Donne sull'orlo di una crisi di nervi - Mujeres al borde de un ataque de nervios
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Regia: | Almodóvar Pedro |
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Cast e credits: |
Soggetto: Marisa Ibarra; sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; musica: Bernardo Bonezzi; montaggio: José Salcedo; scenografia: Félix Murcia; costumi: José Maria de Cossio; interpreti: Carmen Maura (Pepa), Antonio Banderas (Carlos), Julieta Serrano (Lucia), Maria Barranco (Candela), Rossy de Palma (Marisa), Guillermo Montesinos (il tassista), Kiti Manver (Paulina Morales), Chus Lampreave (la portinaia), Angel de Andrés Lopez (primo poliziotto), Yayo Calvo (secondo poliziotto), Loles Leon (Cristina), Fernando Guillén (Ivan); produzione: Antonio Lloréns, per El Deseo S.A./Laurenfilm/Ministerio de Cultura; distribuzione: CDI; origine: Spagna, 1988; durata: 89'. |
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Trama: | Pepa e Ivan, due doppiatori, vivono un momento di forte crisi della loro unione sentimentale: lui non la vuole più vedere, lei vuol disfarsi dell'appartamento che li ha visti insieme. A complicare i crucci di Pepa si mettono l'amica Candela, ricercata dalla polizia, e la matura Lucia, vecchia fiamma di Ivan che le ha lasciato un figlio di vent'anni, che insegue l'ex amante per ucciderlo. Pepa salverà Ivan dalle pallottole di Lucia, ma lo saluterà anche per sempre. |
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Critica (1): | Gli splendidi titoli di testa del film, ispirati alla grafica dei rotocalchi femminili e alla cartellonistica anni Sessanta, tra un modello di Balenciaga e un'acconciatura laccata, un reggiseno turgido e un rossetto troppo carico, prefigurano, col ricorso a un'immagine banale e modaiola, molto "maschile", della donna (la donna di copertina) quello che è il senso di tutto ciò che vedremo in seguito: un gioco ironico e provocatorio sulle peripezie di una donna abbandonata, presa tra la nostalgia di una condizione di dipendenza e la scoperta di una faticosa autonomia. In effetti, la doppiatrice Pepa, col suo uso smodato di tacchi alti, orecchini vistosi e gonne fascianti, che la impacciano e la rendono un po' ridicola nel suo frenetico andirivieni per luoghi e situazioni, non proietta certo di sé una immagine di donna moderna e indipendente, anche se alla fine riuscirà a fare a meno del suo ex amante. Con tipico sberleffo, Almodóvar rovescia infatti l'ottica dei film, consegnandoci addirittura nel finale un perfetto dialogo tra donne (sole): alla giovane rockettara che le confida di preferire le moto agli uomini (inversione del vecchio adagio macho-western "la miglior donna non vale un buon cavallo"), Pepa risponde che "è più facile capire la meccanica che la psicologia maschile. Si può arrivare a conoscere a fondo una moto. Mai un uomo". Posizione ambigua.
Del resto, a leggerne le dichiarazioni, Almodóvar pare scettico sulla possibilità della sua eroina di "fare da sola": «La donna sa che ha bisogno dell'amore per continuare a respirare, ed è pronta a difenderlo a tutti i costi. Perché in questa eterna lotta, tutte le armi sono ammesse [...]. Le ragazze sanno come comportarsi quando il loro uomo le lascia. Non conoscono il pudore, né hanno il senso del ridicolo, né quella orribile cosa che si chiama amor proprio». Date queste premesse, è facile capire come gran parte del divertimento assicurato dal film derivi proprio dalle scomposte reazioni di Pepa abbandonata dal collega di lavoro, anche se non mancano altre riuscite figure da commedia degli equivoci (il tassista, i terroristi, i due poliziotti, la portinaia testimone di Geova...). Il talento forse più fresco del nuovo cinema spagnolo è nato in un piccolo e polveroso villaggio della Mancha, Calzada de Calatrava, negli anni Cinquanta, e di lì, come don Chisciotte, si è mosso contro i mulini a vento del filisteismo piccolo-borghese. Ma prima di sfondare, ha dovuto lavorare per dieci anni, a Madrid, presso la Telefonica, e cioé la Sip iberica. Ecco perché, prima di ogni altra cosa, Donne sull'orlo... è soprattutto, oltre che un prezioso esercizio stilistico sul gusto femminile, un feroce atto d'accusa nei confronti del telefono e la segreteria telefonica. Che ci sentiamo di sottoscrivere appieno. Non è vero, infatti, che gli esseri umani comunichino attraverso il telefono. Anzi, spesso il telefono non connota altro che lo scarso interesse che nutriamo in realtà per il prossimo. E la segreteria telefonica è anche peggio perché è il veicolo di ogni bugia. In questo film Almodovar si è permesso di liberare il suo (il nostro) subcosciente: l'eroina getta per ben due volte il telefono dalla finestra ed una volta la segreteria telefonica! Come dice il regista, «io consiglio a tutti quelli che aspettano inutilmente una chiamata accanto al telefono, di gettare l'apparecchio dalla finestra. È molto meglio che impiccarsi col suo filo. Sotto questo aspetto, Donne sull'orlo di una crisi di nervi è un film ottimista e positivo».
Alberto Morsiani, Segno cinema, n. 36 gennaio 1989 |
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