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My Beautiful Laundrette - My Beautiful Laundrette


Regia:Frears Stephen

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Hanif Kureishi; fotografia: Oliver Stapleton; montaggio: Mick Audsley; musiche: Ludus Tonalis; scenografie: Hugo Luczyc Wyhowski; interpreti: Gordon Warnecke (Omar), Daniel Day Lewis (Johnny), Seed Jaffrey (Nasser), Roshan Seth (padre di Omar), Derrick Branche (Salim), Shirley Ann Field (Rachel), Rita Wolf (Tania); produzione: Sarah Radclyffe e Tim Bevan per Working Titie/SAF Productions. Per Channel 4; distribuzione: IMC; origine: Gran Bretagna, 1985; durata: 97'.

Trama:Londra, Omar - rampollo di una ricca famiglia pachistana - cerca di sbarcare il lunario in un’ Inghilterra che lascia poco spazio alle minoranze. Riesce tuttavia ad iniziare una sorta di scalata nel mondo del lavoro, e da lavamacchine diventa gestore di una lavanderia a gettoni. Si prende come socio un coetaneo, inglese e povero, che è anche il suo amante. Il rapporto padrone-servo complica le cose.

Critica (1):(...) «Oggi come oggi tutto è talmente orribile che se si scrivesse del puro realismo sociale la gente non riuscirebbe neanche ad avere la forza di guardarlo», ha dichiarato Kureishi in un’intervista. Qual è dunque il segreto della riuscita di My Beautífut Laundrette, poiché, senza dubbio, quello che viene messo in scena è realismo sociale: le divisioni di classe, la questione razziale, il sesso come mezzo per ottenere il successo? La risposta, probabilmente, non sta tanto in una formula teorica o di genere, ma in quel l’impalpabile qualità che è l’incontro di due talenti personali. Alcune considerazioni sono però da farsi, a cominciare dall’amoralità dei film. Siamo stati abituati da una tradizione hollywoodiana e inglese ad aspettarci, quando c’è di mezzo la denuncia sociale, il melodramma, gli eroi, lo scontro del bene e del male. In My Beautiful Laundrette non c’è niente di tutto questo. Lo sguardo di Frears e Kureishi è disincantato al limite dei cinismo, a cominciare dalla storia d’amore tra Omar e Johnny. Nel rapporto omosessuale tra i due non c’è il minimo senso di dannazione o di problematica «diversità»: semmai, solo l’ironia della deliziosa scena dell’inaugurazione della lavanderia, quando Nasser e l’amante ballano rapiti mentre nel retro i ragazzi si baciano. Sembra che nella Gran Bretagna thatcheriana i concetti di moralità e di giustizia siano solo il retaggio di un lontano passato, quello del padre di Omar, vecchio intellettuale di sinistra dedito irrimediabilmente alla bottiglia. Peraltro anche questo personaggio, egli stesso autoironico nei confronti della sua condizione di relitto della storia, è caratterizzato con mano felicissima: deliziosa la scena in cui Omar (e il pubblico con lui) crede che il padre sia morto e ne viene invece sbeffeggiato. Siamo negli anni Ottanta e non c’è morte o catarsi che tenga: e se parliamo di purificazione è solo perché abbiamo a che fare con una lavanderia a gettone... In questa prospettiva la figura di Omar costituisce un’interessante variazione sul motivo dell’arrampicatore sociale, un soggetto ben noto al cinema inglese a cominciare dal Joe Lampton di Room at the Top. Il ragazzo non ha alcuna di quelle connotazioni sgradevoli che di solito si associano alla figura dell’arrivista. È semplicemente qualcuno che ha imparato la lezione secondo cui funziona tutto il resto della società: il suo rapporto di amore-sfruttamento nei confronti di Johnny è esemplare. Questa relazione è la cartina di tornasole di tutto il film. Oltre che trasgressiva, essa si fonda su un rovesciamento dei ruoli consueti: è l’immigrato a detenerne il potere e questo consente a Johnny di poter assumere a un certo punto gli imprevedibili panni del moralista, quando si accorge che Omar assomiglia sempre di più a Salim. La posizione di Omar riflette evidentemente quella di Hanif Kureishi: membro di una nuova generazione dell’immigrazione, sfruttato-sfruttatore del sistema, e abbastanza intelligente da capire che la scintilla della ribellione non cova più tra la sua gente, ma può brillare all’improvviso dalle strane alchimie etniche e sociali di un paese in crisi irreversibile. Se gli ideali sono morti con la mercificazione della vita, resta almeno la speranza di un progresso che nasca dal rispetto reciproco degli individui. La società descritta da My Beautiful Laundrette è un organismo nel quale il ribaltamento hegeliano del rapporto servo-padrone si è completamente realizzato. Mentre i disoccupati inglesi ciondolano per le strade senza futuro, i pakistani prosperano con ogni tipo di attività lecita e illecita. La legge del commercio, che non guarda in faccia a nessuno, parla in loro favore. My Beautiful Laundrette mostra con arguzia il modo in cui le due culture si sono compenetrate e il prezzo pagato dai pakistani di successo per inserirsi. Nasser, che a casa sua replica con inerzia le strutture arcaiche della famiglia patriarcale, mantiene un’amante bianca che è insieme uno status symbol e una relazione sincera. Salim si circonda dei più costosi oggetti del consumismo occidentale ed è proprio sulla sua macchina che gli ex-compagni di Johnny sfogano il loro livore razzista. Nello stesso Omar la fascinazione per l’amico sembra originare dalla medesima radice da cui scaturiva l’amore di Sakamoto per il David Bowie di Furyo. Le vere vittime di questo stato di cose sono, come sempre, le donne: Rachel, abbandonata da Nasser e perseguitata dal malocchio procuratole dalla legittima consorte dell’amante; quest’ultima, che per tutto il film appare come una figura remota e disancorata, salvo dimostrare alla fine di possedere arcani poteri perfettamente funzionanti anche nella Londra contemporanea; ma soprattutto Tania, il personaggio più triste della storia. Disgustata dal cinismo del padre, incapace di guadagnare Omar alla sua rivolta, Tania è il segno di una disillusione profonda, di un acuto disagio generazionale. Se, alla fine del film, i due ragazzi – in una bellissima, pudicissima scena d’amore – hanno almeno ancora se stessi, Tania è una dropout senza alternative.(...)
Davide Ferrario, Cineforum n. 263, aprile 1987

Critica (2):My beautiful laundrette è sorprendente per molti aspetti. Il film, che è stato girato per la serie televisiva «Film on Four», ed è in programma sul piccolo schermo per la fine di quest'anno, ha ottenuto un tale successo al Festival cinematografico di Edimburgo che quasi immediatamente ha trovato un distributore nel circuito cinematografico. Quindi è un prodotto essenzialmente televisivo e lo dimostrano persino le scansioni temporali naturali; inoltre segna il debutto televisivo di un giovane autore asiatico, Hanif Kureishi che ha scritto la sceneggiatura, alla quale è dovuto in gran parte il successo del film.
Indubbiamente il soggetto stesso è controverso: una storia d'amore fra due giovani dei quartieri popolari di Londra, uno asiatico, l'altro bianco e legato al Fronte Popolare, contrapposta alle attività di una famiglia asiatica di loschi intraila77atori, determinati a trarre il massimo vantaggio dall'economia imprenditoriale thatcheriana.
Ma ciò che più sorprende è l'abilità con cui temi e idee disparati sono stati intrecciati a formare una trama complessa in cui razza, sesso e classe sono presentati in intima relazione, e in conflitto. Il padre di Omar, socialista sconfitto, crede fermamente che l'istruzione aiuterà la classe operaia, mentre lo stesso Omar capisce che il potere è nel denaro piuttosto che nella cultura, nella possibilità di dare lavoro ad altre persone e controllare così il loro destino. Johnny, che accetta il ruolo di dipendente e subordinato di Omar, ha motivazioni di diversa natura: in parte lo fa per il desiderio di espiare la sua attività precedente a favore del Fronte Nazionale, in parte per amore, e in parte per poter lavorare. Johnny e Omar fanno fronte comune contro Nasser e Salini, le cui attività illegali comprendono il racket degli alloggi, video pomo e il traffico di droga. Johnny ed Omar si prestano fino ad un certo punto alle loro attività, ma Johnny si tira indietro quando sembra che Omar aspiri a diventare un altro Salim. Johnny possiede quella forza morale che manca invece a Omar, e più che un'analisi politica astratta è il rapporto personale instauratosi fra i due giovani che determina le loro azioni. Tuttavia il loro rapporto non viene mai osservato al di fuori della politica e della storia. Momenti di tenerezza, calore e humor si contrappongono a quelli in cui i rapporti di potere derivanti da atteggiamenti colonialistici profondamente radicati, diventano persuasivi mettendo in luce le implicazioni più sconcertanti nel rapporto di Omar e Johnny. Questa relazione insolita, oltre ad offrire uno spunto di riflessione sulla situazione attuale della Gran Bretagna multirazziale, si pone come controparte ironica delle altre relazioni
(eterosessuali): per esempio quella fra Nasser e la sua amante Rachel (Shirley Ann Field) resa parodisticamente sullo stile di un romanzo sentimentale. Cionondimeno una delle scene più commoventi è quella in cui Rachel, in una discussione con la figlia di Nasser, Tania, difende la sua storia d'amore e la sua condizione di «mantenuta» con le motivazioni tipiche della sua classe e delle donne della sua età. E la stessa Tania, franca, intelligente ed indipendente non trova posto per lei o per la sua sessualità né all'interno della famiglia asiatica di stampo patriarcale né al di fuori di questa, dal momento che Omar e Johnny, suoi potenziali alleati, sono leali, in primo luogo, l'uno verso l'altro (la parodia di Butch Cassidy e di Sundance Kid sottolinea molto bene questo punto). Così Tania e Rachel scompaiono lasciando Nasser distrutto - prossimo ad un crollo emotivo e finanziario - e Johnny ed Omar a consolarsi a vicenda fra le rovine della loro lavanderia-sogno, devastata dalla banda di razzisti bianchi.
La forza di My beautiful laundrette consiste nel porre domande difficili in modo provocante e divertente, riuscendo ad essere critico e simpatico nello stesso tempo.
Pal Cook, Monthly Film Bulletin 622, novembre 1985.

Critica (3):

Critica (4):
Stephen Frears
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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