Bacio della donna ragno (Il) -
Regia: | Hector Babenco |
Vietato: | No |
Video: | Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede - Fox Home Entertainment |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Le diversità, Letterature altre |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo omonimo di Manuel Puig |
Sceneggiatura: | Leonard Schrader |
Fotografia: | Rodolfo Sanchez Campoy |
Musiche: | John Neschling |
Montaggio: | Mauro Alice, Lee Percy |
Scenografia: | Clovis Bueno |
Costumi: | Patricio Bisso |
Effetti: | |
Interpreti: | William Hurt (Luis Molina), Raul Julia (Valentin Arregui), Sonia Braga (Leni Lamaison/ Marta), Jose' Lewgoy (direttore prigione), Milton Goncalves (Pedro), Patricio Bisso (Greta), Nuno Leal Maia (Gabriel), Nildo Parente (Juiz), Carlos A. Strazzer (Rafael), Fernando Torres (Americo) |
Produzione: | Hb Filmes Ltda San Paolo - Sugarloaf Film Los Angeles |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Brasile |
Anno: | 1984 |
Durata:
| 119’
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Trama:
| Nella stessa cella di un carcere sudamericano la direzione ha posto Luis Molina, un omosessuale condannato per violenza su di un minorenne ed un politico, Valentin: un giornalista militante di sinistra, invano sottoposto a torture. Lo scopo è di farlo parlare, per poter procedere ad arresti di altri elementi eversori. Molina, per far passare il tempo, racconta al suo compagno di cella la trama di immaginari film anni '40, dove una affascinante donna (nella quale egli si identifica totalmente) è amante di efebici, biondissimi ufficiali delle SS. Poco a poco tra i due uomini si stabilisce una certa amicizia e Valentin, gradualmente affascinato dalle descrizioni di Molina, gli racconta qualcosa della propria vita, ivi compreso il suo rapporto di amore con Maria, una ragazza dell'alta borghesia. Malgrado, però, che i suoi ideali rivoluzionari si vadano affievolendo, nessun nome esce dalle labbra del prigioniero, anche se il tentativo di avvelenamento con cianuro nello scarso cibo, operato dalla direzione del carcere, sia stato disposto nell'intento di farlo tradire. Molina è del tutto al corrente di quanto procede: gli è stato promesso il rilascio condizionato, purché riesca ad avere la meglio su Valentin. Molina continua ad irretire Valentin con le sue fantasticherie e le sue premurose attenzioni: così, nella notte che precede la dimissione dallo squallido carcere, ha un rapporto con il compagno, il quale gli confida il numero telefonico dei suoi amici di fuori, affinchè ad essi possa pervenire un messaggio. Tuttavia, la liberazione di Molina altro non era che uno stratagemma della polizia: non appena l'uomo avrà telefonicamente concordato il luogo del contatto, ove arriva tallonato dagli agenti dei servizi segreti, saranno proprio gli amici di Valentin a fulminarlo, nel timore di essere scoperti ed arrestati.
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Critica 1: | Dal romanzo (1976) di Manuel Puig: in un carcere brasiliano Molina, omosessuale condannato per corruzione di minorenne, è messo in cella con Valentin, politico ribelle che s'è dato alla lotta clandestina. Si vorrebbe usare il primo per avere informazioni dal secondo. Intanto gli racconta i film che hanno deliziato la sua giovinezza. Tra i due si produce uno scambio. Il lato debole del film è la visualizzazione dei racconti (con S. Braga); la sua forza nel rapporto tra i due personaggi, nel clima di morbida ambiguità che si crea tra loro, nella valentia dei due interpreti. Messinscena teatraleggiante su una sceneggiatura di L. Schrader. Premiato a Cannes, W. Hurt vinse anche un Oscar. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Il film di Hector Babenco, che ha raccolto un premio per la recitazione a Cannes ed è salito alla ribalta delle candidature all'Oscar, rappresenta sicuramente il primo premeditato tentativo della cinematografia brasiliana di scavarsi uno spazio nel cinema di qualità internazionalmente riconosciuto. L'operazione è molto accorta, facendo perno su un testo letterario e teatrale di successo, ma tutt'altro che accomodante, e mescolando una materia prima sudamericana con il contributo di uno sceneggiatore e di attori statunitensi.È del resto al clamore inaspettato suscitato in USA dal precedente Pixote che Babenco deve la possibilità di questo film, che parte con una distribuzione internazionale garantita. Allora lo scalpore fu questione soprattutto di profilmico: gli americani, abituati a pensare che i bambini al cinema abbiano più che altro problemi di carattere soprannaturale (nella linea che va da Walt Disney a Spielberg), posti davanti all'altra infanzia dei barrios, dell'impossibilità di evasione fantastica e della delinquenza anticipata e coatta, ne ricavarono un brivido di orrore, paragonabile a quello che deve avere accompagnato oltreoceano l'uscita di Sciuscià. (…) La ricetta del nuovo film di Babenco nasce da una meditata riproposizione degli elementi che a sorpresa gli avevano dato notorietà al primo incontro con il pubblico americano: la presenza di un rivoluzionario e di un omosessuale nel plot sembra fatta apposta per sfidare i clichè maschili hollywoodiani; d'altro canto, il trattamento poggia su una collaudata tradizione di funzionalità illustrativa e di grande performance attoriale, così da risarcire i codici violati e fare di Babenco un regista «interessante» anche per platee abbastanza ampie. L'aura che lo circonda, che fa sì che interpreti del calibro di William Hurt e Raul Julia lavorino per lui percependo solo una percentuale sugli incassi (e in precedenza si era candidato addirittura Burt Lancaster), è strettamente legata alla sua vendibilità in certe frange dei mercato americano. Con questo film, nel bene e nel male, egli ha superato definitivamente l'esame. (…)
La manipolazione di tecniche narrative all'interno di un linguaggio convenzionale così da ottenere un racconto interamente filtrato ma comunque intrigante per la curiosità che permane intorno ai personaggi nella disparità di informazioni «di seconda mano» a loro riguardo, cede il posto ne Il bacio della donna ragno a un impianto apparentemente più realistico ma in effetti assai più ricco di ambiguità e di colpi di scena. Infatti il parlare in prima persona, senza intermediazioni letterarie, dei due protagonisti rivela e dissimula le intenzioni; la datità della situazione (la claustrofobia della cella, i problemi elementari del mangiare e del dolore fisico) non può nascondere strategie del desiderio, proiezioni fantasmatiche, motivazioni segrete.
Puig aspetta la metà del romanzo per far capire che l'incontro dei due carcerati rientra anche in un disegno preordinato della polizia, quello di far cantare il «duro» Valentin Arregui, prigioniero politico, a contatto con il «morbido» e suadente Molina, finito dentro per corruzione di minore. Questo tassello del racconto che, rivelato prima, avrebbe potuto gettare una luce diversa sul rapporto fra i protagonisti, si sovrappone invece come elemento spurio in un gioco di conquista (da parte di Molina nei confronti del compagno di cella) che è diventato via via di complicità. Questa nasce sulla base di una sottile mediazione: l'io dei bisogni primari e della sofferenza può arrivare al tu dello scambio intellettuale e affettivo solo inventando o idealizzando una terza persona, «la» donna, che è per Molina l'espressione liberatoria di una parte di se stesso, quella negata dal sistema sociale e circoscritta dalla situazione carceraria, e diventa per Valentin l'incarnazione della fine delle tensioni, la sublimazione del dover essere, la caduta di una maschera di militante portata a oltranza.
Il fatto che il riconoscimento di un nodo interiore e il progressivo avvicinamento tra i due avvenga attraverso l'identificazione in lacrimevoli film degli anni Quaranta dove il ruolo masochistico della donna è intimamente ideologico, non toglie nulla alla verità del processo di riscoperta: proprio quella finzione del privato che è il melodramma, copertura e trasfigurazione dei sentimenti, ovvero della loro indicibilità, diventa il canale per liberare l'espressione, per dare forma a un dialogo sotterraneo che si serve a suo modo delle figure della dedizione, dell'irrealizzabilità del desiderio, dell'espiazione che fanno la forza delle eroine dello schermo. La capacità di presa del romanzo di Puig - e dello spettacolo teatrale che egli stesso ne ha tratto - sta appunto nel clima di intimità che si crea tra due soggetti agli antipodi sul terreno di un'evasione innocente, che però è in qualche modo in relazione con la prigionia e acutizza i bisogni inespressi: è così che tra il dialogo diretto dei due, smozzicato e terra-terra, e i lunghi monologhi di Molina, ricchi di affabulazione, si crea impercettibilmente uno scambio, nello «stile minimalista» (…). Dal sentimentalismo si giunge al sentimento senza scene madri e dichiarazioni altisonanti; il che non toglie che la vicenda finisca poi per sagomarsi proprio sul genere di film amati da Molina, con l'intervento della polizia a rappresentare il destino punitore (la guerra, una partenza improvvisa, una pallottola vagante) che sempre nei melodrammi s'inserisce come rottura e fissazione del discorso amoroso. E il fatto che Molina venga ucciso dai compagni di Valentin, che avrebbe voluto aiutare, getta uno sguardo ironico sull'estraneità della storia privata rispetto alla realtà. (…) |
Autore critica: | Ludovico Stefanoni |
Fonte critica: | Cineforum n. 252 |
Data critica:
| 3/1986
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Critica 3: | |
Autore critica: | |
Fonte critica: | |
Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
Titolo libro: | Bacio della donna ragno (Il) |
Autore libro: | Puig Manuel |
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