Giovane e bella - Jeune & jolie
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Regia: | Ozon François |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: François Ozon; fotografia: Pascal Marti; musiche: Philippe Rombi - le canzoni "L'amour d'un garcon" (di Burt Bacharach, Hal David, F. Hardy), "À quoi ça sert" (di F. Hardy), "Premiere rencontre" e "Je suis moi" (entrambe di (Michel Berger) sono eseguite da Françoise Hardy; montaggio: Laure Gardette; scenografia: Katia Wyszkop; costumi: Pascaline Chavanne; interpreti: Marine Vacth (Isabelle), Géraldine Pailhas (Sylvie), Frédéric Pierrot (Patrick), Fantin Ravat (Victor), Johan Leysen (Georges), Charlotte Rampling (Alice), Nathalie Richard (Véronique), Djédjé Apali (Peter), Lucas Prisor (Félix), Laurent Delbecque (Alex), Jeanne Ruff (Claire), Serge Hefez (psicologo), Carole Franck (poliziotta), Olivier Desautel (poliziotto), Akéla Sari (Mouna), Stefano Cassetti (uomo dell'hotel), Patrick Bonnel (uomo in Mercedes); produzione: Mandarin Cinéma-Mars Films-France 2 Cinéma-Foz; distribuzione: Bim; origine: Francia, 2013; durata: 94’. |
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Trama: | Il passaggio all'età adulta di Isabelle, una ragazza di 17 anni ribelle e in piena esplosione ormonale, in 4 stagioni e 4 canzoni: in estate perde la verginità con un ragazzo tedesco, in autunno si prostituisce con uomini decisamente più avanti negli anni, in primavera inizia una relazione con un coetaneo ma è un fuoco di paglia. Nel frattempo famiglia, amici e pisicologi provano a capire quale sia il suo problema e dove hanno sbagliato. |
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Critica (1): | «Nessuno è serio a diciassette anni» (Rimbaud), ma forse Isabelle esagera. Dopo una delusione sessuale (un rapporto acerbo sulla spiaggia), finita l'estate, l'adolescente incosciente scopre il piacere di dare un prezzo alla propria bellezza. E così diventa Lea, la prostituta che si vende online. Ovviamente di nascosto da una madre che predica "normalità" e pratica l'ipocrisia borghese, da un padre acquisito che la guarda fiorire con stupore e tremore (sorridente), da un fratello piccolo giustamente curioso. Ma c'è anche un altro sguardo attraverso cui osserviamo la bella triste solitaria Isabelle, quello lucido e a suo modo innamorato di un anziano cliente con cui nasce un rapporto di complicità che va ben oltre il "lavoro". Per un po' si sospetta il pamphlet piccante, con la giovane escort messa lì a svelare il lato oscuro del moralismo perbene. In realtà la questione è più complessa e, per fortuna, non risolta. Digerita la frettolosa e meccanica facilità con cui la ragazza passa dal sesso triste al sesso venduto, il film di Ozon diventa il ritratto di un'adolescenza programmaticamente lontana dal cliché idealizzato della giovane tormentata e sentimentale. Isabelle è un mistero, è un corpo che scopre di cosa è capace, è pulsioni e finzioni, è voglia di proibito, di evasione dalla vita che gli altri hanno scritto per lei. Quattro stagioni e quattro canzoni di Françoise Hardy, a cui spetta il compito di dire le parole di amore, romanticismo, disillusione che non figurano nella sceneggiatura, chiuse a chiave dietro l'espressione prima ferita e poi "saputa" (ma sempre malinconica) di Isabelle.
Un Ozon controllatissimo, a volte così elegante da apparire quasi gelido, eppure anche sensibile, crudo ma delicato (una misura fin troppo misurata), segnato dalla presenza conturbante di Marine Vacht. Il film coincide con lei, letteralmente, con la superficie levigata del suo corpo da lolita, il morboso desiderio che suscitano il suo sguardo lontano e le sue labbra, l'innocenza provocante. Un film deludente eppure affascinante. Uno di quelli di cui noti i difetti a prima vista, ma poi crescono dentro.
Fabrizio Tassi, Cineforum, n. 525, 6/2013 |
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Critica (2): | François Ozon torna a suddividere una propria opera in capitoli così come aveva fatto per 5x2. Questa volta non segue cronologicamente al contrario il progressivo deteriorarsi di una coppia. Sono le stagioni, con il loro procedere dall'estate alla primavera, che segnano qui il passaggio all'età adulta di Isabelle (Lea per i clienti). Per questa indagine, in cui mostra di possedere un'acuta capacità di indagine socio-psicologica, utilizza un elemento della cultura che molti ritengono (spesso a torto) 'bassa': la canzone della cosiddetta musica leggera.
Così Françoise Hardy torna per la terza volta in un suo film e ne sottolinea l'evolversi con quattro brani del suo repertorio. Ozon mostra e dimostra in questo modo quanto la cosiddetta cultura popolare possa cogliere il difficile tempo dell'adolescenza con la stessa dignità del poema di Arthur Rimbaud "Nessuno è serio a 17 anni" che viene analizzato nel corso delle lezioni che Isabelle frequenta. Il regista la segue attraverso lo sguardo di quattro personaggi: il fratello, un cliente, la madre, il patrigno. Il loro, però è solo uno sguardo temporaneo e dettato da motivazioni diverse. Subito dopo si torna a lei con la sua profonda solitudine, a cui cerca una soluzione, che è umiliante ma che Ozon non giudica. Non lo fa non perché si rifiuti di esplicitare una propria morale dinanzi alle azioni della sua protagonista. Il motivo è un altro: anche lui, come molti (tranne i falsi moralisti dei settimanali a sfondo gossip) non può fare altro che assistere impotente al mistero perenne dell'adolescenza che ai nostri giorni è però sottoposta a pressioni che si manifestano in misura esponenziale rispetto al passato. È come se Isabelle avesse bisogno ogni volta di dare un valore (anche materiale) alla propria avvenenza andando a cercare in figure adulte quella figura paterna che l'ha rifiutata. Ma questa è solo una delle possibili motivazioni. Solo un quinto sguardo, malinconicamente ferito, come il suo, potrà forse aiutarla a cancellare definitivamente Lea.
Giancarlo Zappoli, mymovies |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
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