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Tutti lo sanno-Everybody Knows - Hame midanand


Regia:Farhadi Asghar

Cast e credits:
Sceneggiatura: Asghar Farhadi; fotografia: José Luis Alcaine; musiche: Javier Limón; montaggio: Hayedeh Safiyari; scenografia: Clara Notari; costumi: Sonia Grande; effetti: Curro Muñoz; suono: Daniel Fontrodona, Gabriel Gutiérrez, Bruno Tarrière; interpreti: Penélope Cruz (Laura), Javier Bardem (Paco), Ricardo Darín (Alejandro), Eduard Fernández (Fernando), Bárbara Lennie (Bea), Inma Cuesta (Ana), Elvira Mínguez (Mariana), Ramón Barea (Antonio), Carla Campra (Irene), Sara Sálamo (Rocio), Roger Casamajor (Joan), José Ángel Egido (Jorge); produzione: Memento Films, Morena Films, in coproduzione con Andrea Occhipinti per Lucky Red; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia-Francia-Spagna, 2018; durata: 130’.

Trama:Laura arriva da Buenos Aires con la famiglia per una celebrazione nella sua città natale. Quella che doveva essere una breve visita di famiglia verrà turbata da eventi imprevisti che cambieranno le loro vite completamente.

Critica (1):Diretto e sceneggiato da Asghar Farhardi, Tutti lo sanno racconta la storia di Laura che, in occasione del matrimonio della sorella, fa ritorno insieme ai figli nella sua città natale nel cuore di un vigneto spagnolo. Eventi inaspettati arrivano però a disturbare la sua permanenza e fanno riemergere un passato che per troppo tempo si è cercato di lasciare sepolto.
Con la direzione della fotografia di José Luis Alcaine, le scenografie di María Clara Notari, i costumi di Sonia Grande e le musiche di Alberto Iglesias, Tutti lo sanno viene così raccontato dal regista in occasione della partecipazione del film in concorso al Festival di Cannes 2018: "Quindici anni fa sono stato nel sud della Spagna. Durante quel viaggio, un una città, ho visto diverse foto di un bambino appese sui muri. Ho chiesto chi fosse e mi è stato detto che era un bambino scomparso che la sua famiglia stava ricercando. In quell'istante, ho avuto la prima idea su una trama da scrivere e l'ho tenuta a mente per anni. Ho poi buttato giù una piccola storia e solo quattro anni fa, subito dopo le riprese di Il passato, ho cominciato a considerarla come il mio nuovo progetto da portare avanti e sviluppare, dedicandomi finalmente alla sceneggiatura. Posso dunque affermare che è nato tutto allora, da quel viaggio. Due cose, per la verità, mi hanno allora colpito particolarmente: in primo luogo, l'atmosfera e la cultura della Spagna; in secondo luogo, la vicenda del bambino, che poi mi ha dato il la.
Tutti lo sanno non è ambientato a Madrid ma in un piccolo paese per una precisa scelta: in un paese in mezzo alla natura i rapporti umani sono molto diversi da quelli che si intrattengono in città. Siamo lontani dal caos e dalla confusione della metropoli, in un'atmosfera avvolta quasi dalla nostalgia. Qui, gli esseri umani sono molto più vicini: dato il numero ridotto di abitanti, tutti si conoscono e hanno legami di vario tipo. Nonostante la situazione complicata che vivono poi i miei personaggi, tutti rimangono piuttosto semplici e non avrebbero potuto essere tali se le loro vicende si fossero dipanate in città: sarebbe stato un film del tutto diverso".
Filmtv.it

Critica (2):(…) Il villaggio spagnolo come un luogo chiuso. Quasi soffocante. Malgrado l’improvvisa, fulminante corsa in moto di Irene con un ragazzo del posto in aperta campagna, quasi uno squarcio alla Dumont o di un improvvisa trasferta mentale/visiva nell’arrabbiato e intenso cinema giovanile francese d’inizio anni ’90. Uno squarcio potente, con segni di follia nascoste dietro l’apparente solarità, in un inizio decisamente faticoso. Quasi il marchio – ultimo – del cinema di Farhadi – che ha bisogno dei suoi tempi per entrare dentro il proprio film. Cosa che era meno evidente in About Elly. Anche lì un percorso simile a quello di Laura, un ritorno a casa, dalla Germania all’Iran. E poi, una frattura improvvisa. Una gita sul Mar Caspio, una sorta di ‘grande freddo’ e poi l’improvvisa sparizione. In Todos lo saben il matrimonio, la festa, il rapimento.
La scrittura di Farhadi è sempre molto visibile. A tratti se ne sente la pesantezza ma poi trova sempre il suo punto di equilibrio. Il cineasta iraniano sa come usarla per creare la tensione. Se solo fosse più pulita il film sarebbe ancora più teso. Il sequestro è solo il motore principale dell’azione. In realtà il tempo assume un’importanza determinante. Già segnato dall’orologio del campanile della chiesa. Che gestisce non solo i movimenti dell’intreccio ma diventa anche il tempo della memoria. Quello di una faida familiare soppressa, quasi con le modalità di un film di mafia. E dove il passato diventa ancora elemento da ripercorrere attraverso le tracce video, come il filmato del matrimonio. Dove gli occhi sono molteplici. Compresi quelli di un drone. E dove ognuno può essere sospettato. La reazione, anche quella più naturale, può diventare ambigua. E Farhadi, invece che cercare di comprimere, allarga e continua a seminare dubbi. Procedimento certo rischioso, ma che è pienamente coerente con il suo cinema. Gli occhi che guardano – dei rapitori che possono nascondersi con quelli delle vittime – possono essere dappertutto. Come quelli di un portentoso Bardem. Basta il momento in cui emergono dalla vigna e guardano un suo dipendente. Quasi una comparsa che lui ha la potenza di trascinare dentro. “Qual è la verità?”.
Simone Emiliani, sentieriselvaggi.it, 18/5/2018

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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