Charlotte for ever - Charlotte for ever
| | | | | | |
Regia: | Gainsbourg Serge |
|
Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Serge Gainsbourg; fotografia: Willy Kurant; musiche: Serge Gainsbourg; montaggio: Babeth Si Ramdane; scenografia: Raoul Albert; costumi: Corinne Jorry; interpreti: Charlotte Gainsbourg (Charlotte), Serge Gainsbourg (Stan, padre di Charlotte), Roland Bertin (Leon), Roland Dubillard (Herman), Anne Zamberlan (Lola), Anne Le Guernec (Adelaide), Sabeline Campo (Therese); produzione: Charlotte Fraisse e Claudie Ossard per Gbfi-Constellation Production; distribuzione: Nicon International; origine: Francia, 1986; durata: 94’.
Vietato 18 |
|
Trama: | Charlotte ha quindici anni e vive con suo padre, un uomo che ha velleità letterarie e che è praticamente un alcolizzato ossessionato dal sesso, sempre a caccia di denaro presso il cognato Ivan, in lutto perché il suo compagno Stefanin l'ha piantato. Tra l'uomo e la ragazza c'è un legame morboso e intenso, ma anche a volte tempestoso, poiché lei non cessa mai di ricordargli il terribile incidente d'auto, che lui guidava, in cui morì fra le fiamme la mamma. Colpevolizzando suo padre, Charlotte ha finito con il tenerlo in pugno. Lui però non si vieta di portare in casa una delle prostitute, né si perita di concedersi rapporti sessuali con le compagne di scuola di Charlotte alle quali lei proclama tra ira e pianti che "papà è suo". Tra morbosità varie, gesti ambigui, ricordi materni e proteste di innocenza, Charlotte fa sapere al padre che lei è sempre stata perfettamente convinta della non colpevolezza di lui. Le sue accuse e il suo rancore non erano che un mezzo per tenere avvinto a sé lo sciagurato genitore. |
|
Critica (1): | Sceneggiatore alcolista ha un complicato rapporto con la figlia adolescente che lo accusa di essere responsabile della morte della madre in un incidente stradale. Accusato di essere incestuoso, gratuitamente provocatorio, morboso e decadente, il terzo film di S. Gainsbourg è soprattutto la storia di un folle amore di un padre per la figlia, raccontato in modo autoironico, ma anche esibizionista e narcisista, che rivela il suo indubbio talento di regista e di direttore di attori.
(da Il Morandini di Laura, Luisa e Morando Morandini) |
|
Critica (2): | Gainsbourg, mito di una cultura post-esistenzialista e decadente tipicamente parigina e guardata con sospetto in Italia, firma il suo terzo lungometraggio con questo film tutto suo e che si è girato addosso. Degrado fisico, vomito, rimorsi, plagi, puttane. Ma la vita rinasce quando ritorna a casa Charlotte: Lolita angelicata, incerta e smarrita tra l'edipo che la risucchia nel buio e la sua luminosa giovinezza. Un discusso videoclip dell'85, Lemon Incest, aveva lasciato qualche perplessità sulla figura di Gainsbourg padre. Anche in Charlotte for ever la passione è confessa. Tuttavia Stan non cerca, come I'Humbert-Humbert del suo autore-mito Nabokov, di razionalizzarla, ma la domina d'istinto grazie alla profondità e alla delicatezza del suo sentimento. Il desiderio si scioglie, come nel giro di danza che conclude la scena più tesa del film, nei movimenti misurati della mdp che percorre l'immenso appartamento in penombra, tra fiumi di musica, parole e alcool.
SegnoCinema n. 34, 9/1988 |
|
Critica (3): | (...) È facile vedere che cosa ha potuto provocare il rifiuto di Charlotte for ever: la relazione padre-figlio raddoppiata dal legame tra i due interpreti principali, le provocazioni abituali di Gainsbourg nell’esercizio delle sue funzioni naturali. Ma il film sembra essere stato giudicato senza essere stato visto: Come se fosse necessario sacrificare una volta l’anno una vittima espiatoria per dimostrare l’indipendenza della stampa e il suo disprezzo per i fenomeni mediatici (ai quali, come è ben evidente, partecipa ogni giorno). Come se si facesse pagare a Gainsbourg una celebrità insolente, d’altra parte fondata sull’insolenza. Come se gli si rimproverasse di avere troppe frecce al suo arco. Paroliere, cantante, compositore, va bene. Ma pittore, scrittore, regista, è troppo. Come se si approfittasse della sua solitudine – nessun clan che ne prenda le difese, produttori indipendenti, nessun posto assegnato sulla scacchiera del cinema francese. Beninteso: di fronte a un’opera così libera e personale, è facile comprendere certi rifiuti. Ma l’indulgenza verso troppi filmetti a effetto rispetto a una severità quasi unanime che non sa nemmeno tenere conto di una evidente maestria formale (dall’inquadratura alla luce), di una originalità singolare, di una sincerità straziante.
“(Charlotte) è una ragazzina estremamente introversa che mi adora e che io adoro. Contrariamente a quello che diceva Balzac: “In amore c’è sempre uno che soffre e l’altro che si rompe le scatole”.
(...) “Le riprese ci hanno messo a dura prova. Dopo la prima proiezione, io sono rimasto in sala, con Charlotte e Dubillard. Ho riaccompagnato Charlotte e mi sono messo a piangere: “Come ho potuto fare una cosa del genere per te...” Una tale violenza interna. E lei mi consolava: “Papà, tu hai fatto un film superbo”. Estremamente duro. Vi ho messo veramente la mia anima e il mio cuore. Il film è stato duro anche per Charlotte. Tra una ripresa e l’altra, leggeva i fumetti. Dopo i colpi di pistola è scappata piangendo, ma nel suo camerino, lei leggeva... La piccola Charlotte, quando piange, piange. Mi diceva:”Papà, dammi due minuti per concentrarmi”. E quando dicevo “Motore”, lei piangeva. In qualche parte di sé era spaventata, turbata dal mio proposito. L’aveva letto, lo aveva accettato. Non è soltanto perché si trattava di suo padre.” (S. Gainsbourg)
In Positif n. 312, 2/1987 |
|
Critica (4): | |
| |
| |
|