Chiamavano Bilbao (La) - Bilbao
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Regia: | Luna Bigas |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Bigas Luna; fotografia: (eastmancolor) Pedro Aznar, scenografia: Carlos Riart; costumi: Consol Tura; montaggio: Anastasi Rinos; interpreti: Angel Jove (Leo), Isabel Pisano (Bilbao), Maria Martin (Maria), Francisco Falcon (l'amante d Bilbao), Jordi Torras (lo zio di Leo), Marta Molins, Pep Castello, Betty Bigas Luna; produzione: Pepon Caromina per Figaro Films - Ona Films, Barcellona (Spagna 1978); distribuzione: Euramerica; durata: 92' |
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Trama: | Leo, un uomo di mezza età con problemi psichici, gira per la città dove, armato di cinepresa e macchina fotografica, riprende tutto ciò che gli sembra realtà. Un giono viene colpito da Bilbsao, cantante-spogliarellista e prostituta. Si mette a seguirla con prudenza per non farsi notare dal suo protettore Pimp e ne annota i movimenti. Poco a poco Leo matura il progetto di rapire BIlbao. Ma durante l'impresa, la donna, narcotizzata, batte il capo e muore. |
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Critica (1): | La cinepresa indugia spesso su alcuni particolari, di per sè banali, quasi volesse scoprire in essi un significato secondo. Lente panoramiche su spazzolini, dentifrici, sapone da barba e rasoi, televisori, radio, magnetofono e giradischi, forbici e colla, penne e matite, ritornando con insistenza, rivelano l'intenzione del regista di andare oltre l'oggetto, di stabilire legami e rapporti che, superata la soglia dell'apparenza, rivelino la vera natura delle cose. Tenendo conto di queste indicazioni forniteci dall'autore, bisogna verificare entro quali limiti il film si muova e fino a che punto riesca a chiarire i problemi presi in esame. Leo, giovane trentenne dalle strane tendenze erotiche, si è stancato dei giochi sado-masochisti di Maria, l'anziana ma ben tenuta zia con la quale vive. Invaghitosi di Bilbao, procace spogliarellista che arrotonda lo stipendio prostituendosi, è ossessionato dal desiderio di averla tutta per sè: dapprima altalenando tra voyeurismo e feticismo, si limita a spiarla e a raccogliere, registrare e catalogare oggetti di ogni tipo: fotografie, frammenti di voce, mutandine, reggiseni, calze. Poi. dopo averla narcotizzata, la rapisce e la conduce in un "laboratorio" appositamente attrezzato. Qual'è la molla che spinge il giovane ad approppiarsi di Bilbao? Forse il desiderio di un rapporto nuovo, più umano? Non sembra. "Lei è diversa dalle altre cose che mi appartengono", dice Leo durante il lungo delirio erotico; e aggiunge: "Non basta spedire una cartolina per averla". Bilbao dunque è una cosa, un oggetto. e non solo nei pensieri, nei desideri di Leo, ma obiettivamente: il suo erotismo mercenario, il suo corpo rigoglioso, carne-merce che ella vende spogliandosi e prostituendosi, vorrebbero essere simbolo di una "cosificazione assoluta" in cui l'uomo è destinata ad annullarsi: Leo stesso è "cosa", strumento erotico nelle mani della zia, e può pensare a un rapporto con Bilbao solo dopo averla degradata a oggetto ("Quando è in auto mi sembra di gomma"). In tale contesto, i particolari di cui si parlava all'inizio acquistano un significato preciso: rimandano cioè a un ipotetico impero dell'oggetto, a una mercificazione programmata che non consente scampo. Il film, quindi, vuole essere un'allegoria, ci si rende conto che le intenzioni del regista rimangono tali.
II film si apre e si chiude con la medesima azione, commentata con parole pressochè identiche dal monologo interiore del protagonista "Mi sono lavato i denti. È un'operazione lunga. Mi è indispensabile tenere la bocca pulita". Siffatta mania della pulizia rimanda evidentemente una concezione peccaminosa del rapporto sessuale, che viene perciò considerato un atto sporco, che sporca e dà un senso di fastidio. Come tale, l'unione sessuale, viene rifiutata. Non a caso Leo non ha mai contatti coitali, nè con Maria nè con Bilbao, ma solo masturbatori e orali. Durante queste pratiche sessuali, inoltre, egli non partecipa attivamente e non riceve alcun piacere. La sua "estasi" erotica è denotata, in taluni primi piani, da contrazioni dolorose dei muscoli facciali, che esprimono anche disgusto. Di qui il desiderio violento di una malintesa purezza. "I peli mi danno fastidio, glieli taglierò", pensa Leo osservando Bilbao che si prostituisce dentro un'auto. E sul pube rasato di lei, egli verserà latte - quasi a volerla appunto purificare - prima di manifestare il suo erotismo implume, carico di un infantile sadismo che lo spinge a torturare inconsapevolmente la vittima, sollevandola in aria con un assurdo sistema di corde e fil di ferro. Che si tratti di una mente malata, regredita all'infanzia o mai progredita, lo dimostra anche il pianto uguale, il singhiozzare insistente di lui, che cerca rifugio sul ventre materno di Maria, dopo aver ucciso Bilbao senza neanche accorgersene. Non si può escludere che il regista intenda alludere con la sua "storia " ad alcune caratteristiche della nostra società; lo stesso nome di Bilbao vuole rimandare senza dubbio all'omonima città basca separatista. Tuttavia il rimando rimane del tutto esteriore, perchè mancano nel film elementi che ne autorizzano una lettura in chiave strettamente politica. Le allusioni sono generiche e fanno riferimento ad un' altrettanto generica violenza intesa come malattia endemica, istinto incontrollabile che porta inevitabilmente all'omicidio, alla strage, alla catastrofe: si pensi a esempio alla scena del macello, al particolare del ritaglio di giornale che raffigura un uomo crocefisso, al sangue di Bilbao inghiottito dal lavandino, Si tratta di banali luoghi comuni che non acquistano nel film significati espliciti e definiti. Il continuo monologo interiore di Leo non spiega nulla e nulla può spiegare, in quanto si limita a raccontare in modo descrittivo sensazioni e pensieri. L'indagine del regista che usa spesso panoramiche lentissime e particolari, non va oltre i meri fenomeni; il montaggio, non riuscendo a operare relazioni signficative di immagini, risulta finalizzato alla scopo di documentare. Ma la stessa documentazione è incompleta e superficiale. Lontane dallo spessore e dalla pregnanza dell'apologo, le vicende del giovane trent'enne, sessualmente immaturo e impotente psichico, si configurano piuttosto come ricostruzione, lacunosa e naturalistica, di un caso clinico.
Cinema Nuovo, Agosto 1979 |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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