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Go Go Tales - Go Go Tales


Regia:Ferrara Abel

Cast e credits:
Sceneggiatura: Abel Ferrara; fotografia: Fabio Cianchetti; musiche: Francis Kuipers; montaggio: Fabio Nunziata; scenografia: Frank DeCurtis; arredamento: Corinna Ughi; costumi: Gemma Mascagni; effetti: Wonderlab; interpreti: Willem Dafoe (Ray Ruby), Bob Hoskins (il barone), Matthew Modine (Johnie Ruby), Asia Argento (Monroe), Roy Dotrice (Jay), Lou Doillon (French), Riccardo Scamarcio (Dottor Steven), Stefania Rocca (Debby), Bianca Balti (Adrian), Sylvia Miles (Lilian Murray), Burt Young (Murray), Joe Cortese (Danny Cash), Andy Luotto (Stanley), Anita Pallenberg (Zia Sin), Danny Quinn (Clark), Romina Power (Yolanda Vega); produzione: Bellatrix Media, Go Go Tales Inc., De Nigris Productions; distribuzione: Mediafilm; origine: Usa, 2007; durata: 100'. Vietato 14

Trama:Ray Ruby è il titolare di un club di lap dance denominato «Paradise» in downtown Manhattan. Lo coadiuva l'amministratore Jay mentre il silente fratello Johnny è colui che finanzia l'impresa. Il problema è dato dal fatto che il fallimento è alle porte e l'anziana proprietaria dell'immobile non sembra più contenibile.
Si precipita nel locale in piena attività reclamando i mesi di affitto non percepiti. Se aggiungiamo che Johnny comunica a Ray che non ha più intenzione di dargli un dollaro e che le ballerine sono intenzionate a tenersi addosso i vestiti in una sorta di sciopero dello strip tease, si può facilmente indovinare quale sia il clima che domina nel locale. Diventa indispensabile trovare una soluzione.

Critica (1):Cannes è stata ed è ancora una bombola di ossigeno per registi di tutto il mondo espulsi dal ciclo produttivo delle major. Cannes come la Paramount o la Warner Bros. Ma il sistema malato del cinema internazionale non guarisce così. Il modello e il suo indotto europeo rischiano di trasformare i festival in un circuito chiuso e in un mercato a parte, dove i film sono solo corpi sopravvissuti. Di questo parla, metaforicamente, il film di Abel Ferrara, uscito nelle sale italiane dopo un anno dal suo passaggio (fuori concorso) alla Croisette, Go Go Tales (prodotto dall'italiana Bellatrix Media) girato negli studi di Cinecittà.
Set della creatività minacciata, un «go go cabaret», un locale situato a Manhattan, downtown, il Paradise, luogo di strip-tease e di lap-dance, tenuto da Ray Ruby, che difende il suo Eden schiacciato dai debiti. Il fatto è che le ballerine sembrano uscite dalla Depressione, tutte e ossa e tessuti rilassati, costumi da John Waters e sensualità adeguata alla mancanza cronica di stipendio. Il club è angusto, buio e soffocante, come ritagliato da un sottoscala di Cinecittà, i clienti pochi, i balletti penosi, e gli esterni di New York mimati da un monotono via vai di ombre. Il locale assomiglia a un reperto del passato, popolato da anziani signori nostalgici di altri tempi, dove si alternano numeri degni della Corrida con l'ingresso in scena di debore della Siberia, pamele di Las Vegas e giovanne di Roma.
Ferrara mette in scena intenzionalmente la decadenza dello show, fa la parodia della screwball comedy, la commedia frenetica che diventa un agitarsi a vuoto tra spogliarelliste sull'orlo dello sciopero, la vecchia proprietaria gracchiante a caccia dell'affitto, un cuoco nero geloso dei suoi hot-dog bio minacciati da un orrendo cane, un trio fisso di guardoni cinesi...
Tutto in una sera si compierà il destino del club, centro di pulsioni, emozioni, felicità ridotto a un squallido teatrino, nobilitato solo da regista e attori, grandi e resistenti, il cast di Go Go Tales. Sfilano in un'ora e trentasei minuti: Willem Dafoe, Bob Hoskins, Matthew Modine, Asia Argento, Stefania Rocca, Burt Young, Sylvia Miles, Danny Quinn. Breve apparizione di Riccardo Scamarcio, italiano molto geloso della moglie, che non immaginerebbe mai spogliarellista. Abel Ferrara racconta di sé, del suo Paradiso, che qualcuno vuole chiudere. Il suo cinema è «vizioso» come il proprietario del club, Ray Ruby (un magnifico Dafoe) che ha l'ossessione del gioco del lotto. Ognuno ha la sua droga preferita, e Ray sperpera tutto in quelle maledette schedine, ficcate in ogni buco del locale, oggetti inverosimili del desiderio che gli hanno aizzato contro l'odio del clan. Ma io, implora Ray Ruby alias Abel Ferrara, amo il mio lavoro, ho investito tutto in voi artisti. Il denaro non conta. Già, ditelo ai produttori. L'insurrezione capeggiata dal fratello Johnny (stupendo Modine con caschetto biondo e cagnetto in braccio) però si estende, gli «artisti» pretendono soldi e finiranno per perdere tutto.
Il pubblico evapora, e neppure la nuova potenza mondiale, la Cina, fornisce le sue masse vogliose. In una delle scene più esilaranti, un pullman sbarca una lunga teoria di turisti di Pechino, che imboccano la porta girevole del Paradise per uscirne subito dopo e seguire un tipo grottesco vestito da granchio. Obiettivo, un ristorante di fronte al club che riflette la sua insegna a forma di crostaceo sui finestrini del bus. È la fine del Paradiso. Un biglietto vincente del lotto, 18 milioni di dollari, si è perduto e i creditori avanzano. Ma...
Sprazzi del cinema visionario di Ferrara bucano lo schermo, video virati, elettrici, e la performance di Asia Argento che si avvita alla hot-rod, l'«asta calda» sul palcoscenico, lingua su lingua con il suo rottweiller, non è da poco. È questa scena, improvvisata da Asia, che ha dato visibilità al film «scandalo». E meno male, anche se l'attrice, dicono, si sarebbe pentita (ma solo per il linciaggio mediatico) di aver dato quella leccatina al mostruoso animale. Un bacio più che «maledetto», malinconico, simbolo di un cinema oltraggioso, di un'epoca di ricerca e di passione che di questi tempi nessuno vuole più finanziare. La malinconica di Ferrara ha la sua struggente bellezza come la spogliarellista con ambizioni artistiche che si esibisce solo di giovedì in tutù e danza sulle punte davanti a una platea assente.
Mariuccia Ciotta,
il manifesto, 20/6/2008

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