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Porcile


Regia:Pasolini Pier Paolo

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini; fotografia: Armando Nannuzzi (I episodio), Tonino Delli Colli, Giuseppe Ruzzolini (II episodio); montaggio: Nino Baragli; senografia: Flavio Mogherini; musica: Benedetto Ghiglia; interpreti: I episodio: Pierre Clementi (primo cannibale), Franco Citti (secondo cannibale), Luigi Barbini (il soldato), Ninetto Davoli (Maracchione, il testimone dei due episodi), Sergio Elia (un domestico); II episodio: Jean-Pierre Léaud (Julian), Alberto Lionello (Klotz, il padre), Margherita Lozano (Madame Klotz, la madre, doppiata da Laura Betti), Anne Wiazemsky (Ida), Ugo Tognazzi (Herdhitze), Marco Ferreri (Hans Günther, doppiato da Mario Missiroli), Ninetto Davoli; produzione: IDI Cinematografica/ I Film dell’Orso, CAPAC Filmédis; origine: Italia-Francia,1969; durata: 98’.

Trama:Due storie ambientate in epoche diverse – un passato indefinito e il 1967 – e in spazi emblematici – una zona vulcanica e una villa neoclassica in Germania – tracciano un crudele apologo sul presente. Nella prima, 'barbarica' e quasi muta, un giovane cannibale fa proseliti e sfida legge e morale; nella seconda, un potente industriale tedesco accetta la fusione con un concorrente, ex nazista. Ma il suo rampollo cela uno scandaloso segreto.

Critica (1):So io quello che ho dato di me per fare Porcile: un film povero, girato in un mese, con una cifra irrisoria. È stato meraviglioso, si capisce. Perché l’esprimersi – anche attraverso i disagi più angosciosi – è sempre meraviglioso. E poi, ci sono le avventure umane della lavorazione, il cui valore nulla poi può togliere: come amori di un giorno, subito lontani ma indelebili; ci sono i rapporti con gli attori – il disperato Pierre Clémenti, l’angosciato Jean-Pierre Léaud – per cui lavorare era come per dei bambini sperduti l’essere accarezzati dalla madre; lo smarrito Lionello, che con una volontà struggente ha vinto le impossibilità del suo ruolo, riuscendo gioiosamente vittorioso; l’adorabile Anne Wiazemsky, sempre perfetta e invulnerabile, lei, come una preziosa bestia di razza (o come Marco Ferreri); Ninetto – Ninetto Davoli – che per la prima volta, nella sua esperienza un po’ comica di ‘attore per forza’, ha avuto coscienza di quello che faceva, e ha recitato l’ultima scena con le lacrime agli occhi; e Tognazzi, infine, uno degli uomini più buoni e intelligenti che io abbia conosciuto. E poi le avventure naturali. Credo che nessuno abbia mai patito tanto freddo come noi, prima sull’Etna, con vento, nebbia, neve, pioggia, e poi in gennaio in una villa veneta neoclassica vicino a Padova, che deve essere gelida anche d’estate… Lì la forza delle cose era una forza interiore: eravamo dominatori della tanto difficile e imprendibile realtà, che recalcitrava maledettamente, ma solo sul suo livello pragmatico! Come era dolce possederla, cioè essere fusi con essa! Ecco, ora il film è finito, è alle mie spalle. Lo considero il più riuscito dei miei film, almeno esteriormente, se il mio atteggiamento verso cose e casi tanto brucianti non aveva potuto essere che contemplativo.
(Pier Paolo Pasolini, 1969 - ilcinemaritrovato.it)

Critica (2):"Pier Paolo Pasolini girò Porcile in un’anomala scansione temporale: infatti le riprese avvennero in due tempi, dalla durata complessiva più breve di quella consueta – due settimane sull’Etna nel novembre 1968 (oltre a qualche giorno nei dintorni di Catania e di Roma) e altrettante a Villa Pisani a Stra (Venezia), nel gennaio 1969. Il film nasceva da una coproduzione italo-francese (IDI Cinematografica di Gian Vittorio Baldi e CAPAC Filmédis) ma il budget era modesto. Com’è noto, nel film si alternano due storie, ambientate in epoche e spazi diversi: in un passato indeterminato e in una zona vulcanica e deserta, la prima, in una villa neoclassica in Germania, nel 1967, la seconda. Quest’ultima è l’adattamento di una tragedia teatrale dal titolo Porcile, scritta da Pasolini nel 1967.
Fu la produzione a voler presentare Porcile alla Mostra di Venezia, in disaccordo con Pasolini che, l’anno precedente (1968), aveva partecipato attivamente alla contestazione della Mostra, tanto che il 6 agosto 1969, con Cesare Zavattini, Francesco Maselli, Marco Ferreri e altri, dovette rispondere alla pretura di Venezia del reato di concorso in turbativa di cose immobili durante la Mostra l’anno prima.
Il 28 agosto 1969 Pasolini pubblicò sul “Giorno” di Milano una lettera aperta al nuovo direttore della Mostra, Ernesto G. Laura, in cui annunciò che non avrebbe partecipato alla presentazione di Porcile a Venezia, perché riteneva il festival “sinonimo di ingiustizia e volgarità” e aggiungendo ironicamente che “tra il pubblico non ci saranno solo i porci di cui parla il film”.
Pasolini precisò che la sua polemica non era rivolta personalmente contro Laura, dato che questi aveva dichiarato pubblicamente la sua solidarietà con lo stesso Pasolini, Zavattini, Ferreri, ecc., per le vicende giudiziarie che li avevano coinvolti. La sua polemica investiva, invece, “lo statuto fascista della Biennale”, che, con gli altri contestatori, avrebbe voluto abolire (lo statuto venne modificato infatti, quattro anni dopo, nel 1973).
Così accadde che Porcile ebbe due “prime” nello stesso giorno, l’una in contrapposizione all’altra: la mattina del 30 agosto, Pasolini incontrò la stampa al cinema Cristallo di Grado (la trascrizione della conferenza-stampa è conservata dal Centro Studi Pasolini della Cineteca di Bologna). Alcune dichiarazioni rilasciate da Pasolini in quell’occasione hanno una curiosa attualità, come quando sottolinea la particolare consuetudine degli italiani a ricorrere alle “plastiche facciali”, in riferimento all’ex nazista Herdhitze (interpretato da Ugo Tognazzi), che appunto si è rifatto i connotati nella penisola…
Lo stesso giorno, al Lido, il produttore Gian Vittorio Baldi e l’attore Pierre Clementi tennero la conferenza-stampa “ufficiale”, nel cui ambito Baldi lesse una dichiarazione di Pasolini. Lo scrittore - regista, fra l’altro, scriveva: “Il contenuto politico esplicito del film ha come oggetto, come situazione storica, la Germania. Ma il film non parla della Germania, bensì del rapporto ambiguo tra vecchio e nuovo capitalismo. La Germania è stata scelta in quanto caso limite. Il contenuto politico implicito del film è una disperata sfiducia in tutte le società storiche. (…) Il messaggio, semplificato, del film è il seguente: “La società – ogni società – divora sia i figli disobbedienti che i figli né disobbedienti né obbedienti: i figli devono essere obbedienti e basta”.
La sera ebbe luogo la prima per il pubblico alla presenza di Ugo Tognazzi, Pierre Clementi, Alberto Lionello, Bulle Ogier, Gian Vittorio Baldi, Macha Méril e Laura Betti, che doppiava Margarita Lozano nel film.
Il Fronte d’azione studentesca del Centro provinciale di Ordine Nuovo di Udine diffuse volantini con insulti e minacce contro Pasolini.
Pasolini scrisse una sequenza che poi decise di non girare: un dialogo fra Julian (Jean-Pierre Léaud) e il filosofo Spinoza, nel porcile. Lo stesso dialogo compare anche nella pièce teatrale.
Inoltre Pasolini girò una variante della sequenza finale, dove Herdhitze-Tognazzi indossa una maschera da suino. Di questa sequenza, perduta, rimangono alcune fotografie di scena e di set”.
(Presentazione di Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi – Archivio Pasolini della Cineteca di Bologna)

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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