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Cognome e nome: Lacombe Lucien - Lacombe Lucien


Regia:Malle Louis

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Louis Malli e Patrick Modiano; fotografia (eastmancolor): Tonino Delli Colli; montaggio: Suzanne Baron; scenografia : Henry Vergnes; musica: Djangt Reinhardt, Quintetto Hot-Club di France; interpreti: Piene Blaise (Luciei Lacombe), Aurore Clément (France) Holger Lowenadler (Albert Horn) Thérèse Giehse (la nonna), Stéphant Bouy (Jean Bernard), René Bouot (Fauré), Ave Ninchi (madame Georges) Donato Castellaneta (un contadino), Loumi lacobesco (Betty Beaulieu), Jear Rougerie (Tonin), Gilberte Rivet (la madre); produzione: NEF, UPF, Paris, Vides Film, Roma/Halleluja Films; München; distribuzione: 20th Century Fox; origine: Francia - Italia - Germania federale, 1974; durata: 135'.

Trama:Lucien Lacombe, ragazzo diciassettenne di campagna, reduce al villaggio natio, trova nella fattoria una situazione assai triste e si rivolge al maestro per entrare nella Resistenza. Non accettato, mentre torna alla cittadina ove lavora presso un ospizio, ha un incidente e finisce nell'albergo ove soggiornano il comando della Gestapo e diversi collaborazionisti. Accolto con affetto dal corridore ciclista Aubert, che è a sua volta di Souleillac, dopo aver abbondantemente bevuto, denuncia il maestro che viene arrestato e torturato. Immesso nella polizia, Lucien prende parte alle azioni repressive pressochè incosciente. Presentato da Jean-Bernard de Voisins al sarto parigino Albert Horn, un ebreo che vive alla macchia sotto la ricattatoria protezione del nobile poliziotto, fa la conoscenza di France e se ne innamora. Horn, schiacciato dagli avvenimenti e perplesso per l'amore di Lucien verso sua figlia, si presenta alla Gestapo e viene deportato. Il ragazzo, dopo aver ucciso il nazista che si presenta per arrestare France e sua nonna, fugge con i due verso la Spagna. Sui Pirenei verrà preso, arrestato e fucilato.

Critica (1):Perchè a molti piacque Il portiere di notte? Perchè, contro certi schemi manichei, sondava nel profondo di anime messe a nudo dalla violenza della guerra, e portava a galla uno di quegli sconcertanti grovigli in cui si esprime l'ambiguità della natura e della storia. Qualcosa di analogo accade col film di Louis Malle (non avrete scordato il suo Soffio al cuore), che analizza il sorgere e i modi d'un fenomeno moralmente ignobile, ma non perciò di sempre facile giudizio: il collaborazionismo fra gli umili, i poveri di spirito, gli emarginati e quanto, a una svolta della storia, hanno in pugno il potere. Nel caso, fra un contadinotto francese e, tramite i fascisti, gli occupanti tedeschi. Tema grosso, e radice di polemiche: svolto, pur nei limiti di un film, in maniera lodevole. Siamo nella primavera del 1944, in provincia. Lucien, 17 anni, lavora come sguattero in un ospizio di vecchi, e sfoga i suoi istinti aggressivi col fucile e la fionda: i suoi bersagli sono, per ora, gli animali della campagna. Quasi del tutto illetterato, per il solo gusto di darsi daffare ha chiesto d'andare coi partigiani, ma, troppo giovane, è stato respinto. Ela sorte (una gomma forata) che rovescia il suo destino, e lo mette nelle mani d'un gruppo di petainisti al servizio dei tedeschi, alloggiati in un albergo - una "villa triste" - trasformato in centrale di spionaggio e casa di tortura. Divenuto, senza quasi averne coscienza, delatore e complice di infamie, protetto da una pistola, il suo balocco, e dalla tessera della Gestapo, Lucien ha in cambio quanto mai possedette; un ruolo sociale, e la facoltà di umiliare e incrudelire, come gli detta l'istinto. La sua maggior vittima è un sarto ebreo che vive nascosto, ricattato da uno dei nuovi amici di Lucien insieme a una vecchia madre e a una giovane figlia, France. Il nucleo del film è qui: nel singolare rapporto fra costoro e Lucien, che s'invaghisce della ragazza, e s'installa nella sua casa. Mentre la vecchia resta muta e ostile, il sarto è incerto se odiare Lucien, che gli insidia la figlia, o addebitare alla sua giovane età e all'indole rozza i modi arroganti: ha paura di lui, ma non vuole umiliarsi a un ragazzo. France, a sua volta, è combattuta fra la soggezione, l'amore e la speranza che il padre, grazie a lei, sia aiutato a fuggire in Ispagna. E Lucien, pur alternando i doni alle minacce, subisce il fascino che sprigiona dalla sua nuova famiglia: la sente nemica, o solo terrorizzata come i conigli che braccava nei campi, e tuttavia ne avverte il calore. Accade così che per ragioni e sotto forme diverse a un certo momento il "collaborazionismo" divenga una condizione di vita in cui, per sopravvivere, tutti sono un po' coinvolti: France si dà a Lucien, e il padre non trova il coraggio di cacciare l'intruso, anzi si illude di poter "parlare" con lui come a un adulto. Di più: quasi si consegna ai nemici, e finisce deportato. Quando scatta la rappresaglia nazista per un'azione partigiana, e anche France e la nonna rischiano di finire in Germania, Lucien ha un soprassalto: uccide il soldato tedesco che gli ruba un orologio e la ragazza, mette in salvo le donne, e fugge con loro. Chi saprà le vere ragioni del suo gesto? Il film non vuole né sa dirle: ci mostra i tre nascosti in montagna, con France ancora divisa fra l'amore per Lucien e la tentazione d'ammazzarlo, la nonna silenziosa e il ragazzo musone e infantile. Qualcuno, più tardi, lo giudicò: Lucien fu fucilato.
Film di soda struttura narrativa, retto da un gusto classico dell'immagine realistica calata in un'atmosfera che ha qua e là qualcosa di assurdo e di onirico, Lacombe Lucien è un'opera di qualità molto pregevole. Il ritratto compiuto da Malle rivela infatti una mano di inconsueta finezza, attenta a esplorare, attraverso i comportamenti, i dati psicologici e sociali che possono aiutarci a comprendere certi ingranaggi della vita e certi aspetti della storia: non soltanto di ieri ma, come già la Cavani, di sempre. Cosa ci dice il film? Che il male è spesso alleato dell'ignoranza; che la povertà e la sottocultura rendono i semplici disponibili alla violenza; e nel contempo che tutti i deboli possono farsi complici dell'abiezione in un gioco di reciproci ricatti. Si capisce perchè una parte della critica di estrema sinistra abbia condannato il film: l'uomo è fragile, ripete Malle nel solco d'una cultura che l'ideologia marxista rifiuta come irrazionale, e le sue origini proletarie non bastano a fargli scegliere la via giusta. Quanto accadde ieri in Francia (e in Italia), dove non tutti i figli del popolo furono con la Resistenza, si può ripetere ovunque l'ottusità morale,il sottosviluppo intellettuale, l'ansia di affermare comunque la propria identità, possono trasformare l'aggressività naturale in strumento di perfidia. Malle non assolve nè condanna il suo Lucien. Nutrito di forti esempi letterari, egli soprattutto osserva e crea, con una virtù inventiva inconsueta per densità e costanza di distacco. Ne esce, lo ripetiamo, un film fra i maggiori della stagione, intelligente e compatto, inquietante e moderno. I maggiori interpreti, come è giusto, sono quasi tutti sconosciuti, e tuttavia di resa eccellente: in prima fila Piene Blaise, un taglialegna portato felicemente sullo schermo a ripetere certe torve opacità contadine, e Aurore Clément, un'indossatrice parigina che dà alla ragazza ebrea trepidi chiaroscuri. Al loro fianco due attori di grande mestiere: il bulgaro Holger Lowenadler (il sarto), attivo nel teatro svedese, e la tedesca Thérèse Giehse (la nonna), venuta da Brecht, e un gruppo di caratteristi scelti con cura per dire le insidie del tempo e le bassezze dell'ambiente. L'ottima musica dell'Hot Club de France e la fotografia di Tonino Delli Colli sono più che un corredo: danno un aiuto importante al successo di un film che, rievocando anni bui, alza un segnale d'allarme.
Giovanni Grazzini, Gli anni 70 in 100 film, Laterza, 1978

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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