Likemeback
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Regia: | Guerra Seràgnoli Leonardo |
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Cast e credits: |
Soggetto e sceneggiatura: Leonardo Guerra Seràgnoli; fotografia: Gian Filippo Corticelli; musiche: Alva Noto; montaggio: Alice Roffinengo; scenografia: Emiliano Guse; costumi: Duska Nesic Drazic; suono: Daniela Bassani, Marzia Cordò, Stefano Grosso, Paolo Giuliani; interpreti: Denise Tantucci (Carla), Angela Fontana (Danila), Blu Yoshimi (Lavinia), Goran Markovic (Josko), Carolina Pavone, Guglielmo Pinelli; produzione: Fabrizio Donvito, Leonardo Guerra Seràgnoli, Nicola Lusuardi, Ines Vasiljevic per Essentia, Nightswim, Indiana Production Company con Rai Cinema, coprodotto con Antitalent Produkcija; distribuzione: Nightswim in collaborazione con Altri Sguardi; origine: Italia-Croazia, 2018; durata: 80’. |
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Trama: | Lavinia, Carla e Danila hanno appena finito il liceo e partono insieme per una vacanza in barca a vela. Sono sole con i loro telefonini e uno skipper, in viaggio lungo le coste della Croazia, piene di sogni, libertà, spensieratezza e inconsapevoli che condividere tutto sui social media trasformerà la loro vacanza in un brutale rito di passaggio all'età adulta in cui nulla, soprattutto la loro amicizia, sarà mai più come prima. |
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Critica (1): | Selfie. Like. Stories. Visualizzazioni. Instagram. Facebook. Twitter. Tinder. È il mondo che vivono h24 queste tre giovani amiche che, per festeggiare la fine del liceo, hanno deciso di fare una vacanza in barca in Croazia.
Il luogo però non conta, l’importante è avere in mano un telefonino di ultima generazione che prenda ovviamente anche sulle spiagge più isolate. Al mare e ai paesaggi infatti le tre diciannovenni interpretate da Angela Fontana, Blu Yoshimi e Denise Tantucci, preferiscono di gran lunga lo schermo del telefonino, guardato in maniera a dir poco ossessiva-compulsiva.
Per loro, smartphone “addicted” e followers dipendenti, le gioie e le emozioni più grandi non arrivano di certo da un tramonto, ma dal raggiungimento di “30mila fan ovvero 3K” (traducendo, per chi appartiene ancora al mondo analogico, 30mila seguaci del tuo profilo che, per gli aspiranti fashion blogger o influencer, è davvero un bel traguardo).
Quell’incomunicabilità descritta meravigliosamente da Antonioni nella sua trilogia dei primi anni sessanta (L’avventura, La notte e L’eclisse) è forse diventata ancora più grave nell’attuale generazione.
L’opera seconda di Leonardo Guerra Seràgnoli, Likemeback, ci mette in guardia su quella mancanza di dialogo, che non è poi tanto “back”. Non riguarda più solo la coppia (come in Antonioni) ma si è allargata, si è estesa e diffusa, facendosi universale.
Nella dicotomia tra realtà e illusione, isolamento e ubiquità (virtuale), apertura verso gli altri e egocentrismo, empatia e narcisismo sono i secondi ad avere la meglio e a prevalere.
È un mondo cieco, annoiato, ombelicale e claustrofobico, che non vede la bellezza, quello che ci configura questo film. C’è una via di fuga? Forse. Basta alzare gli occhi dallo schermo e guardare ciò che ci circonda.
Di fatto, Carla (Denise Tantucci, ora impegnata sul set di Nanni Moretti) è l’unica che in qualche modo lo farà. Causa di forza maggiore: le è caduto il cellulare in mare. Una mancanza, un’assenza che però le permetterà di essere l’unica presente nel qui e ora e non persa nell’estemporaneità della rete.
Lei è la sola che esce per strada e va a farsi una passeggiata, che riesce ad avere un rapporto umano con lo skipper della barca, interpretato da Goran Markovic, e che vive liberamente la propria vacanza.
Dai fili ondivaghi della rete però sembra non esserci alcuno scampo e anche Carla ne sarà (suo malgrado) risucchiata diventandone vittima. “Quant’è bella giovinezza…del doman non v’è certezza” diceva un verso della Canzona di Bacco composta da Lorenzo de’ Medici.
Ancor meno prevedibili sono le derive che ci saranno con i social. Tra tanti dubbi e domande che restano, c'è però una sicurezza: questo film, per rimanere in tema, merita un bel like.
Giulia Lucchini, cinematografo.it |
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Critica (2): | Crescere nell’era degli smartphone implica necessariamente un rapporto con la tecnologia abnorme, soprattutto perchè ancora acerbo, smarrito in assenza di istruzioni, e che gravita nell’orbita del patologico. Likemeback, opera seconda di Leonardo Guerra Seràgnoli dopo Last Summer, si interroga proprio di questo: l’anomalia digitale al tempo dei social, uno strumento di condivisione che non trova limiti e dilaga nell’invadenza. Danila (Angela Fontana), Lavinia (Blu Yoshimi) e Carla (Denise Tantucci) sono tre ragazze in vacanza su una barca (...) lungo le coste della Croazia, in compagnia di uno skipper e dei loro inseparabili telefoni, del quale sono, chi più chi meno, succubi, in una competizione permanente di visibilità che vuol dire autostima, ma che forse è soltanto un metodo per ridurre l’insicurezza, una compagna degli adolescenti di ogni epoca.
Al di là della storia in sé, che arriva alle conseguenze logiche di una malattia che si sviluppa senza sintomi né disturbi, inconsapevolmente, anzi con il sorriso ed i corpi abbronzati delle ragazze, trovano giocoforza spazio delle domande che rimarranno inevase. Non per una lacuna del film ma per l’estrema attualità delle stesse, che ancora faticano a trovare delle risposte adeguate. Sono le grandi questioni del contemporaneo, dai cambiamenti avvenuti a livello interpersonale attraverso l’utilizzo di un medium, diventato protesi, al cambio di prospettiva lavorativa, ai modelli da seguire come ispirazione per assecondare la propria ambizione. Non che i valori siano totalmente scomparsi. Sono lì, affievoliti, depotenziati, inutili e pericolosi e vulnerabili e mal s’adattano alla patina di rispetto multimediale che esige l’esibizione glamour dell’esistenza, una seconda identità digitale che si immagina perfetta ma che comincia già a mostrare la corda, ad essere compromessa e non immacolata. Ragazze che incrociano le dita per rimanere in vetrina, circondate dai like verso cui sono protese in ansiosa aspettativa, proiettate comunque altrove, agli amori lontani, ad un viaggio futuro, con il presente disintegrato incessantemente in una foto da condividere su instagram, che diventa immediatamente passata ed incolore.
L’amicizia è il valore maggiormente tirato in ballo, sovente indicato come ancora di salvezza, riferimento imprescindibile ma che nella vita, come nel film, può essere la fonte delle delusioni più forti proprio in virtù della sua importanza. Lo sviluppo della storia metterà in crisi l’unione delle ragazze, seminando dei piccoli indizi nelle gelosie reciproche, nelle invidie innocenti, in fondo principalmente inconprensioni, per preparare il campo ad un finale pronto per esplodere nelle recriminazioni. Che porta dunque inevitabilmente a considerare alcuni comportamenti delle protagoniste quasi involontari, incomprensibili, insensati quanto lo sono gli sbagli tipici di un’età inquieta, ingiustificabili con il metro razionale, ma che possono trovare un senso nei gesti sembrati insignificanti, nelle piccole mancanze d’attenzioni. La colonna sonora è firmata da Alva Noto, già autore di quella di Revenant di Iñárritu, una scelta interessante che garantisce ad alcune scene una potenza che va oltre la semplice funzione di supporto.
Antonio D’Onofrio, sentieriselvaggi.it, 28/3/2019 |
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Critica (3): | Ancora una prigione in mezzo al mare per mettere a nudo i desideri, le speranze, la realtà dei personaggi e del mondo che tenta di indagare. È ambientato di nuovo su una barca - questa volta sperduta nel mare della Croazia - il secondo film di Leonardo Guerra Seràgnoli. Il giovane regista romano, dopo l’ambizioso Last Summer, che racconta un momento doloroso fra una mamma e il proprio figlio che hanno solo quattro giorni per dirsi addio, torna al cinema con Likemeback, selezionato al Festival di Locarno nella sezione Cineasti del presente e in uscita il 28 marzo con Nightswim in collaborazione con Altri Sguardi.
Una storia profondamente legata a quella raccontata nel film d’esordio non solo per l’ambientazione, ma anche e soprattutto per l’urgenza di mostrare quali misteriose dinamiche possano scattare tra individui che pensano di conoscersi ma faticano a dialogare anche con loro stessi. In Likemeback c’è anche di più, perché la storia di queste tre ragazze che partono in barca da sole per festeggiare la fine del liceo si alimenta anche del mondo dei social network. “Un universo ancora misterioso in tanti suoi passaggi - spiega il regista - che ha reso molto più complicata anche la vita reale, perché è una sorta di terra di nessuno in cui ci sono delle regole ma non delle norme. E io volevo raccontare proprio questo: quali possono essere le conseguenze dell’uso superficiale dei social, la difficoltà per chi li utilizza di autoregolamentarsi, e i potenziali effetti di questi problemi nei rapporti d’amicizia di oggi che sono in piena evoluzione e sono caratterizzati da una promiscuità di relazioni reali e virtuali simultanee e complesse e quindi ancora alla ricerca di regole etiche chiare”.
Per farlo Seràgnoli si concentra sui soggetti attualmente più vulnerabili quando si parla di social e cyberbullismo: tre donne giovani, sole (per la prima volta lontane dalla scuola e dalla famiglia), ma legate a doppio filo alla propria vita virtuale; una dimensione che prende il sopravvento proprio nel momento in cui si ritrovano a gestire il primo grande spazio di libertà della propria vita. “Ho scelto tre personaggi femminili, che rappresentano anche tre tipi di femminilità molto diverse fra loro – spiega ancora il regista – perché volevo prendere completamente le distanze da ciò che stavo raccontando. Avrei potuto scegliere tre ragazzi, maschi, della stessa età ma non sarebbe stato uguale. Avrei rischiato di mettere in scena un monologo interiore, invece volevo dare forma a un dialogo, calarmi come uno scienziato all’interno di un oggetto conosciuto solo in parte. E così ho fatto. Il progetto infatti è stato sviluppato in maniera sperimentale in uno scambio aperto e costante con le attrici, che si sono immerse nei personaggi fin dalle prime fasi della scrittura aiutandomi a dar voce alla loro generazione e a trovare lo sguardo vicino e non invadente che cercavo. Un esempio di questo lavoro faticoso ma fondamentale è stata la creazione di un profilo Instagram comune che, durante le fasi preliminari del film, ho condiviso con le attrici e grazie al quale gradualmente hanno preso forma i personaggi, in una voluta ambiguità in cui confondere continuamente persona e personaggio”.
E a dare il volto alle tre protagoniste sono tre giovani e brave attrici che si sono già fatte notare al cinema e in televisione in questi ultimi anni: Blu Yoshimi, la Cate di Piuma di Roan Johnson, Angela Fontana, una delle indimenticabili gemelle in Indivisibili di Edoardo De Angelis e Denise Tantucci, Nina in Braccialetti rossi. “Abbiamo lavorato sempre insieme – racconta Blu Yoshimi – mettendoci a confronto con personaggi dai lati estremi, che non sempre ci rispecchiavano, ma che proprio per questo ci hanno spronato a fare del nostro meglio”. “È stata come una seduta di psicoterapia – sottolinea Denise Tantucci – il mio personaggio è molto simile a me, ma proprio per questo è stato ancora più difficile capire quali fossero i confini tra il character e me; d’altronde questa promiscuità continua fra reale e virtuale, tra persona e personaggio è stata la modalità più efficace per cercare di trovare in questo film il riflesso più autentico della nostra generazione”.
Per Angela Fontana invece interpretare il suo ruolo è stato un vero e proprio tuffo in un mondo sconosciuto: “Mi sono ritrovata nei panni di una ragazza che non mi assomiglia per niente, una blogger che vive completamente immersa nella sua vita virtuale. E all’inizio è stato difficile trovare il modo per renderla credibile. Ho studiato. Mi sono documentata a fondo e ho imparato molto su un mondo che alla fine conosco pochissimo, proprio perché io i social non li utilizzo così spesso. Lavorare a questo film mi ha consentito di abbattere anche qualche pregiudizio personale in materia. Ad esempio non pensavo che le fashion blogger – quello che sogna di fare nella vita il mio personaggio – lavorassero così tanto. Da fuori sembra tutto molto più semplice. Invece è un mestiere che se fatto con costanza e serietà può essere molto più impegnativo di ciò che normalmente si può pensare da qualche foto postata su internet”.
Caratteristica portante del film è una fotografia che, insieme al montaggio, riproduce l’estetica dei social sul grande schermo: non era un’impresa facile. (…)
Caterina Taricano, cinecittà news-news.cinecitta.com, 6/8/2018 |
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Critica (4): | |
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