RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
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Stato di ebbrezza


Regia:Biglione Luca

Cast e credits:
Soggetto: Maria Rossi; sceneggiatura: Maddalena De Panfilis, Luca Biglione; fotografia: Blasco Giurato; montaggio: Carlo Balestrieri; scenografia: Michela Papa; costumi: Stefano Ciammitti, Sandra Cardini; interpreti: Francesca Inaudi (Maria), Antonia Truppo (Lidia), Mietta (Rosa), Marco Cocci (Brando), Elisabetta Pellini (Marta), Andrea Roncato (Luigi), Fabio Troiano (Renato), Emanuela Grimalda (Brizzi), Nicola Nocella (Giulio), Melania Dalla Costa (Beatrice), Andrea De Rosa (Paolino), Stefano Fregni (Federico), Cristina Chiaffoni (caposala), Maria Rossi, Antonio Lanni (Fausto), Marco Di Buono (direttore teatro), Lorenza Veronica (infermiera), Dimitri Skofic, Silvia Gavarotti, Marco Iannone; produzione: Claudio Bucci per Stemo Production; origine: Italia, 2017; durata: 90’.

Trama:Il film è incentrato sulla vera storia della cabarettista Maria Rossi, arrivata alla notorietà con il Costanzo Show prima e Zelig poi, e sulla sua vittoriosa lotta contro la dipendenza da alcool e psicofarmaci.

Critica (1):Maria nasce in un piccolo paese della bassa padana ai piedi di niente perché non c'è il mare e a due passi da niente perché non c'è la montagna. Vive un'infanzia quasi fiabesca
all'interno di una famiglia molto unita e serena: i genitori si amano e il padre, una persona molto ironica e tenera, adora la madre che tratta come una principessa. Maria cresce con due fratelli con i quali è sempre in competizione, dimenticando di essere una femmina.
Forse non se lo ricorda nemmeno ora. La sua vita scorre serena e felice in questo paese dimenticato da Dio, ma ricordato da Maria, dove nulla diventa tutto. Fin da piccola ha sempre pensato di fare la cantante e la comica al punto che, a cinque anni, quando in televisione finiva l'esibizione di un cantante e il pubblico applaudiva, si alzava in piedi sull’asse da stiro e gentilmente ringraziava. I genitori scuotevano la testa, un gesto ripetuto spesso negli anni a venire. Una ragazzina così non poteva che diventare una cabarettista fuori dal comune: in poco tempo, infatti, raggiunge Milano e una notevole notorietà. Mentre tutto sembra stia procedendo per il verso giusto, la mamma di Maria si ammala e di lì a poco muore. Maria, che non conosce mezze misure, dall’euforia del successo cade nella più profonda disperazione. Lei che era praticamente astemia, comincia a stordirsi con l’alcool. Questo le permette di continuare ad esibirsi e a fare ridere chiunque si relazioni con lei. Intanto, senza rendersene conto, diventa un’alcolista.
Dopo una serie di incidenti automobilistici, dovuti al suo perenne stato di ubriachezza, Maria finisce a cento all’ora contro un pullman con 50 cinesi a bordo. Interviene la polizia e viene sottoposta al ricovero coatto in una clinica psichiatrica per la disintossicazione da alcol e psicofarmaci. Quando l’ambulanza la porta al pronto soccorso della clinica, il medico le chiede: “lei
beve?”. Maria risponde: “Sì grazie, un gin tonic”.
Nella clinica psichiatrica soggiornano alcuni tossicodipendenti, qualche alcolista, ma soprattutto ci sono i matti. A questo Maria non aveva pensato, se poteva farsi un’idea vaga di cosa volesse dire astinenza, certo non immaginava che stare con gente più fuori di testa di lei potesse essere così estraniante. La sua compagna di stanza le rivolge la parola solo per dirle: “Qualsiasi cosa dici sarà usata contro di te.” Lungo i corridoi un ragazzo canta in continuazione a squarciagola: “Spero che ritorni presto l’era del cinghiale bianco!!!” Ovunque trovi persone impegnate a scrutare il muro per 12 ore al giorno, e un signore ti chiede senza sosta se hai da spegnere. Ti svegliano alle sei del mattino con l’unico scopo di aspettare che si faccia sera per tornare a dormire…
È una dimensione surreale dove non sai più chi è matto e chi non lo è. Ma lei lo è? Non lo sa più. Alle domande dello psichiatra Maria risponde sempre con delle battute, la sua comicità
compulsiva le procura molti amici, ma impedisce un percorso analitico. Senza psicofarmaci la notte non riesce a dormire, così riaffiorano i ricordi di un’infanzia felice, troppo felice per reggere il paragone con la vita adulta, e il dolore per la perdita di una mamma amata fino all’inverosimile. La sofferenza è così forte da indurre Maria a più di un gesto autolesonista nella speranza che il male fisico dia una tregua al male di vivere.I medici le dicono di avere pazienza, che i sintomi dell’astinenza durano 15 giorni dopo i quali si comincia a stare meglio, ma per Maria, in clinica, i giorni durano anni e le notti non finiscono mai. Quindici giorni sembrano un traguardo irraggiungibile.
Per fortuna, arriva Barbara, con le vene dei polsi tagliate, è una ragazza di trent’anni bella come la luna, una compulsiva suicida, dotata di uno humor nero che ammalia Maria e la fa uscire dal suo tormento solitario. Ora soffrono insieme, ma prendendosi in giro, e le notti passate in bianco diventano lo schermo virtuale su cui proiettare il film delle loro vite dissennate. Insieme ridono fino alle lacrime e piangono a crepapelle.
Uscire dall’alcolismo è molto difficile, i terapeuti lo ripetono in continuazione: una volta disintossicati si può restare alcolisti sobri, ma pur sempre alcolisti, basta una piccola debolezza e si è di nuovo dentro fino al collo.
C’è qualcun altro che sostiene Maria fuori dalla clinica, sono suo padre e la sua nipotina. La vanno a trovare. Lui, debole di cuore, è il padre più dolce ed affettuoso che si possa
immaginare, la nipotina invece è tenace, arriva sempre con il pallone in mano e pretende una lezione di calcio nel giardino della clinica. Maria è il suo mito. Lei ogni volta stringe i denti per non farli preoccupare, dice che sta bene e che uscirà presto e che la clinica è uno spasso. In effetti, Maria, lentamente, comincia a migliorare, ci sono istanti in cui l’angoscia l’abbandona e l’assenza di dolore la rende euforica. In quei momenti pensa di potercela fare, di riuscire ad essere una persona nuova. I dottori cominciano a pensare ad una data di dimissione dalla clinica. Il papà di Maria, invece, peggiora, ha l’ennesimo infarto e Maria, proprio ora che stava tirando fuori il capino, prende una nuova batosta.
Sul letto di morte del padre, Maria gli promette che farà la brava, che saprà badare a se stessa che non deve preoccuparsi per lei, e lui finalmente può andarsene in pace.
Maria però ha deciso che è troppo, che lei non può reggere anche questo abbandono: al diavolo le promesse, finge di star bene per farsi dimettere dalla clinica. Sogna di affogare in un mare di birra, di ricominciare a fare cazzate, di non pensare a nulla. Altro che alcolista sobria, lei vuole vivere completamente ubriaca!
Ma nella casa vuota del padre dove un tempo viveva felice la sua famiglia, Maria, appena arrivata dalla clinica, trova la nipotina ancora smarrita per la perdita dell’amato nonno.
“Meno male che sei arrivata!” dice a Maria allargando le braccia.
Fuori ci sono i bar, gli amici che la aspettano, un boccale di birra gelata. Lì dentro ci sono le braccine della bambina che la stringono, e c’è una promessa.
Sono passati sette anni e Maria non ha più bevuto, ma la disintossicazione niente ha potuto contro l’impulso irrefrenabile di dire baggianate.
Maria Rossi e Maddalena De Panfilis, municipio.re.it/retecivica/urp

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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