Grande rapina al treno (La) - Great train robbery (The)
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Regia: | Porter Edwin Stanton |
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Cast e credits: |
Soggetto e fotografia: Edwin S. Porter; scritto: Scott Marble, Edwin S. Porter; fotografia: Edwin S. Porter, Blair Smith; interpreti: Max Aronson, Georges Barnes, Frank Hanaway e Mary Murray; produzione: Edison Company; origine: USA, 1903; durata: 10’. |
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Trama: | Uno dei primi film della storia del cinema dove con un racconto lineare completo, cioè dove tra una scena e l'altra non ci sono salti temporali (almeno non sempre). |
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Critica (1): | Edwin Stanton Porter (Connellsville, PA, 1870, New York 1941) è considerato il padre del cinema americano, così come Louis Lumière è considerato, in assoluto, il padre del cinema. Porter non era un cineasta. Nessuno dei suoi contemporanei poteva esserlo. Americano di molti mestieri (idraulico, imbianchino, marinaio), era approdato alla Raff and Gammon di New York come operatore del Vitascope edisoniano. S’improvvisò fotografo, prese contatti con la Edison Company. James White, che dirigeva la produzione della società, gli affidò mansioni – allora così poco definite – di regia e di ripresa. Divenne in breve tempo il produttore più importante della Edison, e il coordinatore di tutta l’attività produttiva.
«Impegnato a girare piccoli film di 40-50 piedi di lunghezza» ricordò, «mi chiedevo se mai fosse stato possibile produrre per il cinema una storia drammatica ». Fu ciò che tentò con The Life of an American Fireman (1902), elaborando la storia del salvataggio di una donna e di un bambino da una casa in fiamme, e con Uncle’s Tom Cabin (1903), trasposizione in immagini della versione teatrale (opera di George Aiken) del fortunato romanzo di Harriet Beecher Stowe. Entrambi i film avevano la lungherzza, per i tempi inusitata, di circa 800 piedi (intorno ai 270 metri).
Di lunghezza e struttura analoghe fu The Great Train Robbery, che Porter girò nel settembre del 1903 a Dover (New Jersey) lungo la ferrovia gestita dalla Delaware, Lackawanna and Western, che stava allora conducendo una campagna pubblicitaria a favore dei viaggi in treno. Il regista utilizzava la riduzione (pare compiuta da James White) di un dramma teatrale di successo, ispirato a un fatto di cronaca. Fu la terza – e la migliore – «storia drammatica» che il trentatreenne ex-proiezionista riuscì a comporre, girando e mettendo in sequenza 14 inquadrature secondo una elementare successione narrativa.
Due banditi irrompono nell’ufficio telegrafico di una stazione ferroviaria e costringono il telegrafista a fermare, per il rifornimento dell’acqua, il treno in transito. Altri banditi, appostati presso il serbatoio, saltano sul treno. Due dei banditi piombano nella vettura postale, ammazzano il corriere e trafugano il sacco dei valori. Sulla locomotiva in corsa altri due aggrediscono il fuochista, puntano la pistola contro il macchinista e lo costringono a bloccare il treno. Il treno è fermo. I banditi costringono il macchinista a staccare la locomotiva. Sulla scarpata. I banditi fanno scendere i viaggiatori e li depredano. I banditi salgono sulla locomotiva, il macchinista rimette in moto. La locomotiva si arresta lontano dal luogo della rapina. I banditi fuggono. Una valle. I banditi si allontanano a cavallo. Nell’ufficio della inq. 1, il telegrafista, che i banditi avevano legato, è liberato dalla figlioletta. Esce di corsa. Un saloon. Si balla. Entra il telegrafista, dà l’allarme. Gli uomini si armano. Su una collina galoppano i banditi, inseguiti dagli uomini del saloon che sparano. Un bosco. I banditi, scesi da cavallo, si spartiscono il bottino. Giungono di soppiatto gli inseguitori, li accerchiano. Sparatoria. Cadono i banditi. Primo piano del capo dei banditi che fa fuoco in direzione della macchina da presa. Due sono gli elementi essenziali del film: la tecnica teatrale delle riprese (gli attori sono presenti in ogni inquadratura tutti insieme, secondo la disposizione di un ideale palcoscenico: agiscono perciò in campo medio e lungo), l’articolazione dei fatti in un conseguente sviluppo temporale, creato dal montaggio di 14 frammenti isolati di azione. A questo si aggiunga – ed è l’elemento più straordinario e innovativo, per la posizione in cui è collocato, alla fine della «storia» – il primo piano del bandito che spara alla macchina da presa, ossia allo spettatore.
Nasceva così il primo esempio di plot cinematografico: una azione elementare, una rigida progressione logica, il tentativo di creare una morfologia linguistica autonoma.
La realizzazione del film costò 150 dollari. La Edison mise in commercio una edizione di 740 piedi, vendendone centinaia di copie a 11 dollari.
Fernaldo Di Giammatteo, da 100 film da salvare |
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Critica (2): | Se la storia del Cinema delle origini dovesse essere giudicata unicamente in base alle innovazioni - il primo piano ravvicinato, il primo montaggio parallelo ecc. - e se i principali protagonisti dovessero essere valutati soprattutto in quanto precursori, allora film come L'assalto al treno correrebbero il rischio permanente di essere visti - o letti, come si suol dire - da un solo punto di vista: sino a quando si possono far risalire gli elementi che oggi costituiscono la base della narrazione cinematografica? Un simile approccio non soltanto metterebbe in ombra la notevole tensione intrinseca de L'assalto al treno ma implicherebbe che il "linguaggio del film' si è sviluppato soltanto grazie al talento, o alle scoperte, di singoli cineasti, anzichè essere il risultato del modo in cui gli spettatori sono stati educati a "leggere" un film, in termini storici e culturali. Lo storico del cinema Noel Burchha sottolineato il ruolo del cinema delle origini nel quadro degli strumenti popolari di intrattenimento dell'epoca: il feuilleton, il circo, il vaudeville, spettacoli di lanterne magiche e "quadri viventi". Alla fine del secolo XIX, il film prende in prestito numerosi elementi da queste e altre forme di arte popolare, per trovare un linguaggio che sia comprensibile al pubblico delle platee. Ma ciò che rende così avvincente per lo spettatore L'assalto al treno è il modo in cui ogni "quadro" - l'assalto, i passeggeri del convoglio, la danza nel granaio, la caccia ai banditi e la sparatoria- forma parte di una narrazione articolata. La vicenda passa da un avvenimento all'altro e cresce di tensione sino all'acme che corrisponde alla fine del film. 19 senso di appagamento dello spettatore deriva non soltanto dalla struttura narrativa - gli elementi della storia decisi in sede di sceneggiatura, edevidenziati dal montaggio ma anche dal tipo di riprese. Il regista realizza una singolare mescolanza di riprese frontali, mezzi campi lunghi (ad esempio la danza campagnola) ed esterni, compresa una panoramica per seguire i banditi mentre fuggono dal treno e scendono la collina. Recenti studi hanno dimostrato che il 1903 è la data esatta di produzione di The Life of An American Cowboy, film che ugualmente si conclude con una eccitante sequenza di caccia all'uomo. Nel film di Porter la macchina da presa si muove leggermente verso destra per mantenere la scena della cattura dei banditi al centro del fotogramma. La lezione che se ne ricava è che qualsiasi cosa accada nella inquadratura, l'azione più significativa della vicenda deve sempre trovarsi al centro. Il migliore esempio di questa regola si ha ne L'assalto al treno quando l'impiegato delle poste interrompe la danza nel granaio con la notizia della rapina: una scena d'azione a carattere quasi documentario, che d'improvviso cambia di tono mettendo a fuoco gli sviluppi della storia. Tra tutti gli elementi dinamici del film, il più notevole è senza dubbio rappresentato dal primo piano del capo dei banditi - interpretato da George Barnes, d'aspetto minaccioso con il cappello a larghe tese e il fazzoletto da cowboy - che punta il suo revolver contro la macchina da presa e "spara a bruciapelo contro ogni spettatore", come riferisce il catalogo della casa produttrice, la Edison. La forza suggestiva di questo primo piano e la sua carica emotiva nei confronti di un pubblico non abituato a sequenze d'azione così ravvicinate furono notevolissime. È significativo il fatto che questa breve sequenza venisse venduta insieme con il film, ma non montata nell'ambito della narrazione. I distributori avevano infatti la possibilità di presentarla prima dell'inizio dello spettacolo, oppure alla fine. La verità è che in un film composto solamente di campi lunghi e campi medi, il primo piano di George Barnes non poteva essere inserito nella narrazione, perchè era impossibile farlo "leggere" come parte della storia a un pubblico non ancora abituato a piani così ravvicinati. La sequenza inoltre avrebbe complicato la narrazione introducendo un viso umano riconoscibile - quindi un personaggio - in una azione basata esclusivamente su figure in prospettiva. Questo primo piano aveva però una funzione nella dinamica del film: presentato in apertura era una specie di anticipazione dell'azione che sarebbe seguita; mostrato alla fine serviva da commiato e minaccioso avvertimento, quasi un trionfo postumo del "cattivo" che ritornava vivo e vegeto dopo la sua morte che avveniva nell'ultima sparatoria. Il film, con appena venti sequenze, contiene una varietà di situazioni, una fluidità di passaggio da scena a scena e una incisività d'azione quali non si erano mai viste nel cinema americano. Per le prime platee, la leggenda del West selvaggio era stata riportata in vita nel mondo più avvincente. Il tutto per una monetina.
II Cinema Grande Storia Illustrata V. 9, De Agostini,1983 |
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Critica (4): | |
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