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Uomo che cadde sulla Terra (L') - Man Who Fell to Earth (The)


Regia: Roeg Nicolas

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo di Walter Tevis; sceneggiatura: Paul Mayersberg; fotografia: Anthony B. Richmond; musiche: John Phillips, Stomu Yamashta; montaggio: Graeme Clifford; scenografia: Brian Eatwell; costumi: May Routh; effetti: Harrison Ellenshaw; interpreti: David Bowie (Thomas Jerome Newton), Rip Torn (Nathan Bryce), Candy Clark (Mary-Lou), Buck Henry (Oliver Farnsworth), Bernie Casey (Peters), Jackson D. Kane (Professor Canutti), Rick Riccardo (Trevor), Tony Mascia (Arthur), Linda Hutton (Elaine), Hilary Holland (Jill), Jim Lovell (se stesso), Peter Prouse (socio di Peters), Claudia Jennings (moglie di Peters), Richard Breeding (receptionist), Adrienne Larussa (Helen), Lilybelle Crawford (gioielliere), Albert Nelsom (cameriere); produzione: British Lion Film; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Gran Bretagna, 1976; durata: 118'.

Trama:Da un pianeta sconosciuto, sul quale una spaventosa siccità ha quasi cancellato la vita, giunge sulla Terra in cerca di salvezza per la propria famiglia (che non lo ha seguito), uno dei pochi superstiti. Adottate sembianze umane, assunto il nome di Tomy Newton, questi riesce in breve tempo, sfruttando nove brevetti che ha con sè, a impiantare una potentissima multinazionale elettronica: la World Enterprise. Accumulata un'immensa fortuna, assolda uno scienziato, Nathan Brice, cui affida il compito di costruire un'astronave capace non solo di ricondurre Newton al pianeta d'origine, ma anche di trasferirvi l'energia necessaria a farlo rivivere. Benchè soltanto tre persone (il presidente della multinazionale, Oliver Farnsworth, Brice e Mary-Lou, una cameriera d'albergo innamoratissima di Newton) conoscano piu' o meno il suo segreto, questo trapela, per cui gli interessi minacciati dalla strapotenza della World Enterprise provocano l'intervento della CIA. Sequestrato Newton, gli agenti lo consegnano a un'èquipe di medici perchè lo facciano oggetto del loro studi. Malgrado i tentativi per salvarlo compiuti da Mary-Lou e da Brice, Newton esce dalle mani degli scienziati trasformato per sempre.

Critica (1):«A volte gli pareva d’impazzire come impazziscono i terrestri; eppure, teoricamente, per un antheano era impossibile diventare pazzo. Non capiva cosa gli stesse succedendo, o che cosa fosse successo. Lo avevano preparato alla tremenda difficoltà di quell’impresa, ed era stato prescelto proprio per la sua forza fisica e le capacità di adattamento. […]
E lui, l’antheano, l’essere prescelto di una razza superiore, stava perdendo il controllo di sé, stava diventando un degenerato, un ubriacone, una creatura sciocca e sperduta »

Walter Tevis è uno dei grandi nomi del Novecento americano che, nonostante la grande diffusione delle sue opere, rimane oggi ancora in ombra. Dai suoi romanzi sono stati infatti tratti film di successo, come Lo Spaccone (R. Rossen, 1961), Il colore dei soldi (M. Scorsese, 1986), e lo stesso L’uomo che cadde sulla terra (N. Roeg, 1976), con David Bowie. Uomo schivo e solitario, ha sempre utilizzato ritratti di se stesso come metafora di condizioni esistenziali proprie dell’uomo moderno: l’alieno Newton di questo romanzo gli somiglia moltissimo nei tratti fisici, nel carattere, nella dipendenza dall’alcool, nel rapporto doloroso con gli ospedali e i ferri chirurgici, nei mutamenti interiori che lentamente lo deteriorano.
Come rivelano i titoli dei capitoli interni, che citano Icaro, è la storia di una rapida ascesa e di una inesorabile caduta, che coinvolgono qui un solo essere, ma che in effetti chiamano in causa l’intera società, malata nel profondo: per salvarsi dall’autodistruzione gli uomini hanno bisogno di una dittatura illuminata, per sopravvivere alla quotidianità, anche per il più colto e raffinato di loro è necessario l’offuscamento della coscienza tramite l’alcool, come a dire che le condizioni sociali hanno un ruolo guida nelle nostre trasformazioni interne, e che un ambiente negativo corrompe anche i migliori, se incapaci di difesa. L’avventura, senza gli strumenti giusti per affrontare la missione, anziché formare può rovinare, e rivelarsi fatale.
(Cineteca di Bologna)

Critica (2):Recitare in L’uomo che cadde sulla Terra fu un momento indispensabile di tregua per Bowie. Il film rappresentava un nuovo progetto importante e artisticamente gratificante su cui concentrarsi, ma anche un’occasione in cui non era lui a dover dirigere (nel senso più ampio del termine) se stesso, cosa che a quel punto probabilmente sarebbe stata al di fuori della sua portata. Secondo tutte le testimonianze la sua forma psicofisica fu decisamente migliore durante i tre mesi trascorsi nei panni di Thomas Jerome Newton in New Mexico rispetto al periodo passato con le tende tirate nelle varie case di Los Angeles. Sembrava che il cambiamento di location gli avesse giovato: in una pausa dalle riprese un Bowie apparentemente rilassato e affabile disse che trovava il New Mexico “così pulito, puro, e anche puritano... non solo la gente, ma la terra... Mi piacerebbe che il resto (dell’America) fosse così”.
Quando la sua presenza sul set non era richiesta se ne stava allo Hilton Inn di Albuquerque con un piccolo entourage composto da Coco Schwab e, di tanto in tanto, da suo figlio Zowie, che all’epoca aveva quattro anni, imparando a maneggiare una cinepresa 16 mm datagli da Roeg o buttando giù frammenti di idee per film e libri (compreso un tentativo abortito di autobiografia, The Return Of The Thin White Duke). Inoltre leggeva avidamente, come sempre: a quanto pare per le undici settimane previste per le riprese si era portato dietro quattrocento libri. Secondo la maggior parte delle testimonianze Bowie rimase pulito durante la permanenza in New Mexico. In seguito il produttore esecutivo Si Litvinoff ha ricordato che il cantante aveva promesso di “non farsi di coca durante le riprese”, anche se riusciva ancora a restare sveglio fino a tarda notte a lavorare a un’eventuale colonna sonora. Nicolas Roeg, da parte sua, aveva deciso sin dall’inizio di “non dire o fare nulla” a proposito dell’uso di cocaina di Bowie, poiché “non sono uno che ama alimentare i sensi di colpa e non cerco di curare nessuno dalla propria umanità”.
La magrezza di Bowie era ancora preoccupante, tuttavia, e sembrava che vivesse di poco più che gelato. Secondo Candy Clark, interesse amoroso di Bowie sullo schermo e di Roeg nella vita, il cantante e attore non riuscì a presentarsi alle riprese di una scena particolarmente memorabile – il punto in cui Jerome rivela a Mary-Lou, il personaggio interpretato dalla Clark, la sua vera natura di alieno – perché “aveva bevuto del latte e si era sentito male”. Ancora terrorizzato da maghi e stregoni, Bowie trovò l’episodio davvero inquietante.
Quando si parla di L’uomo che cadde sulla Terra spesso lo si definisce, per convenienza, un film di fantascienza (formula solitamente accompagnata, addirittura, dalle espressioni “di culto” e “classico”), ma in realtà assomiglia ben poco ad altre pietre miliari del genere. Jerome sarà anche un alieno, ma non avrebbe fatto alcuna differenza ai fini della trama se invece fosse stato, come a un certo punto si chiede un altro personaggio, lituano. Il film è un racconto allegorico di dislocazione e impotenza; di potere, corruzione e menzogne. Lo stesso Bowie, intervistato sul set per la rivista «Creem», lo definì “una storia d’amore tristissima e dolce”, riassumendo così il personaggio di Newton: “l’uomo nella sua forma più pura... distrutto dalla corruzione che lo circonda”.
Ci sono allusioni alla vita di Cristo (quando Newton viene tradito dal Giuda Nathan Bryce) e di Howard Hughes, versione in carne e ossa del protagonista, ossessivo, brillante, all’avanguardia e solitario; ci sono anche accenni allo stesso Bowie, l’“alieno” che trae profitto dall’America continuando però a sentirsi un outsider. Ma forse più rilevanti sono i riferimenti al volo mitologico di Icaro, frequentemente ritenuto una metafora del tracrollo della società. Che si tratti di allusioni intenzionali è confermato dalla scena in cui Bryce si sofferma, sfogliando un libro d’arte, su una riproduzione di La caduta di Icaro di Bruegel, affiancata dalla poesia di W.H. Auden Musée Des Beaux-Arts, a sua volta incentrata sul mito di Icaro e direttamente ispirata al dipinto.
Più di trent’anni dopo, L’uomo che cadde sulla Terra resta un’interpretazione affascinante e originale del genere fantascientifico, che spesso si riduce a poco più di una formula. Viene ancora annoverato tra i migliori film di Nicolas Roeg, ed è universalmente considerato la più grande performance di Bowie come attore. Questo, forse, perché a malapena dovette recitare. “L’istantanea del film che ricordo è che non dovevo recitare”, ha confessato poi, e in effetti non è stato un gran male, dato che nelle occasioni in cui a Bowie viene chiesto qualcosa in più che un atteggiamento “disincarnato” l’effetto è una certa impacciata goffaggine. Il resto del cast è intenso e ben selezionato: Candy Clark saggiamente ha reso la nevrotica, solitaria Mary-Lou “altrettanto falsa di Thomas Jerome Newton, con le unghie e le sopracciglia finte e la parrucca”; Rip Torn apporta un distacco gelido e ipocrita al professore di college diventato scienziato Nathan Bryce; Buck Henry, infine, è disinvolto ed efficace nel ruolo del consulente di brevetti Oliver Farnsworth.
Visivamente il film è difficilmente criticabile. Roeg è altrettanto bravo a catturare la bellezza desolata del panorama del New Mexico che a immaginare l’arido pianeta natio di Newton. La versione offerta da Roeg di questo mondo alieno è piuttosto convenzionale se paragonata ad altri film di fantascienza: forse, come suggerisce il critico cinematografico Graham Fuller, perché il regista è ansioso di mostrare che “la vita sulla terra è più bizzarra e sconcertante di qualsiasi cosa accada nello spazio”. Malgrado il pretesto fantastico, L’uomo che cadde sulla Terra affronta molti temi presenti negli altri film di Roeg: la mancanza di comunicazione e di intimità emotiva tra gli amanti, la sensazione di dislocazione in una terra straniera e un senso di stordimento e di spostamento temporale. (Lo spettatore percepisce lunghi vuoti nella narrazione e il tempo che inciampa e si muove a diverse velocità, ma non riesce mai a far quadrare o a quantificare questi due elementi.) (...)
(...) Le riprese di L’uomo che cadde sulla Terra si conclusero verso la fine di settembre, ma Thomas Jerome Newton rimase con Bowie molto più a lungo. A quanto pare Nicolas Roeg (che avrebbe dedicato i nove mesi successivi al montaggio del film) aveva avvisato il musicista di questa eventualità prima che il film entrasse in produzione, ma forse si riferiva solo al pericolo che il ruolo gli sarebbe rimasto cucito addosso. In realtà Bowie, che secondo Roeg e gli altri era “diventato” Newton piuttosto che limitarsi a interpretarlo durante la lavorazione del film, rimase nel personaggio anche dopo la partenza dal New Mexico e il ritorno a Los Angeles. Conservò i vestiti di Newton – che, da contratto, aveva contribuito a scegliere – e i suoi vistosi capelli rosso fuoco con la riga al centro. Anche l’aria di solitaria alienazione e di gelida paranoia di Newton gli rimasero appiccicate, e influenzarono chiaramente il successivo (e ultimo) personaggio di Bowie, il Sottile Duca Bianco.
"Bowie - La trilogia berlinese" di Jerome Thomas Seabrook, edito da Arcana, in Repubblica XL, 2013

Critica (3):

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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