Simple Life (A) - Taojie
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Regia: | Hui Ann |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Susan Chan, Roger Lee; fotografia: Nelson Yu Lik Wai; musiche: Law Wing-Fai; montaggio: Manda Wai, Kwong, Chi-Leung; scenogra-
fia: Albert Poon Yick-Sum; interpreti: Andy Lau (Roger) Deannie Yip (Ah Tao) Wang Fuli, Qin Hailu, Anthony Wong Chau-Sang, Tsui Hark; produzione: Bona Entertainment Company Limited/Focus Films Limited-Sil-Metropole Organisation Limited; distribuzione: Tucker Film; origine: Cina-Hong Kong, 2011; durata: 117’. |
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Trama: | Chung Chun-Tao, detta Ah Tao, è stata per sessant'anni a servizio presso la famiglia Leung. Con il passare del tempo, i componenti della famiglia sono morti o sono emigrati, e ora Ah Tao è al servizio di Roger, l'unico Leung rimasto a Hong Kong. Un giorno, Roger trova la donna in preda a un ictus e la porta precipitosamente in ospedale, dove viene soccorsa e messa fuori pericolo. Dimessa dall'ospedale, Ah Tao decide di ritirarsi in un ospizio per non essere di peso a Roger, ma l'uomo si renderà conto di essere molto legato alla vecchia governante e dietro consiglio della madre deciderà di trasferirla in uno degli appartamenti di famiglia. Ah Tao avrà finalmente avere una casa tutta sua per la vecchiaia, ma ben presto le sue condizioni di salute si aggravano... |
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Critica (1): | Nei film di Ann Hui i sentimenti, gli stati d'animo, il mondo e il tempo non sono mai raccontati dalla messa in scena e dal montaggio. Come fa invece Stanley Kwan, per esempio. Lo stile di Ann Hui è semplice e trasparente, mai un gesto di troppo, mai un carrello o un piano sequenza dimostrativi o simbolici. E questo anche quando la realtà è in una delicata fase di cambiamento, come il Vietnam dopo la Liberazione di Danang di Boat People o la Hong Kong anni Quaranta sotto l'attacco dei giapponesi in Love in a Fallen City: raramente Ann Hui si affida all'enfasi o alla suspense; e se deve mostrare un bambino che trova una mina e salta in aria o far morire i protagonisti, sceglie la soluzione improvvisa e inattesa, un momento breve senza pathos che coglie di sorpresa, e che subito si chiude per passare ad altro.
È semplice, dunque, la regia di Ann Hui. Ed è di un'onestà intellettuale rara. Per buona parte, i suoi film parlano allo spettatore con spontaneità, talvolta con innocenza. A Simple Life non fa eccezione. Forse non è un caso che Ann Hui sia tra i pochissimi cineasti della new wave hongkonghese degli anni Ottanta a lavorare ancora con frequenza. È una storia di morte che si avvicina, A Simple Life, della fine di una vita, del tramonto inevitabile di uno sguardo. Non muore soltanto una donna di servizio affettuosa e materna: con Ah Tao muore la memoria di alcune generazioni e di una famiglia; con lei finisce un modo di essere e di relazionarsi (soprattutto attraverso il cibo); con il suo funerale si celebra anche il funerale di una certa Hong Kong. Il rapporto con Roger, ultimo suo "padrone", è di quelli silenziosi perché complici e strettissimi. Roger osserva spegnersi la domestica ma anche scivolar via i ricordi.
Se trent'anni fa Ann Hui guardava la società e ne scopriva la miseria, a costo di far vedere dei ragazzini che per sopravvivere saccheggiavano i corpi di persone appena fucilate, oggi chiude in qualche modo il cerchio con un mondo in cui il cinismo non ha senso, e dove la morte non può far dimenticare ciò che di buono l'ha preceduta. Niente più orrori inaspettati: A Simple Life è un film lineare e pulito, con i personaggi che non implicano più di ciò che danno a vedere. Stessa cosa per la regia di Ann Hui: non sottintende mai niente, non rimanda, non usa stratagemmi, ciò che avviene è ciò che si vede. Addirittura nelle scene più commoventi (la telefonata dei compagni di scuola di Roger, nella piccola piazza accanto alla panchina), Ann Hui sottrae tutto tranne il pudore. E cosa resta? Resta l'essenziale di una realtà che, dopo versamenti di sangue e cadaveri a mucchi, giunge all'epilogo più naturale. Chissà per quale motivo nel film compaiono Tsui Hark, Sammo Hung e – con unghie delle mani dipinte – Anthony Wong. Mi piace pensare che Ann Hui li abbia chiamati direttamente da quella Hong Kong là, ormai lontanissima, tre decenni fa, per farli partecipare assieme a Andy Lau (in un'interpretazione davvero gigantesca) a questo rito funebre eppure tutt'altro che tragico: testimoni (e amici) di fronte a un mondo che forse non è cambiato, ma che sicuramente ci ha insegnato a mettere ogni cosa nella giusta proporzione.
Pier Maria Bocchi, Cineforum n. 508, 10/2011 |
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