Due giorni, una notte - Deux jours, une nuit
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Regia: | Dardenne Jean-Pierre, Dardenne Luc |
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Cast e credits: |
Sceneggiatura: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne; fotografia: Alain Marcoen; montaggio: Marie-Hélène Dozo; scenografia: Igor Gabriel; costumi: Maïra Ramedhan-Lévy; interpreti: Marion Cotillard (Sandra), Fabrizio Rongione (Manu), Pili Groyne (Estelle), Simon Caudry (Maxime), Catherine Salée (Juliette), Baptiste Sornin (Sig. Dumont), Alain Eloy (Willy), Myriem Akheddiou (Mireille), Fabienne Sciascia (Nadine) Timur Magomedgadzhiev (Timur), Hicham Slaoui (Hicham), Philippe Jeusette (Yvon), Yohan Zimmer (Jérôme), Christelle Cornil (Anne), Laurent Caron (Julien), Franck Laisné (Dominique), Serge Koto (Alphonse), Morgan Marinne (Charly), Gianni La Rocca (Robert), Ben Hamidou (Kader), Carl Jadot (Miguel), Olivier Gourmet (Jean-Marc); produzione: Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd per Les Films Du Fleuve-Archipel 35-Bim Distribuzione- Eyeworks-France 2 Cinéma-Rtbf (Télévision Belge)-Belgacom; distribuzione: BIM; origine: Belgio, 2014; durata: 95’. |
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Trama: | Sandra ha un marito, Manu, due figli e un lavoro presso una piccolo azienda che realizza pannelli solari. Sandra 'aveva' un lavoro perché i colleghi sono stati messi di fronte a una scelta: se votano per il suo licenziamento (è considerata l'anello debole della catena produttiva perché ha sofferto di depressione anche se ora la situazione è migliorata) riceveranno un bonus di 1000 euro. In caso contrario non spetterà loro l'emolumento aggiuntivo. Grazie al sostegno di Manu, Sandra chiede una ripetizione della votazione in cui sia tutelata la segretezza. La ottiene ma ha un tempo limitatissimo per convincere chi le ha votato contro a cambiare parere. |
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Critica (1): | Salvare il lavoro di Sandra, collega problematica, o prendersi un bonus da mille euro e la certezza di conservare il proprio posto? La sostanza (narrativa) del nuovo film dei Dardenne è tutta qui. Una scelta etica e anche politica, nel senso che può avere questo termine in una società in cui non ci sono più lotte collettive, ma solo diritti e doveri individuali, vite singole alle prese con problemi globali, persone ridotte a numeri.Sandra non ha un sindacato a cui rivolgersi. L'unica cosa che può fare è andare da una casa all'altra a chiedere ai colleghi di votare perché lei venga reintegrata, rinunciando al bonus. Politica porta a porta.
E così il cinema super realista dei Dardenne (come già in altre occasioni, da La promesse al mirabile Il figlio) assume quasi la forma di un film di genere, un thriller etico in cui ci ritroviamo a fare la conta, sospesi tra speranza e disperazione, tra un colpo di scena e l'altro (morale o esistenziale), dentro una struttura drammaturgica inesorabilmente obbligata e ripetitiva. Con la differenza, rispetto al passato, che il cinema essenziale e rigoroso dei Dardenne da un punto di vista stilistico appare ancora più asciutto, meno "spettacolare" (nel senso autoriale del termine), rifuggendo il rischio di un film "alla maniera dei Dardenne". La macchina da presa non sta più incollata al primo piano della sua protagonista, non si aggrappa alle spalle di un'antieroina in lotta con il mondo per coincidere perfettamente, fisicamente, con il suo sguardo e le sue emozioni, ma fa due passi indietro e osserva lei e gli altri insieme (con partecipe distacco), adotta la sua storia individuale, segue il suo percorso, per introdurci in un dramma collettivo in cui ognuno è ridotto a un singolo senza rete (senza protezione sociale, senza un gruppo che lo renda più forte).
Sandra non è una vittima sacrificale. Non è un personaggio da compiangere. È una donna fragile, ondivaga, neanche tanto simpatica, che sta cercando di uscire da un esaurimento nervoso, e che prova a riconquistare il suo posto di lavoro solo per le insistenze di un'amica e di suo marito. I colleghi non sono dei nemici, degli egoisti immorali (o comunque non tutti). Sono persone che hanno bisogno del loro lavoro, esattamente come lei, e che non possono rinunciare a un bonus di mille euro. C'è chi ha ragioni fatue, discutibili, e chi invece non può proprio farne a meno. Sandra ci conduce da una vita all'altra, fa in modo che ogni numero, ogni voto, torni a essere una persona, una storia, con i suoi problemi e la sua sensibilità. Il sistema li mette uno contro l'altro e loro, con tutti i propri limiti, cercano di capire, di vivere onestamente, mentre sono impegnati a sopravvivere; c'è chi accetta il principio della concorrenza tra poveri (il debole deve soccombere perché il meccanismo funzioni) e chi mette al primo posto la solidarietà, ma i più sono in bilico, lasciati allo sbando, senza un principio, un'idea collettiva, un sistema di valori che li aiuti a scegliere. Eppure una speranza c'è. La lotta è ancora possibile e ha a che vedere con la coscienza di ognuno, con la capacità di capire le esigenze dell'altro, con il coraggio della responsabilità. Cosa c'è di più politico?
Fabrizio Tassi, Cineforum n. 535, 6/2014 |
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