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Mare largo


Regia:Orgnani Vicentini Orgnani

Cast e credits:
Soggetto
: Francesco Biamonti; sceneggiatura: Lorenzo Favella, Ferdinando Vicentini Orgnani; fotografia: Franco di Giacomo; musiche: Franco Piersanti; montaggio: Jacopo Quadri; interpreti: Claudio Amendola (Edoardo), Isabella Ferrari (Clara), Catherine Wilkening (Annick Riffaud), Liberto Rabal (Manuel), Andreja Blagojevic (Visnja, interprete di Edoardo), Rade Serbedzija (Françoise), Giovanni Visentin (Enrico), Francesco Carnelutti (Giovanni), Josif Tatic, Lello Giulivo, Federico Pacifici, Franco Trevisi, Tonino Taiuti, Giuditta Del Vecchio, Paolo De Vita; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia, 1998; durata: 95’.

Trama:Edoardo, capitano di lungo corso, torna dopo mesi di assenza ad Apricale, paese ligure arroccato tra pietre e ulivi al confine con la Francia. Ad attenderlo c'è Clara che spera sia arrivato il momento di iniziare una vita in comune. Ma Edoardo non riesce ad affrontare un passato oscuro e difficile carico di sensi di colpa: Clara era fidanzata con il fratello morto. Accetta quindi la proposta di un altro imbarco per conto della Legione Straniera.

Critica (1):A 34 anni Ferdinando Vicentini Orgnani è approdato alla prima esperienza di Regia con Mare largo, dopo il diploma al Centro Sperimentale, alcuni documentari e una serie di esperienze tra Stati Uniti (ha studiato musica a Louisville, Kentucky) e Italia (è vissuto tra Venezia e il Friuli e vanta anche precedenti in teatro). Il film, tratto da un romanzo di Francesco Biamonti, costituiva un’impresa produttivamente rischiosa, essendo ambientato in diverse città di mare sul Mediterraneo e poi su una nave che trasporta un carico di armi nella Bosnia.
«Ho voluto evidenziare la mescolanza di culture, lasciando che ogni personaggio mantenesse la propria identità e, nei limiti del possibile, la propria lingua. Ho cercato di dare il senso di un’Europa che sta cercando di unirsi nonostante le diversità di linguaggio e nonostante una recente guerra che nessuno avrebbe previsto dieci anni fa, una guerra molto strana alla fine di un secolo pieno di conflitti».
La trama del film assume toni da tragedia greca, con un senso di predestinazione e una coazione a ripetere entro un percorso che sembra già delineato.
“Il protagonista si fa trascinare da un passato che non riesce a superare, all’inizio del film subisce quello che gli accade intorno con un atteggiamento ambiguo e passivo. Il viaggio in mare verso la Jugoslavia, il rapporto con i marinai e l’incontro con la ragazza segnata dalla guerra gli restituiranno un senso della vita che sembrava perduto. Anche il senso di colpa è determinante nelle motivazioni del protagonista, rappresenta per certi versi il motore dell’azione e lo spinge ad imbarcarsi in un viaggio verso l’ignoto; è un percorso annunciato da diversi elementi nel corso della storia (tra gli altri il canto della donna irlandese ascoltato in un bar), mentre possono sorprendere le modalità con cui il destino gli si manifesta”.
È stato difficile lavorare con un cast così variegato, di varie nazionalità? «Non particolarmente: siamo stati molto attenti a caratterizzare e conferire dignità anche ai personaggi minori e gli attori sono stati tutti molto bravi. Liberto Rabal e Catherine Wilkening hanno adorato la sceneggiatura sin dall’inizio per la storia di mare, avventurosa e accattivante. Rade Serbedzija è stato straordinario, gli piace lavorare con gli esordienti; due settimane prima di arrivare da noi era sul set di Kubrick, con cui si è molto divertito.»
L’opera d’esordio di Ferdinando Vicentini ci porta da un estremo all’altro del Mediterraneo, presentandoci personaggi di diverse culture e provenienze che sembrano ignorare l’appartenenza ad uno stesso humus, quel minimo comune culturale che la presenza di uno stesso mare dovrebbe sedimentare, e che nazionalismi ed egoismi finiscono col distruggere. Il film inizia col ritorno a casa del marinaio Edoardo (un intenso e dolente Claudio Amendola), termina con una fuga da un paese, la Bosnia, dilaniata da una guerra che sembra lasciare indifferenti. Il film ha una trama fitta, corposa, una narrazione scorrevole anche se avara di invenzioni di regia o di picchi emotivi che rendano le vicende dei protagonisti emblematiche, che facciano scattare un meccanismo di identificazione. Gli eventi sono anticipati a volte da racconti o da canti, sono reiterati sulla scia di avvenimenti/avvertimenti del passato o del presente (il mistero che avvolge la morte del marinaio Gerber, la morte violenza del fratello di Edoardo, che solca i mari trasportando droga), che nulla insegnano e che sembrano destinati a ripetersi all’infinito. Il personaggio di Edoardo è in fuga da se stesso e dal proprio mondo, una città di mare quasi al confine con la Francia dove ha lasciato l’amante Clara (Isabella Ferrari). Insoddisfatto, Edoardo si divide tra sentimenti di lealtà all’ambiguo Riffaud, armatore franco-russo che gli propone di guidare una navigazione illecita e rischiosa, e tradimenti - la moglie dell’armatore gli si offre per vendicarsi del marito che ha mandato a morire Gerber, simbolicamente per passargli il testimone del pericolo (o vuole semplicemente convincerlo ad accettare il lavoro?). Il senso di colpa più opprimente deriva però dalla relazione con Clara, che si scoprirà essere moglie del fratello, e dalla morte di quest’ultimo: con un simile fardello, appare quasi scontato come, nonostante ritrosie e perplessità, si ritrovi a solcare il Mediterraneo sfidando l’embargo internazionale con un carico d’armi dirette in Bosnia ed un equipaggio ignaro del pericolo. La navigazione assume connotati via via più drammatici, con l’armatore (Rade Serbedzija di Prima della pioggia) che si eclissa e l’equipaggio che scopre la natura del carico, sino all’arrivo in un porticciolo dove la guerra ormai incalza.a E’ questo uno dei momenti più interessanti del film, per l’instaurarsi di nuovi contatti tra Edoardo e una giovane bosniaca, la cui famiglia e la cui vita sono state distrutte dalla guerra, ma soprattutto per la descrizione del quartier generale della milizia cui le armi sono destinate: l’arrivo alla fortezza dopo il lungo e tormentato viaggio, anche interiore, del capitano, l’incontro con il capo della milizia rimandano a cuori di tenebra poco esplorati dal cinema italiano, anche se l’insieme andava supportato con un ritmo più sostenuto ed una conclusione meno incerta. Un’opera comunque coraggiosa, che lascia ben sperare per il regista esordiente.
Mario Mazzetti, Vivi il cinema n. 65, marzo-aprile 1998

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Vicentini Orgnani
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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