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Vegas: Based on a True Story - Vegas: Based on a True Story


Regia:Naderi Amir

Cast e credits:
Sceneggiatura: Bliss Esposito, Charlie Lake Keaton, Amir Naderi, Susan Brennan; fotografia: Chris Edwards; montaggio: Amir Naderi; scenografia: Amir Naderi; interpreti: Mark Greenfield (Eddie), Nancy La Scala (Tracy), Zach Thomas (Mitch), Walt Turner, Alexis Hart; produzione: Alphaville Films Nyc, Inc; origine: Usa, 2008; durata: 102’.

Trama:Eddie Parker, giocatore d'azzardo senza troppa fortuna, è un operaio che vive con sua moglie Tracy e il figlio 12enne Mitch nei sobborghi di Las Vegas. Un giorno, uno sconosciuto si presenta alla porta e gli offre una sostanziosa somma di denaro per comprare la loro casa che, secondo lui, ha qualcosa di molto speciale. La decisione da prendere si trasformerà per i Parker in una vera e propria ossessione.

Critica (1):Forse non tutti sanno che si deve soprattutto ad Amir Naderi la scoperta del cinema iraniano, che tanto è andato di voga nei festival internazionali degli ultimi vent’anni. Negli anni Ottanta fu proprio lui a richiamare l’attenzione sulla cinematografia del suo paese con un film che allora fece a suo modo epoca (Davendeh). Solo che Naderi pensò ben presto di lasciarsi alle spalle la Persia degli hayatollah e di trapiantasi in America, dove ha realizzato la sua trilogia newyorkese (Manatthan by Numbers, A.B.C. Manhattan e Marathon).
Per questo nuovo film, in concorso alla Mostra di Venezia, Naderi ha scelto di spostarsi più a Est, nel cuore dell’America più provinciale e folle: niente meno che la capitale del gioco, della s/fortuna, dell’azzardo, del mondo ricostruito sotto forma di plastica e paillettes, ladies&gentlemen: Las Vegas. Eddie Parker (Mark Greenfield) e sua moglie Tracy (Nancy La Scala) vivono infatti a ridosso del deserto che circonda la città-disneyland, sono semplici operai e conducono con il figlio dodicenne (Zach Thomas) una vita tranquilla. Eddie, con il vecchio vizio del gioco, non ha mai vinto che qualche spicciolo, e Tracy che si prende cura del piccolo giardino e dell’orto fa di tutto per tenere unita la famiglia. Un giorno però si presenta uno sconosciuto: sotto falsa identità fa un’offerta sproporzionata per acquistare la casa; pare che da qualche parte sotto il giardino sia stata nascosta una valigia con un milione di dollari, bottino di una rapina finita male compiuta anni prima. Prima Eddie, poi il figlio e infine anche la sconsolata Tracy cadono nel tranello (dietro c’è un giro di scommesse) e decidono di iniziare a scavare: sarà l’incipit di una ricerca forsennata che presto si trasformerà in follia distruttiva: del giardino, della casa, della famiglia stessa.
Parabola surreale e tragica sull’America d’inizio millennio, Vegas è un straordinario e minimale affresco sulla miseria umana e sulla sete insaziabile di denaro che attanaglia anche le classi meno abbienti della sterminata provincia USA. Atmosfere alla Gus Van Sant (il bambino biondo richiama nelle fattezze fisiche i nichilisti ragazzi di Elephant e Paranoid Park) e un certo gusto per il tragicomico fanno di questo film il punto di equilibrio nella cinematografia di Naderi, visto che il regista iraniano fonde il suo sperimentalismo con una struttura da cinema narrativo più tradizionale: le riprese lunghe e intense della vita del deserto si fondono con l’ossessione del gioco e della scommessa. Tutto si trasforma presto in una ineluttabile patologia fisica e morale: la sete di denaro, l’orizzonte della ricchezza facile ottenuta puntando tutto sulla mossa vincente, si trasformano nella tragedia di una famiglia a suo modo indifesa, pallida e ridicola versione della borghesissima american way of life (basti pensare a come Tracy ha ricostruito in un container la casa-tipo della famiglia media americana).
Un film sul marcio, davvero tanto, che si nasconde dietro i luccichii sfavillanti di Las Vegas, questa volta rappresentata come un muto e ieratico orizzonte che tutto nel nulla ingoia, come lo stesso Eddie, che scavando sempre più in profondità nella sua terra arida e ingenerosa non fa altro che preparare la sua tomba. Alla fine è solo il piccolo bambino a trovare il coraggio di riportare sul terreno devastato un vaso di fiori salvato dalla follia distruttiva del padre. Un tenue messaggio di speranza per un Paese che tra pochi mesi sarà chiamato a scegliere alla sua guida tra un ragazzo nero che commuove le platee citando Martin Luther King e un vecchio veterano con in corpo i segni della prigionia inflitti dai vietcong. La speranza è quella di non finire, almeno per stavolta, sottoterra.
Marco Luceri, drammaturgia.it

Critica (2):Assomiglia ai suoi copioni e sguardi cinematografici la vita di Amir Naderi, il sessantatreenne regista iraniano del film in concorso Vegas: da una storia vera. Espatriato a New York negli anni Ottanta, con alle spalle una giovinezza che spiritosamente definisce «neorealista», perché abituata alla sopravvivenza sin da quando, orfano, sognava di diventare fotografo e regista a Teheran, Amir è pieno di calore ed è una punta di diamante del più autentico cinema indipendente americano. Dice: «Sono sempre stato povero e lo sono ancora oggi, ma non ho mai svenduto il mio desiderio di essere il regista di un cinema affidato a quella precarietà che sa diventare verità tua e di chi ti circonda, se cerchi storie quotidiane e non hollywoodiane e false. Il film è stato prodotto solo con le mie vincite a Las Vegas e se perdevo (ma nessuno lo sapeva nella troupe) il giorno seguente non si girava. Dicevo: «La polvere del deserto portata dal vento è troppa, non ci sono i colori giusti». Di notte, poi, andavo dal motel dove alloggiavo in piccoli casinò di periferia e tentavo la fortuna, con qualche amico di ventura poi diventato cofinanziatore, per riprendere il mano i destini dei miei protagonisti». Nel suo cinema, che racconta sempre un viaggio interiore tra difficoltà e scenari corrispondenti all' inquietudine dei protagonisti, qualcuno cerca ogni volta qualcosa, anche a costo di perdersi. «Ho scelto Las Vegas perché è una città nel deserto e sulle strade del Nevada, dove tutto sembra possibile, ma tutto è anche sradicato e volatile. Il mio protagonista (Mark Greenfield) ha una certa dipendenza dal gioco e si perde dietro un sogno: qualcuno, proprio come in un brutto reality show, gli ha detto che deve cercare nel giardinetto della casa prefabbricata, dove abita con la moglie (Nancy La Scala) e il figlio (Zach Thomas), il denaro nascosto di un furto. L' uomo inizia a trivellare...» L' affresco non mira alla sorpresa ma «al ritratto di un' America senza certezze, dove tutti possono perdere tutto, a cominciare da loro stessi - spiega Amir - I miei film sono sempre anche documentari». Vendendoli a qualche televisione, Naderi non si è mai dato per sconfitto, ancora è sempre deciso a raccontare l' America che gli interessa. Parla anche di Obama: «Se cambiamento ci sarà, occorrerà un tempo lungo all' America per ridefinire se stessa e le sue verità. Solo il ragazzo nella mia storia dice: "Andrò al college, vincerò una borsa di studio", ma forse anche questa è una illusione, una delle tante che i mass media Usa o hollywoodiani propinano ogni giorno a un Paese dove la lower class è ormai la più numerosa... Il mio vero protagonista penso che sia finito in New Mexico, ubriaco. Las Vegas è sempre lì, con nuovi prefabbricati, motel, alberghi-grattacieli e il suo bagaglio di umanità. Gli Stati Uniti sono pieni di treni che partono e arrivano. Possono essere, per tutti, una mappa di storie vere».
Giovanna Grassi, Il Corriere della sera, 2/9/2008

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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