Caterina va in città -
Regia: | Paolo Virzì |
Vietato: | No |
Video: | |
DVD: | 01 Distribution |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Disagio giovanile, Diventare grandi, Giovani in famiglia |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | Paolo Virzi', Francesco Bruni |
Sceneggiatura: | Paolo Virzi', Francesco Bruni |
Fotografia: | Arnaldo Catinari |
Musiche: | Carlo Virzi' |
Montaggio: | Cecilia Zanuso |
Scenografia: | Tonino Zera |
Costumi: | Bettina Pontiggia |
Effetti: | Claudio Napoli |
Interpreti: | Alice Teghil (Caterina), Sergio Castellitto (Giancarlo Iacovoni), Margherita Buy (Agata Iacovoni), Claudio Amendola (Manlio Germano), Flavio Bucci (Lorenzo Rossi Chaillet), Galatea Ranzi (Livia, Madre Di Margherita), Roberto Benigni (Se Stesso), Maurizio Costanzo (Se Stesso), Michele Placido (Se Stesso), Giovanna Melandri (Se Stessa), Simonetta Martone (Se Stessa), Antonio Carnevale (Cesarino), Paola Tiziana Cruciani (Zia Marisa), Zach Wallen (Edward), Silvio Vannucci (Fabietto Cruciali), Emanuele Aiello (Mirko), Ottavia Virzi' (Zecca) |
Produzione: | Cattleya, Rai Cinemafiction in collaborazione con Sky |
Distribuzione: | 01 Distribution |
Origine: | Italia |
Anno: | 2003 |
Durata:
| 90
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Trama:
| Caterina è un ragazzina di tredici anni costretta a lasciare Montalto di Castro, dove è nata, per trasferirsi con i genitori a Roma. Ambientarsi nella grande città per lei non sarà facile, pressata dall'ambizione del padre che la spinge a frequentare le compagne di scuola appartenenti a famiglie facoltose e il senso di esclusione che ne deriva.
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Critica 1: | Da Montalto di Castro la nostra Caterina va in città a Roma, in un liceo dove i dibattiti tra “zecche” e “pariole”, cioè tra sinistra e destra, sembrano quelli di Porta a porta. Suo padre, insegnante di ragioneria e aspirante scrittore (Sergio Castellitto ad alto tasso di livore) la vorrebbe amica di chi conta. E lei finisce prima nelle mani di una famiglia di girotondini cinematografari, poi in quelle del sottosegretario di An (Claudio Amendola, perfetto nel ruolo del ripulito) stizzito perché la base non ha capito la svolta di Fiuggi.
Virzì si conferma l’erede convinto della grande commedia detta “all’italiana”, nella sua della cattiveria di C’eravamo tanto amati o La terrazza, dell’agro firmato Age e Scarpelli e con in più la disillusione di capolavori come Una vita difficile con Alberto Sordi. Ma la sua protagonista Caterina, l’esordiente Alice Teghil, tocca e non si contamina, osserva e non si perde. Nessuna della volgarità del mondo la scalfisce o ferisce. Soffre pochissimo anche quando il padre, dopo aver dato il peggio di sé m’un Costanzo Show, sparisce dalla sua vita e da quella della madre, una scintillante Margherita Buy nel ruolo per lei insolito di moglie burina e attonita.
A rischio talvolta di bozzetto, tenuto a bada da uno sguardo sferzante che sa svoltare in tenerezza, Virzì ci regala un ritratto moderno della famiglia e della politica italiane al tempo della tv e della nuova destra. Dalla parte dell’uomo comune più che del luogo comune, visto che, con un certo ribaltone, lascia dire a un personaggio: “Fascisti sono i poveri; comunisti i ricchi, i registi, gli intellettuali”. E fa davvero male la scena in cui lo sdrucito editorialista progressista Flavio Bucci e il doppiopettista di mestiere Claudio Amendola se ne vanno abbracciati in memoria di qualche comune rissa televisiva mentre all’angolo resta, macinato, Castellitto. La colpa, come sempre, è di chi non sa stare al mondo. O in un taik show. Moralista, ma efficace.
Piera Detassis
Ciak |
Autore critica: | Piera Detassis |
Fonte critica | Ciak |
Data critica:
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Critica 2: | Ci sono pure Roberto Benigni, l'ex ministro Giovanna Melandri, Michele Placido, Maurizio Costanzo a rappresentare cortesemente se stessi nella nuova commedia divertente, amara e riuscita diretta da Paolo Virzì a trentanove anni, Caterina va in città, la cui storia condensa due classiche predilezioni del regista: i ragazzini che salvano (o dannano) il mondo; la satira della gente di destra e della gente di sinistra che popola perennemente l'Italia (come nel suo Ferie d'agosto, 1996). Le ambizioni sembrano anche maggiori. Secondo Virzì «Caterina sarebbe l'Italia di questi anni, messa in soggezione da una Sinistra altera e depressa dal senso della sconfitta, e allo stesso tempo sedotta e poi imbrogliata da una Nuova Destra festaiola, volgare e infelice»; mentre secondo uno dei suoi produttori, Riccardo Tozzi, il film sarebbe una nuova Dolce vita in cui «un occhio di provinciale vede i mondi della capitale, che sono quelli del Paese e anche del mondo». Calma. A dare un'idea dell'Italia può bastare anche la vicenda d'una piccola famiglia (padre velleitario Castellitto insegnante di ragioneria, madre candida Buy casalinga, figlia tredicenne Alice Teghil molto efficace) che si trasferisce da Montalto di Castro a Roma. A scuola l'adolescente viene attratta prima da una compagna figlia d'intellettuali di sinistra (manifestazioni, tatuaggio, feste, alcol), poi da un'altra compagna figlia d'un sottosegretario di Alleanza Nazionale ironicamente interpretato da Claudio Amendola (auto con autista, furtarelli nei negozi, vestiti e boutiques, sesso, feste di nozze con saluti romani e cori di «e va, la vita va/con sè ci porta eci promette l'avvenir»): infine torna alla sua vera vocazione per il canto corale ed entra all'Accademia di Santa Cecilia. Il padre di Caterina, esasperato nel non vedere apprezzati neppure a Roma la sua personalità e il suo romanzo inedito, infuriato dall'irrilevanza («Noi non contiamo niente, ci trattano come pupazzi») fa una brutta figura dopo l'altra e finisce in un incidente sulla grande motocicletta che lo riportava agli slanci giovanili. La madre di Caterina invece, sempre trattata dal marito come un'ignorante deficiente quindi sempre spaventata, matura e non ha più paura. Momenti belli: il passaggio veloce di un eventuale Berlusconi (se ne vede dall'alto soltanto la testa semicalva) da Palazzo Chigi all'auto; la tristezza rancorosa con cui Castellitto vede l'intellettuale di sinistra e il politico di destra abbracciarsi amichevolmente. Tutto il film è ricco di notazioni esatte, buffe, un poco qualunquiste; e il talento di Virzì nel dirigere i ragazzini è felice quanto la sua scelta per i personaggi minori di interpreti di gran qualità (Galatea Ranzi, Flavio Bucci) che contribuiscono non poco a garantire il livello di Caterina va in città. |
Autore critica: | Lietta Tornabuoni |
Fonte critica: | La Stampa |
Data critica:
| 21/10/2003
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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