Fa' la cosa giusta - Do the Right Thing
Regia: | Spike Lee |
Vietato: | 14 |
Video: | Cic Video |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Razzismo e antirazzismo |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Spike Lee |
Sceneggiatura: | Spike Lee |
Fotografia: | Ernest Dickerson |
Musiche: | Bill Lee |
Montaggio: | Barry Alexander Brown |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Danny Aiello (Sal), Ossie Davis (Sindaco), Richard Edson (Vito), Giancarlo Esposito (Buggin Out), Spike Lee (Mookie), Bill Nunn ("Radio" Raheem), Rosie Perez (Tina), John Savage (Clifton), John Turturro (Pino) |
Produzione: | Forty Acres, Mule Film Works |
Distribuzione: | Uip |
Origine: | Usa |
Anno: | 1989 |
Durata:
| 113'
|
Trama:
| La calura è il tessuto connettivo di un'azione che si svolge dall'alba alla notte di una torrida giornata estiva sulla Bedford-Stuyvesant a Brooklyn, ha il suo epicentro in una pizzeria, il suo riferimento in una stazione radiofonica e si risolve in uno scoppio di violenza.
|
Critica 1: | È il terzo e il più maturo film di S. Lee: costruzione drammaturgica di ammirevole compattezza e ritmo, acuta analisi sociologica del calderone etnico nordamericano, un lucido discorso antirazzista che non indulge alla demagogia né ai buoni sentimenti, una colonna musicale (di Bill Lee, padre di Spike) di forte suggestione, affetto e rispetto per i personaggi. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
|
|
Critica 2: | (...) La protagonista di Do the Right Thing è proprio la “folla urbana”(...). Una folla coloratissima, in cui il colore degli abiti è un segnale, uno strumento di comunicazione. Come i gesti, gli oggetti. Come gli anelli con le scritte LOVE e HATE sulle mani di Radio Raheern (forse una citazione del Robert Mitchum di Night of the Hunter, di Charles Laughton). Il frasario e la gestualità sono un codice a cui la comunità nera affida messaggi di intimità e di solidarietà.
Il codice generale che sintetizza tutti i codici particolari è la radio. Il film ha due cori: i tre perdigiorno che osservano e commentano tutto seduti sul marciapiede, e la radio di Love Daddy che dà notizie e commenta in diretta i fatti dei giorno. I tre sono per strada e Love Daddy è seduto davanti a una finestra dalla quale vede la strada. La strada è il luogo dove la folla urbana si incontra. La“dominante costruttiva” (...) è la radio, nella sua doppia funzione di commento e di colonna sonora. In questo, Lee cita sicuramente uno dei film storici della nuova Hollywood, Vanishing Point di Richard Sarafian, ma riesce a dare una connotazione tutta personale all'uso di un disc-jockey in funzione di “coro” (e sarà bene, comunque, ricordare che anche il Super Soul, che in Vanishing Point accompagnava per radio la fuga di Kowalski, era un nero ... ). Una delle sequenze chiave del film è sicuramente quella in cui Love Daddy cita una lunghissima lista di artisti e cantanti neri ringraziandoli “per aver reso più belle le nostre vite”.. La “Hall of Fame” dei neri può essere solo così, lanciata nell'etere, diffusa per la città; mentre quella dei bianchi italoamericani può essere anche fatta di fotografie appese a un muro. Le foto dei neri, quando esistono, non sono fatte per essere incorniciate, ma per essere diffuse in modo dinamico nella comunità, magari coperte di segni esoterici come le foto di Malcolm X e di Martin Luther King vendute dal nero balbuziente.
Radio nera significa “rap”. Il rap è una forma musicale che a noi bianchi appare ripetitiva e insopportabile. Per i neri è più di una musica. È una sorta di dazzebao sonoro. Il pezzo che ascolta sempre Radio Raheem non è una canzone, ma un appello alla rivolta che invita a combattere il potere costituito. Per un nero - ipotizziamo - dev'essere perfettamente credibile che Radio Raheem muoia per difendere la sua radio, come Sal probabilmente morirebbe per difendere la sua pizzeria. Il rap è la parte più forte e radicale di quel “folklore urbano” che i neri, in Do the Right Thing, dimostrano di possedere. Questa è la loro grande forza. E ciò che li rende uniti. I tre grassoni sboccati e la radio di Love Daddy sono cantastorie che “cantano” in diretta la cronaca e la vita. Questa totale identificazione fra individuo e ambiente fa sì che i neri amino il proprio quartiere, mentre i bianchi sognano di andarsene (come i figli di Sal) e i coreani vi si trovano ancora a disagio. Pino, il figlio “razzista” di Sal, è obiettivamente in crisi quando Mookie gli chiede chi siano il suo giocatore di basket e il suo attore preferiti (ha un sussulto d'orgoglio solo sul musicista rock, opponendo il bianco Bruce Springsteen al nero Prince). L'ortolano coreano, dal canto suo, arriva ad affermare, per salvarsi nel mezzo dei tafferugli, di essere anch'egli un “fratello nero”. Solo i neri non soffrono di crisi di identità.
Film sofisticato nel portare avanti, a livello di scrittura, almeno una decina di piccole storie parallele, Do the Right Thing è al tempo stesso un film “primitivo” (...) nello stile. Almeno rispetto agli sperimentalismi un po'“nouvelle vague” di She's Gotta Have It. In realtà Spike Lee è passato da un piccolo film indipendente a una produzione medio - alta. E guai agli snob che lo compiangeranno per questo. A nostro parere, i maggiori mezzi a disposizione hanno fatto bene allo stile di Spíke, non solo al suo portafogli. Lo stile si è fatto più sobrio, meno intellettualistico, più sorvegliato. C'è una sola sequenza in stile She's Gotta Have It, quella del cubetto dì ghiaccio passato da Mookie sul corpo della sua ragazza. Per il resto il film segna il ritorno a uno stile classico che è quasi sempre l'approdo dei cineasti indipendenti americani più intelligenti.
Film su Brooklyn, sul folklore urbano, sull'identità nera, sulla memoria (le figure più toccanti sono quelle dei due vecchi, il Sindaco e Mother Sister, interpretate da due grandi attori di teatro - Ossie Davie e Ruby Dee - che sono marito e moglie nella vita), Do the Right Thing è anche indiscutibilmente - suona quasi ovvio dirlo solo adesso - un film sul razzismo. Ed è quella la funzione dei tre pizzettari italiani, Sal e i suoi figli Pino e Vito (quest'ultimo è Richard Edson, uno dei tre disperati di Stranger than Paradise di Jarmusch). Pino e Vito, nel numeroso coro del film, sono il corrispettivo dei rumorosissimi amici di Buggin' Out: ovvero, il razzismo nella sua forma più quotidiana e caciarona. A vederlo, Pino non sembra un razzista. Poi lo senti parlare, ti accorgi che è un razzista paradossale, e concludi che scherza. Sono i più pericolosi. Anche Buggjn' Out, che gli somiglia molto, è un ragazzo che personalmente non farebbe male a una mosca, gli altri neri lo sfottono (uno dei tre ciccioni, di fronte alla sua proposta di boicottare la pizzeria, gli spara la battuta più bella dei film: “Perché non organizzi un boicottaggio al parrucchiere che ti ha conciato in quel modo?”). Ma nel suo “plagio” dì Radio Raheem, Buggin' Out è pericoloso quanto Vito.
Sal e Mookie, invece, sono i due personaggi “complessi”. Grazie a loro il film va al di là di una rappresentazione puramente fattuale e acquista spessore psicologico. Entrambi sono razzisti, sanno di esserlo e si sforzano di essere migliori. Entrambi “sentono” che il razzismo può esistere, come un orrendo retaggio biologico, anche nelle persone più adorabili. Sono amici, si vogliono bene, ma quando il gioco si fa duro entrambi ricadono nei propri ruoli. C'è qualcosa di tragico nel modo in cui Sal distrugge la radio di Raheem, e di ancora più ineluttabile nell'aria assente con cui Mookie impugna un bidone della spazzatura, infrange la vetrina di Sal e dà il via alla devastazione. Il loro rendiconto, la mattina dopo, è una delle più alte “tragedie americane” che il cinema ci abbia dato in questi ultimi anni. “Tragedia” perché il loro dialogo sulle rovine è uno scontro (di caratteri, di razze, di culture) in cui si nasconde un disperato bisogno d'amore e un'altrettanto disperata impossibilità di lasciarsi andare, di perdonare. “Americana”, perché è molto americano che i due parlino solo di denaro, e che nessuno dei due (nel paese in cui anche l'uomo della strada può diventare presidente purché non sia nero) possa rinunciare al proprio ruolo storico. Per il momento non ci sono risposte al dramma di Sal e Mookie. Le due frasi di Malcolm X e Luther King sono lì, a contraddirsi l'un l'altra, per dimostrare come il problema sia ancora aperto. |
Autore critica: | Alberto Crespi |
Fonte critica: | Cineforum n. 290 |
Data critica:
| 12/1989
|
Critica 3: | |
Autore critica: | |
Fonte critica: | |
Data critica:
|
|
Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | |
Autore libro: | |
|