delle 114 sedute del processo contro Adolf Eichmann svoltosi a Gerusalemme tra l’aprile e il dicembre del ’61, viene appunto incontro all’esigenza di una rilettura dell’Olocausto che appare di drammatica attualità dopo la bomba dei neonazisti a via Tasso. Videoregistrato all’epoca dall’americano Leo Hurwitz (1909-1991), il materiale fu da lui utilizzato per il film tv Verdict for Tomorrow. Ora gli animosi israeliani Rony Brauman e Eyal Sivan hanno editato le 350 ore delle cassette reperibili (150 sono scomparse) in una secca successione di tredici scene. Nella tragedia mancano il prologo e l’epilogo. Ovvero la caccia durata tre lustri al latitante colonnello delle SS, nascosto a Buenos Aires con nome falso e passaporto vaticano; e gli eventi successivi: l’appello che il 28 marzo ’62 confermò la condanna e la conseguente impiccagione (31 maggio). Spiace che la pena capitale, deprecabile sempre, abbia chiuso la vertenza in chiave di vendetta anziché di giustizia. Nella sua gabbia di cristallo il boia sembra più un burocrate sottoposto a indagine amministrativa che un assassino di massa. Inappuntabilmente formale, si alza in piedi per rispondere a ogni domanda, consulta fasci di documenti, prende appunti e ribadisce che come soldato era tenuto a obbedire. Si proclama volta a volta idealista, strumento nelle mani di forze superiori e reincarnazione di Ponzio Pilato. A un certo punto sbotta: “Mi sento come una bistecca sulla griglia”; ma si lascia sfuggire che al termine della famigerata conferenza del Wannsee, in cui fu programmato l’annientamento di 6 milioni di esseri umani, lui e gli altri gerarchi brindarono a cognac. Uno specialista non è uno spettacolo, ma la verità nuda e cruda: e a definitiva confutazione delle tesi negazioniste, esprime quella che nel suo libro Hannah Arendt chiama “La banalità del male”. L’immagine più forte, che condensa l’intero significato dell’operazione? Il dettaglio di un registratore con un braccio che entra in campo per avviarlo; e il braccio ha un numero tatuato.
Tullio Kezich, Corriere della Sera, 27/11/1999 |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Eyal Sivan |
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