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Noi credevamo


Regia:Martone Mario

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo di Anna Banti - Giancarlo De Cataldo, Mario Martone; sceneggiatura: Giancarlo De Cataldo, Mario Martone; fotografia: Renato Berta; musiche: Hubert Westkemper; musiche: brani di Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini, Gioacchino Rossini eseguite dall'Orchestra sinfonica della Rai di Torino diretta da Roberto Abbado; montaggio: Jacopo Quadri; scenografia: Emita Frigato; costumi: Ursula Patzak; interpreti: Luigi Lo Cascio (Domenico), Valerio Binasco (Angelo), Francesca Inaudi (Cristina di Belgiojoso, giovane), Andrea Bosca (Angelo da giovane), Edoardo Natoli (Domenico da giovane), Luigi Pisani (Salvatore), Andrea Renzi (Sigismondo di Castromediano), Renato Carpentieri (Carlo Poerio), Guido Caprino (Felice Orsini), Ivan Franek (Simon Bernard), Stefano Cassetti (Carlo Rudio), Franco Ravera (Antonio Gomez), Michele Riondino (Saverio), Roberto De Francesco (Don Ludovico), Toni Servillo (Giuseppe Mazzini), Luca Barbareschi (Antonio Gallenga), Fiona Shaw (Emilie Ashurst Venturi), Luca Zingaretti (Francesco Crispi), Alfonso Santagata (Saverio o'trappetaro), Peppino Mazzotta (Carmine), Anna Bonaiuto (Cristina di Belgioioso); produzione: Carlo Degli Esposti, Conchita Airoldi e Giorgio Magliulo per Palomar in collaborazione con Feltrinelli-Rai Cinema-Rai Fiction in coproduzione con Les Films D'ici, con la partecipazione di Arte France; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2009; durata: 170’.

Trama:Domenico, Salvatore e Angelo, tre ragazzi del Sud Italia testimoni della feroce repressione borbonica dei moti del 1828, decidono di affiliarsi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Le loro esistenze, sospese tra rigore morale e pulsione omicida, spirito di sacrificio e paura, carcere e clandestinità, slanci ideali e disillusioni politiche, si svolgeranno sullo sfondo della più sconosciuta storia dell'Unità d'Italia e verranno segnate tragicamente dalla loro missione di cospiratori e rivoluzionari.

Critica (1):Il Risorgimento come 'passato che non passa', radice se non specchio deformato del nostro presente, album di famiglia già dotato di tutti i tipi e le tendenze che popolano la vita pubblica italiana. (...) Noi credevamo non è solo un magnifico affresco che rovescia come un guanto ciò che credevamo di sapere sulla nascita della nostra nazione rendendo queste figure più vive che mai. È una rassegna commossa e insieme spietata di intrighi ed orrori, occasioni mancate e lotte fratricide, che scava nell'eterna distanza fra Nord e Sud, aristocratici e borghesi, estremisti e moderati, monarchici e repubblicani. Tre ore di film, quattro atti, trent'anni di storia e di storie, un gruppo di amici del Cilento che spera, lotta, invecchia, si divide, sprofonda nella follia o nel disincanto.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 12/11/2010

Critica (2):Opera piena di energia, di ardita gente giovane, di ragazzi rivoltosi; e insieme storia di una sconfitta, film tragico. Noi credevamo (il titolo è di Anna Banti) di Mario Martone, realizzato per la Rai nel molto celebrato centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, arriva a compiere un'impresa molto difficile, intellettualmente onesta: raccontare il Risorgimento senza esaltazioni d'occasione ma per quanto fu per i protagonisti: una delusione profonda. Ancora oggi resistono i conflitti mai superati di allora: conflitto tra Nord e Sud del Paese, tra conservatorismo autoritario e democrazia libertaria, tra padronato e proletariato. La fine del potere temporale dei papi e la nascita della Repubblica, unici sostanziosi mutamenti istituzionali, hanno preteso molto tempo e restano imperfetti. Il lavoro culturale compiuto da Martone è davvero ammirevole. Il film, basato su tre personaggi e diviso in quattro periodi, parlato in molti dialetti e diverse lingue, mutilato di circa mezz'ora rispetto alla versione originale, di stile ineguale, non ha nulla di scolastico né di esaustivo (mancano gli austriaci e l'Austria, mancano il 1848 e il 1860 delle Cinque Giornate di Milano e dell'impresa dei Mille). Analizza il 1828 -1834 della carboneria meridionale; il 1852-1855 degli anni di detenzione subìti dai patrioti; il 1856-1858 degli attentati dinamitardi a Parigi; l'alba della Nazione. Non mancano gli opportunisti voltagabbana Francesco Crispi e Antonio Gallenga (Luca Zingaretti, Luca Barbareschi). Giuseppe Mazzini, consumato dal fuoco della politica, interpretato da Toni Servillo in una versione quasi terroristica, dopo il lungo esilio morì clandestino in patria nel 1872, a Pisa, sotto lo pseudonimo di dottor Brown.
Lietta Tornabuoni, L’Espresso

Critica (3):Una controstoria del Risorgimento articolata in quattro episodi della durata cinematografica di tre ore, dopo che 35 minuti sono stati limati rispetto alla proiezione alla Mostra di Venezia, dove il film partecipava in concorso. (...) Nel suo intento antiretorico Martone accantona ogni spettacolarità, evita ogni respiro epico e sceglie di sottrarre alla vista del pubblico episodi chiave del Risorgimento: una scelta etica, oltre che artistica, ma di elevato rischio comunicativo, prima ancora che commerciale. E se il regista riesce a sottrarre figure come Mazzini o Crispi all'iconografia da sussidiario, pecca talvolta di eccessivo rigore didascalico nei dialoghi, facendo presagire che Noi credevamo funzionerà al meglio sul piccolo schermo, nel solco della grande televisione didattica di Roberto Rossellini. (...)
Paola Casella, Il Sole 24 Ore, 12/11/2010

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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