Caduta degli dei (La) - Gotterdämmerung
Regia: | Luchino Visconti |
Vietato: | 14 |
Video: | Deltavideo |
DVD: | Repubblica |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Nicola Badalucco, Enrico Medioli, Luchino Visconti |
Sceneggiatura: | Nicola Badalucco, Enrico Medioli, Luchino Visconti |
Fotografia: | Pasqualino De Santis, Armando Nannuzzi |
Musiche: | Maurice Jarre |
Montaggio: | Ruggero Mastroianni |
Scenografia: | Vincenzo Del Prato |
Costumi: | Vera Marzot, Piero Tosi |
Effetti: | |
Interpreti: | Dirk Bogarde (Friederick Bruckman), Ingrid Thulin (Sofia Von Essenbeck), Helmut Griem (Aschenback), Helmut Berger (Martin Von Essenbeck), Renaud Verley (Gunther Von Essenbeck), Umberto Orsini (Herbert Thallman), Reinhard Kolldehoff (Barone K.V Essenbeck), Albrecht Schoenhals (Barone J.Von Essenbeck), Florinda Bolkan (Olga), Nora Ricci (Governante), Charlotte Rampling (Elisabeth Thallman), Irina Vanka (Lisa), Karin Mittendorf (Thilde), Valentina Ricci (Erika), Wolfgang Hillinger(Yanek), Karl-Otto Alberty (ufficiale), Richard Beach (ufficiale), Ester Carloni (cameriera), Peter Dane(impiegato alle acciaierie), Jessica Dublin (nurse), Wolfgang Ehrlich (soldato), Antonietta Fiorito (cameriera), John Frederick (ufficiale), Werner Hasselmann (ufficiale Gestapo), Klaus Hohne(ufficiale S. A.), Ernst Kuhr (Ufficiale S. A.), Piero Morgia (un giovane), Nelson H. Rubien (rettore), Mark Salvage (ispettore di polizia), Bill Vanders (commissario) |
Produzione: | Alfredo Levy e Ever Haggiag per Praesidens (Zurigo) - Pegaso Film - Italnoleggio (Roma) - Eichberg Gmbh (Monaco) |
Distribuzione: | Istituto Luce - Cineteca Nazionale |
Origine: | Germania - Italia - Svizzera |
Anno: | 1969 |
Durata:
| 160’
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Trama:
| Ai familiari riuniti per festeggiare il suo compleanno, il vecchio Joachim Essenbeck, proprietario di una delle più grandi acciaierie tedesche, annuncia il proposito di sostituire alla direzione dell'azienda il figlio Herbert - di idee democratiche - con l'altro figlio, Kostantin, iscritto alle S.A., le squadre d'assalto hitleriane: e questo per ingraziarsi il regime sebbene Joachim, personalmente, sia ostile a Hitler. Spinto da Haschenbach - cugino degli Essenbeck e membro delle S.S., la cui intenzione, per ingraziarsi l'esercito, è quella di eliminare le S.A. - Friedrich, dirigente dell'acciaieria e amante di Sophie (vedova del figlio maggiore di Joachim e madre del dissoluto Martin) - aspirando a sua volta alla direzione dell'azienda - uccide il vecchio Essenbeck facendo in modo che la colpa ricada su Herbert, costretto perciò a riparare all'estero, lasciando in Germania la moglie e due figli. Avendo ereditata la maggioranza delle azioni Martin - su pressioni della madre di cui è succube - si mette contro Kostantin in favore di Friedrich. Cercando di riguadagnare le posizioni perdute Kostantin ricatta Martin, che si è gravemente compromesso in una sporca faccenda sessuale, ma, durante la "notte dei lunghi coltelli" - nella quale le S.A. vengono massacrate dalle S.S. - il nipote elimina lo zio. Sophie e Friedrich si adoperano per mantenere nelle proprie mani la direzione dell'azienda ma Haschenbach, facendo leva sull'imbelle Martin, li costringe entrambi al suicidio.
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Critica 1: | Storia della famiglia tedesca degli Essenbeck, industriali metallurgici, nel biennio 1933-34, dall'incendio del Reichstag alla "notte dei lunghi coltelli" in cui le SS fecero strage delle SA. Poeta del negativo, Visconti riprende qui tenendo d'occhio Macbeth di Shakespeare, I demoni di Dostoevskij, Gotterdämmerung di Wagner e Thomas Mann la sua vocazione di registratore di crolli, profanatore di romanticismi, cantore di corruzioni e dissoluzioni. Forzature, dissonanze, compiacimenti sono i peccati minori di un film dal ritmo spiccio, di fosca potenza, con una compagnia internazionale di attori di prim'ordine. (…) |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Lo «straordinario» della Caduta degli dei sta anche, diciamo la verità, nel fatto di venire dopo una serie di film variamente bloccati o dispersivi, nei quali l'enorme talento di Visconti era parso irrigidirsi o formalizzarsi al di sotto di se stesso, in modelli inattendibili o parziali. Dal 1953, anno di Senso, a questa specie di resurrezione, Visconti é stato uno degli interpreti più sontuosi e malinconici dell'impoverimento - non tanto linguistico quanto sostanziale - della cultura italiana: si pensi, per citare l'estremo più enigmatico, all'inerzia hollywoodiana dello Straniero, con quei personaggi (e quei gesti) smangiati da una colata di qualunquismo figurativo.
Con La caduta degli dei é come se Visconti, sbalzato a lungo nel vuoto di un'incertezza di contenuti che nel frattempo non è stata sua soltanto, ritoccasse finalmente terra. In vista di modelli adeguati e a contatto con un groviglio tematico di complessa e ardente pregnanza storica, Visconti ha ritrovato di colpo la concentrazione linguistica dei suoi grandi momenti narrativi: dei momenti, cioé, nei quali il suo talento figurativo e teatrale di grande creatore d'interni, di eccelso metteur en scène, non viene esibito ma rigorosamente funzionalizzato nel senso di una generale e solenne resa espressiva.
Che cosa è successo? E' successo, credo, che Visconti ha smesso di «cercare» un tema e un ambito letterario congeniali alle sue attitudini (o a quelle che una critica lenta di riflessi, e forse lui stesso, hanno creduto le sue attitudini) e ha «trovato», invece, un sistema di significati e di simboli centra!e rispetto alla sua coscienza di uomo contemporaneo. La storia privata, paradossalmente e cupamente trionfalistica, degli Eschenbach coincide infatti con la cronologia e con le motivazioni dell'ascesa al potere del nazismo, così come il racconto manniano de!la decadenza dei Buddenbrook coincide con la crisi e la trasformazione della borghesia sotto la spinta del capitalismo industriale. La follia sanguinaria di Hitler e dei suoi accoliti ha per «materia» - e non soltanto per sfondo - la progressiva disumanizzazione e cannibalizzazione della dinastia, e viceversa: ciascuna delle due dimensioni del racconto servendo da rispecchiamento simbolico e da cassa armonica all'altra.
Non è certo il caso di obiettare, mi sembra, che il rigore dell'analisi risulta compromesso dall'ambito patologico e demoniaco in cui si muovono alcuni personaggi. Non credo che Visconti, facendo del protagonista del racconto un maniaco, un folle, uno storpio dell'anima, e di tutti i membri della dinastia esseri dominati da istinti atrocemente oscuri e morbosi, intendesse scagionare, sotto il profilo del dolo, la borghesia industriale tedesca della responsabilità di aver messo in moto e consacrato il nazismo. E' chiaro, invero, che fra codice storico e codice simbolico esiste uno stacco che giustifica e pretende due livelli di lettura, presupponendo un rapporto di moltiplicazione e nello stesso tempo di semplificazione, di ritualizzazione espressiva.
Dal punto di vista del progetto stilistico, l'ipotesi-base di Visconti é stata senza dubbio quella di una simbiosi fra la cruenta eloquenza del dramma elisabettiano, l'irrazionalismo dostoeievskiano e la solidità ironica del primo Thomas Mann. Può sembrare una simbiosi impossibile: è invece, in termini di resa, la creazione di uno spazio espressivo efficace e emozionante, alla cui compattezza non nuoce il sapiente viraggio espressionistico delle ultime scene. Si tratta, nell'insieme, di un omaggio grandioso e crudele (crudele perché finalizzato con naturalezza alla raffigurazione della crudeltà) che Visconti ha voluto e finalmente saputo rendere alla grande letteratura europea. Il passaggio graduale da Mann a Dostoievski e da Dostoievski a Shakespeare, man mano che la devastazione procede a colpi di tradimenti, assassinii, stragi, impiccagioni, incesti e atrocità d'ogni sorta, e la follia e la catastrofe prendono aspetti via via più corali, non é indice di incoerenza o incertezza linguistica ma é, al contrario, un accorgimento stilistico splendidamente manovrato. |
Autore critica: | Giovanni Raboni |
Fonte critica: | Cineforum n. 90 |
Data critica:
| 3/1970
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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