Nonna - Yaaba
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Regia: | Ouedraogo Idrissa |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Idrissa Ouedraogo; fotografia: Matthias Kaelin; musica: Francis Bebey; suono: Jean-Paul Mugel; montaggio: Loredana Cristelli; interpreti: Fatimata Sanga, Noufou Ouedraogo, Roukietou Barry, Adama Ouedraogo, Amadé Touré, Sibidou Ouedraogo, Adama Sidibé; produzione: Arcadia Films-Thelma Film-Les Films de l'Avenir Tèlévision Suisse Romande, Zweites Deutsches Feznsehen, distribuzione: IMC; durata: 90'; origine: Burkina-Faso/Francia/Svizzera, 1988. |
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Trama: |
In lingua mooré yaaba sta per nonna. Così il piccolo Bila chiama Sana, una vecchia che vive in solitudine, emarginata dai compaesani perché in odore di stregoneria
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Critica (1): | Yaaba in lingua mooré significa nonna. Yaaba è anche il nome che Bila, un ragazzo di dodici anni, dà a Sana, una vecchia abbandonata ed emarginata da un intera villaggio. Yaaba è soprattutto la storia di un'amicizia che nasce e cresce tra due esseri in una società contadina primitiva, in cui noi scopriamo l'uomo così com'è, buono, cattivo, generoso, intollerante. Yaaba ha come punto di partenza il ricordo di un racconto della mia infanzia, e di una forma di educazione notturna che da noi si acquisisce tra i sette e i dieci anni, prima di dormire, quando si ha la fortuna di avere una nonna.
Idrissa Ouedraogo, dal Catalogo della Quinzaine des Realisateurs, Cannes, 1989. |
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Critica (2): | In occasione di Cannes '88 si era lodato su queste pagine Yam Daabo (La scelta), notevole opera prima del regista del Burkina Faso. Dotato di un budget più rilevante (sono intervenuti capitali e tecnici francesi e svizzeri), Yaaba si muove su standard già calibrati per un mercato internazionale, pur rimanendo all'interno di una cultura che ostenta con fierezza la propria "africanità" (in maniera non dissimile dal parimenti ammirevole Yeelen di Cissè). Attraverso lo sguardo limpido e attento di un bambino che ha perso la madre e trova un sostituto anche magico in una vecchia emarginata perché in odore di stregoneria, il regista, basandosi su una serie di ricordi d'infanzia, ricostruisce con affetto la vita di un villaggio mooré, la sua quotidianità, la sua "commedia umana". I personaggi che lo animano, mariti bisbetici e madri forti, ubriaconi e fedifraghe, stregoni in malafede e falsi ciechi, comprimari e semplici testimoni, sono tratteggiati con la freschezza dello schizzo, ad attribuire spessore prospettico ai primi piani a tutto tondo degli incantevoli Bila e Napoko, due quasi adolescenti diretti con felicità commenciniana, della stilizzata ed eterea Yaaba, insieme totemica e domestica. Sullo sfondo, una natura inedita e affascinante, sospesa tra i poli di sopravvivenza del villaggio e del fiume, tra quelli magici della casa della vecchia, luogo della fantasia, e del cimitero, luogo di un ricordo sottratto alla drammaticità che la cultura occidentale attribuisce alla morte. L'ottica con cui Ouedraogo ci restituisce questo microcosmo, i suoi riti e la sua normalità familiare, è quella, tenera, della distanza temporale ma anche della tolleranza. Facendo propria una frase con cui la nonna si rivolge al bambino che stigmatizza la donna che abbandona il marito impotente, il regista potrebbe dire: "Non li giudicare. Hanno le loro ragioni".
Paolo Vecchi, Cineforum n. 285, giugno 1989. |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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