Pusher III - I'm The Angel Of Death
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Regia: | Refn Nicolas Winding |
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Cast e credits: |
Soggetto: Nicolas Winding Refn; sceneggiatura: Nicolas Winding Refn; fotografia: Morten Søborg; musiche: Peter Peter; montaggio: Anne Østerud; scenografia: Rasmus Tjellesen; interpreti: Zlatko Buric (Milo), Marinela Dekic (Milena), Ilyas Agac (Piccolo Mohammed), Gitte Dan (Lis),
Dan Dommer (Gamle), Ramadan Huseini (Rexho), Levino Jensen (Mike), Slavko Labovic (Radovan), Kujtim Loki (Luan), Marek Magierecki (Mitja), Kurt Nielsen (Kusse-Kurt), Karsten Schroder (Rode), Hakan Turan (Ali), Susan Petersen (Marie); produzione: Henrik Danstrup per Nwr Productions Aps, in collaborazione con Nordisk Film Production A/S; origine: Danimarca, 2005; durata: 104’. Vietato 14 |
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Trama: | Milo è un serbo di mezza età che, dietro un'apparenza rispettabile, nasconde il fatto di essere uno dei più importanti boss della droga a Copenhagen. Proprio mentre è immerso nei preparativi per la festa che sta organizzando in occasione dei venticinque anni di sua figlia, Milo vede la sua posizione messa in serio pericolo da alcuni giovani immigrati albanesi che stanno tentando di scalzarlo dalla sua posizione dominante nel traffico degli stupefacenti della città. Lo attendono 24 ore terribili in cui Milo deve continuare a sembrare tranquillo festeggiando sua figlia, mentre intanto deve lottare senza esclusione di colpi per non perdere il predominio e, nello stesso tempo, deve frequentare gli incontri dei "Tossicodipendenti Anonimi" perché rischia di ricadere nel vizio. |
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Critica (1): | Girato a ridosso di Pusher II e concepito quale tassello conclusivo della trilogia, Pusher III presenta, a detta dello stesso Refn, una struttura più sperimentale di quella dei primi due capitoli. In effetti l’andamento fortemente episodico e sfrangiato che caratterizzava i pannelli precedenti lascia il posto a un impianto molto più concentrato e cronologicamente stringente (tutto si svolge nell’arco di ventiquattro ore), con la festa di compleanno della figlia Milena (Marinela Dekic) a fare da spina dorsale della narrazione. Sembrerebbe l’esatto contrario di un approccio più sperimentale, eppure la presenza di questo evento portante offre a Refn la possibilità di spaziare liberamente senza perdere il passo narrativo.
Ad accelerare il già serrato ritmo di Pusher III si occupa un montaggio marcatamente sincopato (Anne Østerud e Miriam Nørgaard) che elide i tempi morti e raccorda con spigolosa secchezza i momenti forti dell’intreccio. Grazie a questi accorgimenti - e alla robusta prova dell’ormai familiare Zlatko Buric (Milo) - Refn può zigzagare da una situazione all’altra con impressionante disinvoltura, entrando e uscendo dall’evento principale senza rallentare l’andatura e dover ricaricare le pile a ogni nuova sequenza. (...) Il meccanismo drammatico è basato sulla reazione a catena: andato male il primo affare (l’arrivo dell’ecstasy anziché l’eroina), l’equilibrio iniziale degenera progressivamente complicandosi di brutto. Si disegna un crescendo sempre più angosciante e cruento che sfocia nel bagno di sangue del prefinale, durante il quale il redivivo Radovan (Slavko Labovic, già visto in azione nel primo Pusher) macella i corpi dei due criminali accoppati in precedenza da Milo. Su questa progressione incalzante si innestano gustosissime divagazioni (l’intossicazione alimentare causata dalla letale cucina di Milo, le contrattazioni sul prezzo dell’eroina con la figlia, l’incontro con Kusse-Kurt nel ristorante) che danno a Pusher III un aroma vagamente cassavetesiano (fatte le debite proporzioni, il riferimento è L’Assassinio di un allibratore cinese).
L’ultimo capitolo chiude in bellezza la trilogia anche dal punto di vista squisitamente stilistico: se già in Pusher II si notava il miglioramento di Refn nell’uso della cinepresa e degli spazi, in Pusher III queste qualità si fanno ancora più evidenti. Nørrebro, quartiere multiculturale di Copenaghen in cui si svolge l’azione, è descritto con puntuale esattezza e la steadicam talvolta si svincola da Milo per avvicinarglisi da una distanza sensibile o per girargli intorno vorticosamente. E se il graffiante sound design interagisce efficacemente con i rumori d’ambiente, nei dialoghi tra Milo, Rexho (Ramadan Huseini) e il magnaccia polacco la tensione psicologica sale alle stelle. Finale desolatissimo, con Milo sul bordo di una piscina vuota a rimuginare sulla squallida vacuità delle sue peripezie.
Alssandro Baratti, spietati.it |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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