Segreto di Vera Drake (Il) - Vera Drake
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Regia: | Leigh Mike |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Mike Leigh; fotografia: Dick Pope; musiche: Andrew Dickson; montaggio: Jim Clark; scenografia: Eve Stewart; costumi: Jacqueline Durran; interpreti: Imelda Staunton (Vera Drake), Philip Davis (Stan), Jim Broadbent (giudice), Heather Craney (Joyce), Peter Wight (Ispettore Webster), Adrian Scarborough (Frank), Daniel Mays (Sid), Alex Kelly (Ethel), Sally Hawkins (Susan), Eddie Marsan (Reg), Ruth Sheen (Lily), Helen Coker (Agente Best); produzione: Simon Channing-Williams per Thin Man Films-The Inside Track-Film Council- Studiocanal; distribuzione: Bim; origine: Gran Bretagna-Francia-Nuova Zelanda, 2004; durata: 125’. |
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Trama: | Il film ripercorre l'eclatante caso giudiziario di Vera Drake, donna della piccola borghesia che praticava gratuitamente aborti clandestini nell'Inghilterra degli anni '50. |
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Critica (1): | Meticoloso, gentile, accorato: tre aggettivi che si adattano contemporaneamente allo stile della regia di Mike Leigh e alle caratteristiche psicologiche della sua nuova protagonista, Vera Drake, piccola inglese di mezza età, con mani piccolissime (come racconta una delle sue pazienti) e una dedizione infinita nell'accudire famiglia e vicini di casa, parenti e ragazze nei guai. Della storia di Vera Drake (...) si sa già tutto: nel 1950, a Londra, una quieta casalinga, nel poco tempo libero che le resta dal lavoro di domestica e dalle incombenze familiari, pratica aborti senza chiedere denaro; un giorno, una ragazza finisce in ospedale per un'infezione, e Vera viene identificata e arrestata. In realtà, quello che conta è come Mike Leigh racconta questa storia, cioè come una storia qualunque, senza nulla di eccezionale, e, al tempo stesso, una storia resa assolutamente speciale dai suoi protagonisti. Da sempre, questa è la grande abilità dell'autore inglese: la capacità di scavare tra le pieghe più “normali” della società, diseredati ma non troppo, proletari e piccolo borghesi dalle spalle incurvate, nuovi ricchi petulanti e vecchi ricchi arroganti, parrucchiere, postini, fotografi, casalinghe, tassisti, cassiere, tutta quella gente il cui volto non rimane impresso nella memoria quando vi passa accanto, e di tirarne fuori l'unicità. I protagonisti di Mike Leigh sono bruttini anche quando sono belli (le ragazze di Naked e di Ragazze, le donne di Bleak Moments e di Dolce è la vita) e sono teneri fino alla bellezza anche quando sono obesi (gli adolescenti di Tutto o niente), sciattoni (il loro padre, la protagonista di Segreti e bugie), goffi e insignificanti (le famiglie di Belle speranze) (...). Leigh inquadra gesti, interni, volti con l'affetto di un osservatore asciutto ma non estraneo, sfugge la retorica e il buonismo, registra esitazioni ed espressioni e, tessendo la sua lucida “cronaca“, ci offre un preciso giudizio morale, nel quale un'intonazione della voce, uno sguardo, un'affettazione denotano baratri di classe e di genere, nel quale la violenza e il potere regolano il mondo sotto la sua superficie. Mai platealmente “politico“, mai paternalistico, Mike Leigh rischia di essere uno dei pochi cantori superstiti di una “pietà” in via di estinzione.
Emanuela Martini, Film TV n. 46, 2004 |
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Critica (2): | (...) In Vera Drake (...) si parla invece di aborti clandestini: ma il film, che proviene da un paese anglicano come l’Inghilterra, è nel contesto dal quale siamo partiti una boccata d’aria fresca, perché… non c’è un prete, in tutto il film, manco a pagarlo in sterline, e non si pronuncia mai la parola «peccato». Vera Drake è una donna che, nell’Inghilterra degli anni ’50, «aiuta» le ragazze a liberarsi di gravidanze non volute; quando viene scoperta, finisce in carcere, in virtù di una legge britannica che risaliva al 1861 e che è stata abolita solo nel 1967, in piena Swingin’London! Ma nessuno né il regista, né gli altri personaggi del film giudica Vera «per i suoi peccati»; semmai, per i suoi reati, che è una cosa lievemente diversa.
A Venezia, incontrando il regista Mike Leigh, gli abbiamo fatto i complimenti per questa scelta narrativa (e politica). Ci ha risposto: «Sono rimasto fedele allo spirito del tempo. Nella Gran Bretagna di quegli anni, il problema non era il commettere o no un peccato, l’andare all’inferno piuttosto che in paradiso. Il film parla di scelte morali in un contesto sociale. Vera vive in una società profondamente divisa in classi. Nella sua funzione di donna delle pulizie, le capita anche di “aiutare” ragazze ricche; ma per lo più le sue clienti sono povere ragazze della working-class abbandonate dal solito maschio menefreghista. Non volevo minimamente giudicare i personaggi: volevo che gli spettatori si facessero un’idea, e affrontassero dentro di sé gli interrogativi morali legati alle azioni di Vera. Non credo nella propaganda unilaterale: ogni comportamento umano ha mille sfaccettature. Solo di una cosa sono convinto: coloro che, riempiendosi la bocca di slogan post-femministi, dicono che l’aborto è una decisione che spetta all’uomo e alla donna, insieme, dicono sciocchezze. Purtroppo ce lo insegna la storia molti uomini fanno il loro comodo e poi spariscono. Le donne, in certi momenti, sono sole».
Effettivamente, Il segreto di Vera Drake (...) vede spesso in scena donne sole. Vera, nella prima mezz’ora, è una specie di fatina: lavora facendo pulizie nelle case dei ricchi, e quando torna a casa trova sempre il tempo di visitare una vicina, di cucinare per qualcuno, di fare insomma del bene. Il film ha un «twist», un salto mortale, un’impennata di sceneggiatura quando questa brava donnina si reca da una ragazza che, pare di capire, «ha un problema»: le donne si chiudono in camera, Vera toglie dalla borsa un clistere, e le sue parole di conforto alla fanciulla diventano improvvisamente sinistre. Ci si sente male, in poltrona: si è attanagliati dalla scena e al tempo stesso si spera di non vedere, né immaginare, nulla. Ovviamente Mike Leigh è un regista troppo bravo per indulgere in particolari truculenti: ciò che lascia intuire è più che sufficiente. La verità profonda del film è un’altra: si è talmente vicini a Vera, in scena quasi in ogni inquadratura, che quando una sua giovane cliente (ricca) rischia la vita e il dottore capisce tutto, e risale fino alla colpevole dell’aborto clandestino, si fa il tifo per lei. Almeno umanamente perché la sua «tecnica» è talmente arcaica, e così poco igienica, che va fermata perché non macelli altre ragazze. Ma quando i «bobbies», i poliziotti, vengono ad arrestarla, si prova pena per lei, e rabbia per i familiari che la trattano come una reietta.
Vera Drake, come sempre nel caso di Leigh, è un film di straziante verità. Non è un capolavoro. È qualcosa di più. È un viaggio nel tempo e nello spazio: sembra di essere in quella Londra anni ’50, che dalla solidarietà dei tempi di guerra sta maturando un cinismo che aprirà la strada alla Thatcher e ai finti laburisti alla Blair. È la Londra del Free Cinema, dei teddy-boys, dell’alba del rock’n’roll, dei primi scontri razziali a Notting Hill, dei giovani arrabbiati. Da oggi è anche la Londra di Vera Drake, il contraltare proletario e dark di Mary Poppins: quella era una bambinaia, questa è una mammana, ma lo fanno entrambe per amore, e non si sa quale, delle due, sia più terribile.
Alberto Crespi, L’Unità, 6/11/2004 |
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