Fond de l'air est rouge (Le) - Fond de l'air est rouge (Le)
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Regia: | Marker Chris |
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Cast e credits: |
1. Les Mains fragiles. 2. Les Mains coupées
Production: ISKRA, INA, Dovidis; montaggio e suono: Chris Marker; i veri autori del film, benchè la maggior parte di loro non sia stata consultata sull'uso fatto qui dei loromateriali, sono gli innumerevoli cameramen, tecnici del suono, testimoni e militanti il lavoro dei quali si oppone incessantemente a quello dei Poteri, che ci vorrebbero senza memoria: Pierre Lhomme, Michei Desrois, Etienne Becker, Tony Dava], Michèle Ray, Claude Johner, J.M. Surel, Roger Rippe, Christian Odasso, Frangois Reichenbach, Harald Maury, Harrick Maury, William Klein, J.F. Dars, Anne Papillault, Poi Cèbe, Marcel Trillat, René Vautier, Théo Robichet, Bruno Muel, Pierre Dupouey, Raymond Adam, Paul Bourron, Roger Pic, Carlos Franqui, Willy Kurant, Peter Kassowitz, Raymond Depardon, Paul Seban, Charly Gaéta, Albert Coste, Ahmad Faroughi, Marc Karlin, P.W.Glenn, Claude Otzenberger, Michel Fano, Alain Bernardeau, Alain Laguarda, Edouard Hayem, Guy Devart, Fernand Moskovitz, Yann Le Masson, Hervé Pernot, Mario Marret, Jimmy Glasberg, Robert Dianoux, Jean Boffety, Robert Destanque, Maria Koleva, Marc Pauly, Michel Humeau, Hiroko Govaers, Jiri Pelikan, Bernard Béraud, Michel Cenet, Carlos de los Llanos, Giulietta Caputo / Mixage: Antoine Bonfanti / Equipe de travail: Valérie Mayoux, Luce Marsan, Pierre Camus, Annie-Claire Mittelberger, Christine Aya, Patrick Sauvion, Jean-Roger Sahunet; voci: Simone Signoret, Jorge Semprun, Davos Hanich, Sandra Scarnati, François Maspero, Laurence Cuvillier, François Périer et Yves Montand; ISKRA: Inger Servolin, Aline Baldinger, Claude Veuille; INA: Manette Bertin, Thierry Garrel; Dovidis: Pierre Neurisse, Catherine Poubeau; script: Euphète Kosinki; generico: Etienne Robial; laboratoires: Eclair, SFP, Science-Films; estratti dai film: The Mills of the Gods di Beryl Fox, Che Guevara - Inchiesta su un mito di Roberto Savio, Berlin 2 Juni 1967 dell'Universita Libera, La CGT en mai di Paul Seban, Aujourd'hui la Chine di Dejan Kosanovic, L'onore perduto di Katharina Blum di Volker Schlondorff, Minamata di Noriaki Tsuchimoto, Douglas Bravo di Georges Mattei, Ireland Behind the Wire del Berwick St. Collective, Compañero Presidente di Miguel Littin, Etre libre di Paul Bertault et Claude Jauvert; documenti: SLON - CREPAC - INA - ICAIC - AFI - ARC - Uni.Ci.Té - Alliance des Jeunes pour le Socialisme - Rouge - Torr e Benn - Gamma - Visnews - Atelier Populaire - Newsreels - Neyrac-Films - Film Polski - Actualités Frangaises - Pathé Cinéma; riprese documenti: Eurotitres / Visas ministériels n° 44072 et 47787 / Auditorium Antégor / Synthétiseur EMS / "Le Temps des cerises" è interpretato da Théàtre à Bretelles (adattamentodi J.-F. Goyet); musiche: "Musica notturna nelle strade di Madrid" di Luciano Berio, brani tratti dal Quintetto n° 60 de Boccherini, Orchestre national de Radio-France, diretta da Pietro Belugi; distribuzione: ISKRA-Lab80; origine: Francia, 1977; durata: 240'. |
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Trama: | Montaggio delle rivoluzioni che hanno percorso un decennio, attraverso il quale il regista rilegge l’attualità in maniera del tutto personale. |
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Critica (1): | Si ha la tendenza a credere che la 3a guerra mondiale inizierà con il lancio di un missile nucleare. Io penso invece che terminerà così. Fino a quel momento continueranno a svilupparsi le figure di un gioco complicato la cui decifrazione rischia di dare un bel po' di lavoro agli storici del futuro, se ce ne saranno ancora. È un gioco bizzarro le cui regole cambiano nel corso della partita, in cui la rivalità delle superpotenze si trasforma tanto in Santa Alleanza dei ricchi contro i poveri quanto in guerra di eliminazione selettiva delle avanguardie rivoluzionarie lì dove l'uso delle bombe metterebbe in pericolo le fonti di materia prima, oppure in manipolazione di queste stesse avanguardie per degli scopi che non sono i loro.
Nel corso degli ultimi dieci anni un certo numero di uomini e di forze (talvolta più istintive che organizzate) hanno cercato di giocare per conto loro - magari rovesciando i pezzi. Hanno tutti fallito nei campi che avevano scelto. È ad ogni modo il loro passaggio che ha trasformato in maniera più profonda le realtà politiche del nostro tempo. Questo film vuole solo mettere in evidenza alcune tappe di questa trasformazione.
(Chris Marker, dal press-book del film) |
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Critica (2): | (...) La temperatura di base (le fond de l'air) è rossa - come dire la temperatura di base è fresca. Questo significa che l'aria non è veramente fresca; ma che sotto il peso del caldo presente aleggia un sospetto di freschezza, un'idea di freschezza. Sotto il peso delle tirannie di ogni genere, degli imperialismi di tutti i tipi, del capitalismo trionfante delle multinazionali, un'idea di rivoluzione aleggia nell'aria. Non si è mai tanto parlato di rivoluzione(i), neanche nei periodi più agitati del XIX secolo, quando la febbre delle indipendenze e delle rivolte rivendicatrici scuoteva il vecchio mondo, dall'America di Bolivar a Varsavia passando per Parigi, Vienna e Budapest. Non si è mai creduto tanto nella rivoluzione. Non ci si è mai agitati tanto per la rivoluzione. E quando si scorre con lo sguardo la carta dei sei continenti in cerca di un paese nel quale la rivoluzione sia riuscita a assicurare la felicità popolare, non solo nella libertà ma sotto l'arcobaleno delle libertà, si scoprono solo fallimenti o imposture. L'idea di rivoluzione non è mai apparsa più sfumata. Aleggia nell'aria, sì, ma come il sorriso del gatto di Lewis Carroll: sta per svanire? E questa idea di rivoluzione è sogno, speranza, attesa, rimpianto, paura, nostalgia? Il riflusso è seguito all'illusione lirica del Maggio '68.
II verso lamentoso, la lamentazione romantica, la disperazione suicida, il nichilismo vendicativo non sono adatti. È, più che mai, l'ora della lucidità. E della vigilanza. Il film di Chris Marker ci invita a questo in maniera pressante. Lucidità e vigilanza difficili. Per quattro ore: fino alla sazietà. Il torrente degli ultimi dieci anni, dal 1967 al 1977, ci offre lo spettacolo di un mondo pieno in effetti di rumore e di furore. Vietnam, "Che" Guevara, le barricate di Parigi, Praga, la caduta di de Gaulle, il dopo-Mao, Solgenitzijn, la Lip, il Cile, Minamata e il Watergate, le guerriglie degli anni Settanta. Chris Marker non tenta un'analisi storica. Accumula i documenti del dossier. Non senza confusioni e ambiguità. Ma sono esse stesse dei fatti. Chris Marker tenta solo di mettere un po' di ordine. Con un riferimento più o meno implicito a Le mani sporche di Sartre (non stiamo più, ahimé, a interrogarci sul grado di pulizia delle nostre mani), ha intitolato la prima parte "Le mani fragili": dal Vietnam del 1967 alla morte del "Che", il Maggio `68 e tutto il resto. La seconda parte: dalla Primavera di Praga al Programma Comune, dal Cile a... (a cosa, di fatto?), la chiama "Le mani tagliate". Non è allegro. La tragedia non è ottimista. Lucidità e vigilanza dolorose. Il dossier di Marker servirà a intentare il processo a questo fottuto XX secolo: che ne hai fatto della Rivoluzione? Contrariamente a quello che sostiene Shakespeare, la storia non è raccontata da un folle: lungi dal non significare niente, vuole dire molte cose. Questo in particolare di particolarmente amaro: l'idea di rivoluzione non si scontra solo con i suoi nemici tradizionali ma, più pericolosamente, con alcuni di quelli che si richiamano ad essa con più forza. Destra, sinistra, le etichette si confondono. Fine di ogni confortevole manicheismo. Stalin era di sinistra? Non esistono dei fascismi di sinistra? È inutile provare a falsificare la storia, essa finisce sempre - ne ha tutto il tempo - per avere l'ultima parola.
La verità può essere triste. Resta profondamente rivoluzionaria. Questa convinzione è sufficiente a risollevarmi il morale. Capita che la storia assomigli a un incubo. Ma è solo la sua penultima parola. La sua ultima parola è il risveglio. Sono di quelli che credono che le mani ricrescono.
(Jean-Louis Bory, Ce salaud de XXe siècle, Le Nouvel Observateur, 14-20 novembre 1977) |
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Critica (3): | Siamo tutti ricoperti di lividi. Quelli che hanno attraversato bene o male gli ultimi quindici anni - qui, in Francia, o altrove. Le fond de fair est rouge sarà un'eccellente terapia per tutti quelli che non hanno voglia di lasciarsi tagliare le gambe dall'amarezza o dal rancore.
Non è un'autocritica - benché l'autore abbia partecipato a tutte le occasioni che ci smonta (e che furono in massima parte delle buone occasioni, anche se alcune sono finite male); non è la confessione impietosita del vecchio combattente né, di sicuro, il bilancio agrodolce di dieci anni di illusioni. Questo film è uno specchio messo di fronte a ciascuno di noi, uno specchio che si muove per tutte le strade che abbiamo frequentato o attraversato (lotte anti Vietnam, e pro America Latina, Maggio '68, sviluppo e declino della sinistra, cicli "Unione e rottura" della sinistra ufficiale, ecc.) e che ci invita a riflettere con lui sul viaggio e sul suo scopo.
Abbastanza soggettivo da non essere didattico, abbastanza obiettivo da non scadere nella gratuità, il film utilizza tutti i generi - poema visivo, lettera-confidenza, cronaca, reportage, saggio - per fonderli alla fine in uno solo: la descrizione esplicativa di dieci anni di itinerari attraverso il mondo.
Ogni potere ci vuole senza memoria - e i mass media hanno oggi i mezzi per realizzare questa volontà remota del potere politico. Lavvenimento cancella il processo, le linee causali vanno in pezzi, ogni giorno è un giorno nuovo. Chris Marker ha rivolto l'audiovisivo contro se stesso, trattando l'immagine istantanea come fa uno scrittore con i suoi appunti, un archivista con i suoi documenti: per trasformare l'avvenimento in esperienza, legare tra loro le date, i fatti, le persone in modo da trovare un senso, ossia un insieme. Chris Marker prende in contropiede il gioco dell'attualità, la rimette in piedi facendone una sequenza storica, e non la scomparsa di ogni storia.
Mettere insieme la memoria e la fedeltà non è facile. Generalmente quelli che si voltano indietro - in ambito politico - lo fanno per regolare dei conti. Marker non regola nessun conto personale e con nessuno: né a Cuba, né in Vietnam, né nel Maggio `68. Interroga, conferma, confronta - ma non da poliziotto, da testimone. Non per confondere questo o quello, ma per meglio distinguere tra le scelte da fare domani tra i vicoli ciechi e le brecce impossibili. C'era un tempo il romanzo di formazione ed era alla prima persona. Ecco il "Bildungsfilm", il film di formazione della nostra generazione, scritto a più voci, con le nostre mani, e con centinaia di volti familiari o sconosciuti in filigrana.
Una storia di formazione non è sempre divertente, soprattutto quando si tratta dell'apprendimento della Storia in sé. Può essere un po' troppo lento qui e troppo ellittico là. Ma c'è sempre lo humour, la giusta distanza e la serietà. Ci sono le delusioni, le strade sbarrate, le stupidaggini retrospettive. Ma alla fine si è molto più forti e meglio armati che all'inizio. Fine dell'adolescenza. Chris Marker fa degli adulti, senza sogghignare sulla giovinezza.
"Il tempo sottratto all'azione fa talvolta guadagnare tempo all'azione" diceva Althusser. Le quattro ore che sottrarrete alla vostra vita per andare a vedere Le fond de fair est rouge vi faranno guadagnare del tempo prezioso per il futuro.
(Régis Debray, "Le fond de l'air est rouge, l'apprentissage de notre génération" pubblicato in Rouge, n° 535, 28 dicembre 1977; poi in "Images Documentaires", n°15, 4° trimestre 1993) |
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Critica (4): | LE FOND DE L'AIR EST ROUGE
Conclusione (1993)
Immaginate adesso che chi ha fatto questo montaggio nel 1977 si veda offrire all'improvviso la possibilità di vedere le sue immagini dopo un lungo intervallo di tempo. Potrebbe essere ad esempio il 1993, quindici anni dopo, lo spazio di una giovinezza, l'età che avevano molti protagonisti di quell'anno leggendario, il 1968...
Potrebbe meditare sul tempo che passa e misurarne i cambiamenti con uno strumento molto semplice: enumerando le parole che non avevano semplicemente alcun senso per la gente degli anni Sessanta. Parole come Boat people, AIDS, Thatcherismo, Ayatollah, Territori occupati, Perestroika, Coabitazione, o la sigla che sostituisce "URSS" e che nessuno del resto riesce a ricordare: CSI.
La potente e così temuta Unione Sovietica aveva infatti cessato di esistere. La parola magica di questa transizione era stata prima "Diritti dell'Uomo", adesso era "Economia di Mercato". Il terrorismo aveva sostituito il comunismo in quanto incarnazione del Male assoluto. Chi poteva ancora capire che in una certa epoca non era poi tanto un male sequestrare un ambasciatore americano se ciò serviva a liberare una giovane brasiliana dai suoi carnefici?
Adesso il Brasile è una democrazia. Anche il Cile, fino a un certo punto. II sogno comunista è imploso. Il capitalismo ha vinto una battaglia, se non la guerra. Ma una logica paradossale fa sì che alcuni dei nemici più dichiarati del totalitarismo sovietico, quegli uomini della Nuova Sinistra ai quali questo film è in gran parte dedicato, siano stati trascinati nello stesso vortice. Rivincita degli stalinisti: la loro opposizione di sinistra è morta con loro. Erano legati dialetticamente, come lo scorpione alla tartaruga, ricordatevi di Orson Welles: era il loro carattere.
Così il nostro autore si meraviglierebbe delle risorse della Storia che ha sempre più immaginazione di noi... Penserebbe alla fine del film così come l'aveva concepita nel 1977, quando paragonava il traffico di armi delle grandi potenze a quei selezionatori volanti il cui compito era quello di limitare le popolazioni di lupi a una cifra accettabile. Indovinate chi armano adesso...
Un pensiero consolante tuttavia: quindici anni dopo, c'erano sempre dei lupi.
(Tratto da Chris Marker, a cura di Bernard Eisenschitz, Pesaro Film Festival 1996, D. Audino Editore) |
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