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Orfeo - Orphée


Regia:Cocteau Jean

Cast e credits:
Soggetto, sceneggiatura e dialoghi:
Jean Cocteau; fotografia: Nicolas Hayer; scenografia: d’Eaubonne; costumi: Escoffier (Bérard, proprio prima della sua morte, aveva cominciato a disegnare gli abbozzi di scenografia e di costumi); suono: J. Calvet; musica: Georges Auric; interpreti: Jean Marais (Orphée), Maria Casarès (la Principessa), Maria Déa (Eurydice), François Périer (Heurtebise); R. Blin, Juliette Gréco (Aglaonice), Edouard Dermit (Cégeste), Henri Crémieux, Pierre Bertin, Jacques Varennes; produzione: André Paulvé / Films du Palais-Royal; origine: Francia, 1950; durata: 112’.

Trama:"La leggenda di Orfeo è ben conosciuta. Nella mitologia greca, Orfeo era un cantore della Tracia. Il suo canto affascinava anche gli animali ma lo distraeva dalla moglie Euridice. La Morte gliela tolse. Lui discese agli Inferi ed usò il suo canto per ottenere di ricondurre Euridice nel mondo dei vivi. A condizione di non guardarla. Ma lui la guardò e venne fatto a pezzi dalle Baccanti. Dove si svolge la nostra storia, ed in quale epoca? E' privilegio della leggenda essere senza tempo.
Fate come volete. Interpretate come volete..." (Jean Cocteau)

Critica (1):Al Café des Artistes, luogo di raduno di giovani poeti e scrittori, giungono Orphée, celebre poeta, e la Principessa, con il suo autista Heurtebise che trascina a forza il giovane poeta Cégeste, ubriaco. Cégeste dà inizio a una rissa che provoca l’intervento della polizia. Cégeste è ferito. La Principessa chiede l’aiuto di Orphée, che è fatto salire sulla Rolls Royce assieme a Cégeste che nel viaggio muore. Orphée è portato suo malgrado in uno chalet. Qui lo si fa dormire in una stanza in disordine, su cui domina un grande specchio. Invano chiede spiegazioni. Il mattino seguente entrano i poliziotti motociclisti che depositano il corpo di Cégeste. Quest’ultimo si alza e si mette al servizio della Principessa. Assieme a Lei oltrepassa lo specchio. Li seguono i due motociclisti. Orphée sviene e cade a terra. Si ritrova in un deserto. Dietro a una duna ritrova la Rolls Royce, con Heurtebise che lo riaccompagna a casa, dove lo aspetta con ansia la moglie Euridice. Si rifiuta di dare spiegazioni e si ritira ella sua camera. Il giorno dopo ascolta con Euridice i messaggi che provengono dalla radio dell’auto. Mentre si reca al commissariato, gli sembra di vedere la Principessa ma la rincorre invano. Euridice tenta di capire qualcosa di quello che sta succedendo. Un giorno, mentre in bicicletta sta andando da Aglaonice, l’amica che è a capo del club delle baccanti, è investita da alcuni motociclisti. Sul letto di morte Euridice entra anche lei al servizio della Principessa; Orphée è disperato per la morte della moglie. Heurtebise gli suggerisce come riaverla. Basterà attraversare lo specchio e incontrare la Principessa. Orphée si ritrova in una Zona di rovine pompeiane, poi in una stanza dove si sta facendo il processo a Cégeste. Sul banco degli imputati, dopo il giovane, si siede la Principessa accusata di aver fatto morire Euridice per poter avere con sé Orphée. Quest’ultimo confessa alla Principessa il suo amore, mentre Eurtebise fa altrettanto con Euridice. Il tribunale offre a Orphée la possibilità di tornare in vita con la moglie a patto che non la guardi mai più. I due riattraversano lo specchio con Heurtebise. Orphée passa il suo tempo ad ascoltare i messaggi della radio della Rolls Royce. Euridice entra nel garage, Orphée la vede nello specchietto retrovisore ed Euridice sparisce. Anche Orphée perderà la vita in una collutazione con i giovani sostenitori di Cégeste. Il suo corpo sarà portato via dalla Rolls Royce che entra nella Zona, dove lo attendono la Principessa e Cégeste. Con un ritorno indietro nel tempo rivediamo Orphée ed Euridice nella loro camera. Poi riappare la Zona, mentre la Principessa si allontana con Heurtebise salutando Cégeste. Orphée – dramma metafisico – fa parte di un trilogia, assieme a Le sang d’un poète (1930) e a Le testament d’Orphée (1960). J. Cocteau riprende il soggetto da una sua opera drammatica del 1925 e trasporta il mito agli anni Cinquanta. Il Café des Artistes richiama il Café Flore, Aglaonice è interpretata da Juliette Gréco, musa degli esistenzialisti, la Principessa (ovvero la morte) si muove su una Rolls Royce. Ritornano qui tematiche già presenti in Le Sang d’un poète: il rapporto del poeta con il tempo e con la morte e la sua funzione di raccordo tra il mondo reale e quello dello spirito. Ancora ritroviamo il narcisismo e la presenza quasi ossessiva degli specchi, che permettono il passaggio nel mondo dell’aldilà (e quindi dell’immaginazione). Orphée è un poeta ufficiale in lite con l’avanguardia, ma è anche un uomo alla ricerca di un’identità. Il film è ricco di simboli, riconducibili da un lato alla mitologia classica, dall’altro al mondo poetico personale di Cocteau. Le immagini si adeguano al gusto un po’ barocco del regista e fanno uso di molti effetti speciali per trasportare nelle inquadrature le avventure fantastiche di Orphée. Lo specchio era costituito da una vasca di mercurio in cui si immergevano gli attori. La parte del poeta era interpretata dall’attore preferito di Cocteau, jean Marais, mentre Maria Casarès dà una delle prove migliori della sua carriera cinematografica nel ruolo della principessa. Il film fu premiato al festival di Venezia del 1950.
Fernaldo Di Giammatteo, Storia universale del cinema

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Jean Cocteau
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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