Filo di luce appunti per un film sul senso del luogo
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Regia: | Fasano Michele |
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Cast e credits: |
Interpreti: Ramandeep Kaur, Guru foga Singh, Fiorenzo Cauzzi, Jagdeep Singh, Rafinder Mavi, Mewa Singh, Suki Kaur, Mawi Ajmer Singh, Prem Kaur, Jaspal Singh, Himmat Singh, Verinder Kaur, Gurprect Singh, Harpreet Kaur, Darshan Singh, Gurmeet Kaur, Jagirpal Singh, Harjeet Kaur, Harmanpal Singh, Amitpal Singh; fotografia: Michele Fasano; seconda camera: Sabrina Pogliani; montaggio: Michele Fasano; post–produzione del suono: Studio Arki; musica: Daniele Furlati; locations: Luigi Ghisleri; intermediazione culturale: Prem Lal Rai-na; consulenza scientifica: Maria José Compiani (sociologa), Saverio Mar-chignoli (indologo); produzione: Sattva Films. Production and School; origine: Italia, 2003; durata: 56’. |
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Trama: | Ramandeep è una bambina di dieci anni, indiana, di religione sikh, arrivata in Italia quando ne aveva quattro al seguito di sua madre. Non ricorda nulla del Punjab, la terra d’origine del padre, emigrato in Pianura Padana sei anni prima della moglie, per lavorare come mungitore in cascina là dove una volta vivevano i contadini italiani ormai estinti. Raman è felice di vivere in campagna perché, come lei dice, le piacciono i «paesaggi silenziosi». Racconta, però, che dopo una vacanza in Punjab, dove aveva ripreso contatto con la terra del padre, è ritornata in Italia piena di domande... dando avvio ad un confronto tra la terra d’origine e quella che la ospita e sente sua. Si reca, quindi, dal guru del tempio sikh di Vescovato in provincia di Cremona per cercare qualche risposta a tali quesiti. Dai racconti del guru emergono principi di rispetto per le altre culture, per le altre religioni e per la biodiversità della natura. La bambina scopre così che già in precedenza, da sola, aveva fatto propri quei pensieri, senza saperlo, nell’ascolto silenzioso del paesaggio sonoro della campagna – come lei dice: «quando le macchine si fermano» –, sullo sfondo del fiume Po, tra Cremona e Reggio Emilia. |
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Critica (1): | Da una quindicina d’anni a questa parte, lungo il fiume Po, simbolo dell’identità culturale dell’Italia del nord, nelle campagne, si sta insediando silenziosamente un numero assai cospicuo d’indiani provenienti dal Punjab, regione divisa tra India e Pakistan. Il Punjab, la terra dei cinque fiumi, è assai simile al paesaggio della Pianura Padana, soprattutto a quello tra Cremona e Reggio Emilia. A tratti non sembra possibile distinguere i paesaggi in cui essi ormai vivono, da quelli che si possono osservare nelle fotografie che ti mostrano.
Il tutto è accaduto in modo silenzioso ed invisibile. Solo da poco tempo gli italiani si rendono conto del fenomeno perché i figli di questi discreti nuovi ospiti cominciano ad andare a scuola, i loro gruppi familiari accedono ai servizi sociali, si aprono negozi per i prodotti di consumo tipicamente indiani e nelle città tutto questo è sembrato uno sbocciare improvviso. In realtà tutto è cominciato già molti anni fa. Come siano arrivati fin qui non è certo, ma pare che la catena migratoria sia iniziata con il Circo Togni, che voleva solo lavoranti sikh o hindu per la pulitura delle bestie. Il vecchio Togni d’origine Sinti, un Rom, d’origine indiana, assumeva indiani per la stagione e poi li sistemava nelle stalle della Bassa in quel di Brescia.
La maggior parte di questi indiani sono di religione sikh. Il sikhismo è una religione che sintetizza la tradizione induista con alcuni aspetti specifici della cultura islamica, in particolare con il sufismo che considera tutte le religioni vie diverse, di pari dignità, alla verità comune a tutte. Questo tratto sufi è molto forte nel carattere e nella cultura di queste persone. In Europa pare stiano bene, in Asia invece sono spesso stati perseguitati per il loro tentativo culturale di sintetizzare le due tradizioni, l’islamica e l’induista, secolarmente in conflitto.
Lavoratori indefessi e fidati, con una sensibilità particolare per l’allevamento, essi sono un tipo di dipendente ideale per gli allevatori che producono il latte che viene trasformato in parmigiano. In molti casi sono indiani i casari che producono il parmigiano. La loro pazienza con gli animali è frutto di una cultura d’allevamento secolare. Prendono paghe da € 2000 al mese, casa in cascina gratis, spese comprese, hanno spesso un pezzo di terra dove coltivare l’orto, per le piante e le spezie della loro dieta vegetariana introvabili in Italia.
Sono molto religiosi ed hanno costruito i loro templi. Almeno cinque, il più grande a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. I templi sono anche luoghi di socialità allargata, in cui vengono risolti problemi di ogni tipo: sono scuola di inserimento sociale, ma anche ufficio di collocamento, luogo di mutuo soccorso ed asilo nido…
Oggi i sikh, lungo il fiume Po, sono almeno 25.000, in quel di Cremona, Brescia, Reggio Emilia, Parma, Mantova, Verona. Attirati dal denaro e dalla tecnologia, cui sono molto sensibili, hanno colmato un vuoto che non è solo di manodopera, ma anche di senso della comunità, fede, ritualità, canto e sensibilità ecologica. |
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Critica (2): | |
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Critica (3): | |
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Critica (4): | |
| Michele Fasano |
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