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Transamerica - Transamerica


Regia:Tucker Duncan

Cast e credits:
Soggetto: Duncan Tucker; sceneggiatura: Duncan Tucker; fotografia: Stephen Kazmierski; musiche: David Mansfield; montaggio: Pam Wise; scenografia: Mark White; effetti: Keith Yurevitz; costumi: Danny Glicker; interpreti: Felicity Huffman (Bree), Kevin Zegers (Toby), Fionnula Flanagan (Elizabeth), Elizabeth Pena (Margaret), Graham Greene (Calvin), Burt Young (Murray), Carrie Preston (Sydney), Venita Evans (Arletty), Jon Budinoff (Alex), Danny Burstein (Dr. Spikowsky), Bianca Leigh (Mary Ellen), Raynor Scheine (Bobby Jensen); produzione: Linda Moran, Rene Bastian, Sebastian Dungan per Belladonna Productions Llc; distribuzione: Dnc Entertainment; origine: Usa, 2005; durata: 103'.

Trama:Bree è un transessuale che vive nella periferia di Los Angeles. Fa due lavori e cerca di risparmiare per pagarsi l'ultimo intervento, quello che la renderà definitivamente donna. Un giorno riceve una telefonata da New York. All'altro capo del filo c'è un giovane delinquente, Toby, alla ricerca del padre mai conosciuto. Bree si rende immediatamente conto di essere la persona cercata dal ragazzo, nato da un rapporto occasionale che lui ha avuto tanti anni prima, quando era un uomo. Ciò nonostante, non vuole prendersi la responsabilità di un figlio. Ne parla con la sua terapeuta, ma questa le impone di cercare il ragazzo altrimenti non le concederà l'autorizzazione all'intervento. Deve guardare in faccia il suo passato prima di affrontare l'operazione decisiva. Così Bree spende i suoi risparmi per prendere il primo aereo per New York e va a tirare fuori di galera suo figlio. Il ragazzo pensa che la strana donna che si trova davanti sia una missionaria cristiana impegnata nel recupero di quanti si sono allontanati dalla via di Gesù. Bree non fa nulla per chiarire l'equivoco, ma si spaventa del fatto che il ragazzo abbia la ferma intenzione di ritrovare il padre. Inizia così il loro viaggio lungo l'America alla volta di los Angeles, alla ricerca di loro stessi e del loro rapporto...

Critica (1):"Sono un transessuale, non un travestito". Bree, che una volta si chiamava (era) Stanley, ci tiene a rivendicare il suo nuovo stato di corpo in progress, perché sta aspettando di operarsi, di farsi togliere quell'ingombro in mezzo alle gambe che le impedisce di sentirsi donna al cento per cento. "Non trova strano che la chirurgia plastica possa curare un disturbo psichiatrico?": Bree è anche (soprattutto) ironica ("Ho avuto un'avventura tragicamente lesbica"), fin dal passo incerto ma orgoglioso, dal vago e timido sorriso, da uno stupore trattenuto che le consente di incassare e sopportare una madre leonessa mangiatrice di figlie, un padre assurdo e silente (un'unica battuta, ma fulminante: "Leggevo riviste porno in bagno: non faccio più sesso decente da allora"), un'ex fidanzatina che le regala anni dopo un figlio diciassettene da marciapiede che si prostituisce per sbarcare il lunario sognando Hollywood e il cinema, non importa se hard o blockbusterizzato. È l'ultimo scherzo del destino, che la catapulta a New York a poche ore da quel taglio così agognato e che la costringe a uno struggente e malinconico coast to coast con il ragazzo che non sa di viaggiare con il proprio padre che sta diventando (anche?) sua madre (quella vera è morta suicida) e compagna di vita e di emozioni "Per me la transessualità è uno stato superiore dell'essere" si sente fischiare dietro Bree da uno sconosciuto e l'orgoglio rischia la superbia. L'esordiente Duncan Tucker centra dunque al primo colpo il capolavoro con un magnifico ritratto incastonato come un diamante tra due sessi, tra due sponde, tra due idee di mondo, tra due concezioni d'umanità. Non è solo la regia, attenta a non dimenticarsi le icone del cinema on the road, ma la scrittura - si veda, per esempio, la strepitosa sequenza del ritorno di Bree nella casa di famiglia, dove l'amore si scontra ogni secondo con il cinismo: un pezzo di cinema tragicomico come non si gustava da lustri. E poi che dire di Felicity Huffman? Già premiata con il Golden Globe, dovrebbe portare a casa l'Oscar più meritato, cercando di non sbagliare categoria. La sua è una performance che risponde per rime baciate dalla grazia all'altrettanto straordinario Broken Flowers, film imparentato assai con Transamerica, entrambi folgorati dalla voglia di cercare, di riproporsi, di non sentirsi mai perduti, di rivendicare società e rapporti interpersonali liberi e svincolati da dogmi e religioni, da ipocrisie e dai malesseri strutturali dell'uomo contemporaneo. Tra i comprimari, oltre a un perfetto cameo di Burt Young, rimarrà il romanticismo tutto pellerossa di Graham Greene, pure lui trans(in)fuga, un indiano trasformatosi in un cowboy dall'animo indiano, pronto a (con)dividere con Bree l'ebbrezza di un'altra vita. A prescindere dagli organi genitali.
Aldo Fittante, Film Tv, 14/2/2006

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Duncan Tucker
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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