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Amarcord -

Regia:Federico Fellini
Vietato:No
Video:Warner Home Video, L'Unità Video (Gli Scudi)
DVD:Cecchi Gori
Genere:Commedia
Tipologia:Diventare grandi, Il mondo della scuola - Giovani, Storia del cinema
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Federico Fellini, Tonino Guerra
Sceneggiatura:Federico Fellini, Tonino Guerra
Fotografia:Giuseppe Rotunno
Musiche:Nino Rota, Carlo Savina
Montaggio:Ruggero Mastroianni
Scenografia:Danilo Donati
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Pupella Maggio (Miranda), Armando Brancia (Aurelio), Magalì Noel (La "Gradisca"), Ciccio Ingrassia (Teo, Lo Zio Matto), Nando Orfei (Il "Patacca"), Bruno Zanin (Titta Biondi), Josiane Tanzilli (La "Volpina")
Produzione:Franco Cristaldi per la F.C. Produzioni (Roma), Pecf (Parigi)
Distribuzione:Cineteca Nazionale
Origine:Francia, Italia
Anno:1974
Durata:

127'

Trama:

A Borgo, tra il 1930 e il 1935, l'adolescente Titta cresce subendo condizionamenti entro e fuori dell'ambito domestico; mentre tenta di affermare la propria personalità, gli sovvengono molteplici ricordi. Suo padre Aurelio è un piccolo impresario edile perennemente in discordia con la moglie Miranda; zio Pataca vegeta alle spalle dei parenti; zio Teo è ricoverato in manicomio; il nonno si gode egoisticamente una salute di ferro, non trascurando di prendersi delle libertà con la domestica. Nella provinciale cittadina emergono: Gradisca, una procace parrucchiera; Volpina una ragazza un po' scema e priva di freni inibitori; una tabaccaia mastodontica, quasi mostruosa; un avvocato dalla retorica facile e magniloquente; Giudizio, il matto; Biscein il bugiardo; il motociclista esibizionista e tutta una galleria di personaggi che, agendo nel mondo della scuola, della chiesa, e nelle feste fasciste, nelle celebrazioni folcloristiche o negli avvenimenti eccezionali, rivelano caratteristiche bislacche. Le stagioni trascorrono inesorabili, scandite dal cadere della neve o delle "manine" staccatesi dai primi fiori primaverili.

Critica 1:Amarcord, in romagnolo "A m'arcord", mi ricordo, la chiave di tutta la poetica felliniana, la cifra di un autore che, da quando fa cinema, nei suoi momenti più alti è sempre andato alla "ricerca del tempo perduto", trovando nei ricordi, nella memoria, la fonte più viva della sua ispirazione, unico Poeta nella cultura italiana, che abbia saputo trasporre dalle lettere al cinema il mirabile congegno di Proust.
Autore critica:Gian Luigi Rondi
Fonte criticaIl Tempo
Data critica:

19/12/1973

Critica 2:Rivisitazione tutta ricostruita e mai così vera della Rimini dei primi anni '30 col fascismo trionfante, l'apparizione notturna del transatlantico Rex, il passaggio delle Mille Miglia, la visita allo zio matto e la bella Gradisca. Vent'anni dopo I vitelloni F. Fellini torna in Romagna con un film della memoria e, soltanto parzialmente, della nostalgia. La parte fuori dal tempo è più felice di quella storica. Umorismo, buffoneria, divertimento, finezze, melanconia. Oscar per il miglior film straniero.
Autore critica:
Fonte critica:Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 3:Borgo è una cittadina immaginaria della provincia romagnola. È la proiezione ideale del paese natale del regista (Rimini), la cui vicenda autobiografica fa da soggetto-ispirazione per l’intreccio del film e per gli episodi che coinvolgono il giovane Titta (il titolo Amarcord in romagnolo significa “Io mi ricordo”), ma è anche un affresco grottesco, ironico, nostalgico, pungente di tutta la società italiana del ventennio fascista, del suo provincialismo, dei suoi difetti e anche dei suoi pregi.
La comunità che si presenta davanti agli occhi curiosi di Titta si fonda su istituzioni ottuse, comicamente inadeguate, fautrici d’ideali altrettanto vuoti. Come il regime fascista che si mostra attraverso le immense parate e le caricature dei gerarchi dimostrando di essere una dittatura intenta a crogiolarsi in un’apparente perfezione, senza quasi accorgersi della propria vacuità; come la scuola che ha nei suoi insegnanti l’incarnazione di una cultura rigida, monocorde, limitata e perciò giustamente sbeffeggiata dagli alunni; o ancora come il cattolicesimo ipocrita dei preti che sembra poco attento alle esigenze dei credenti (si vedano le sbrigative assoluzioni durante le confessioni dei ragazzi) o allo spirito pulito della religione; o come la stessa famiglia del ragazzo piena di figure stravaganti, divertenti, eccezionali ma difficilmente capaci di guidare la crescita dell’adolescente.
Assenti le istituzioni, Titta si trova a gestire una maturazione fatta in proprio, un’educazione che si costruisce per accumulo di esperienze. Per il ragazzo ogni piccolo evento non vale per se stesso, ma in quanto mezzo per raggiungere una dimensione fantastica di pura immaginazione: la corsa delle mille miglia, la “fogazza”, il rogo col quale si dà il benvenuto alla primavera, il passaggio del transatlantico Rex. Sono momenti che restano impressi nella mente del protagonista (e soprattutto in quella del regista) non solo perché straordinari, ma perché permettono di innalzare tutta la realtà a sogno, di spostare il racconto da una dimensione storica a una atemporale, di rendere l’adolescenza un periodo della vita unico e separato dal resto del percorso esistenziale dell’individuo. Si pensi all’immagine surreale della nevicata, al pavone variopinto, alla suora nana.
Anche l’educazione sentimentale, in Titta, è lasciata alla sua fantasia e diventa presto un percorso che vira verso una sessualità fuori da quegli schemi che le istituzioni vorrebbero codificare e imporre. Titta insegue un ideale di donna decisamente sopra le righe dove la figura femminile è la sintesi di ogni desiderio umano. Titta è concupito dalla ninfomane Volpina, suggestionato da una tabaccaia dai seni enormi, subisce il fascino “domestico” ed edipico della madre, tenta invano di sedurre Gradisca, provocante parrucchiera che invece di sposare Gary Cooper (uomo dei suoi sogni) si accontenterà di un carabiniere.
L’adolescenza viene così rappresentata in tutti i suoi aspetti più straordinari, eccezionali, irripetibili. Nessuno spazio alla moderazione, alla disillusione, al realismo. Questi aspetti “comuni” del quotidiano si potranno vivere quando si è adulti. Un passaggio che anche in Titta, come in altri suoi coetanei, avviene attraverso una circostanza drammatica, vero spartiacque della sua vita: la morte della madre e con essa di tutti i sogni di spensieratezza, leggerezza, felicità.
Autore critica:Marco Dalla Gassa
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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