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Canto per Beko (Un) - Klamek Ji Bo Beko

Regia:Nizamettin Ariç
Vietato:No
Video:Biblioteca Rosta Nuova, visionabile solo in sede
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La guerra, La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:
Sceneggiatura:Nizamettin Ariç, Cristine Kermich
Fotografia:Thomas Mauch
Musiche:Nizamettin Ariç
Montaggio:Susanne Lahaye, Gaby Wragge
Scenografia:Cemal Jora
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Nizamettin Ariç (Beko), Bezara Arsen (Zine'), Lusika Hesen (Zeyno), Cemale Jora (Cemal), Cristine Kermich (infermiera)
Produzione:Margarita Woskanian Filmproduction
Distribuzione:Arci
Origine:Germania
Anno:1992
Durata:

100'

Trama:

Girato in Armenia, di produzione tedesca, Un canto per Beko è il primo film kurdo... in lingua kurda.
In fuga dalla Turchia, perseguitato senza aver fatto nulla di male, Beko percorre tutto il Kurdistan alla vana ricerca del fratello, salva una bambina da un bombardamento iracheno e prosegue la sua odissea che si concluderà in un ospedale di Amburgo.

Critica 1:Klamek Ji Bo Beko (Un canto per Beko), una produzione Kurdistan-Germania firmata dall'esordiente attore-regista curdo Nizamettin Arià, è una testimonianza di guerra e un grido di pace. Beko, il protagonista, vive nel Kurdistan turco e parte alla ricerca del fratello che ha disertato il servizio militare. Riesce a varcare l'Eufrate, passa il Kurdistan siriano e arriva sui monti dell'Iraq dove si unisce ad una comunità nomade fuggita alle persecuzioni di Saddam Hussein. Beko non troverà più il fratello e, dopo aver assistito alla strage dei suoi nuovi compagni, si prenderà cura di una piccola sopravvissuta, cercando il suo destino tra i profughi in terra di Germania.
Le sequenze nel Kurdistan e sui monti hanno la durezza del diario di guerra, ma pure la leggerezza della commedia agreste (molto intenso il rapporto tra Beko e i bambini della comunità), gli squarci ambientati in Germania descrivono con lucidità l'angustia dell'emarginazione, smussata da un fiducioso sguardo sulla solidarietà umana, che dà pregnanza sociale ad un film di per sé lontano dalla nostra sensibilità.
Autore critica:Ezio Leoni
Fonte criticaIl Mattino di Padova
Data critica:

9/1992

Critica 2:Girato in Armenia, di produzione tedesca, Un canto per Beko è il primo film kurdo. Non è un controsenso, bensì la naturale conseguenza della condizione di un popolo esule sulla propria terra, privato del diritto di un riconoscimento ufficiale nonché del diritto di parlare la propria lingua. Realizzare un film in lingua kurda è già un atto politico: rivendicazione di identità e di esistenza. In questa situazione una parola ritrovata, una musica ritrovata, una storia vissuta (storia personale e collettiva), costruiscono il film, ne sono i fondamenti etici ed estetici. Fuori dai denti: è un film bellissimo, un film che annulla, che vanifica con la sua purezza drammatica ogni disquisizione o chiacchiericcio sul cinema come mestiere. Pretende strumenti critici e una partecipazione che non potranno mai neppure sfiorare l'esistenza dell'Istituzione Cinema. Ne sono estranei. E rigenerante per lo spettatore (per qualsiasi spettatore), per il critico, bagnarsi nelle immagini e nei suoni di anomalie cinematografiche come questa. Scoprire una espressività non viziata da modelli malamente interiorizzati, nutrirsi della genuinità di una forma al servizio di un racconto che nella vicenda del singolo mantenga la forza epica di un patrimonio collettivo.
Se un giorno potrà mai esistere una cinematografia kurda (e quindi esistere un apparato ufficiale) è con questa nascita che dovrà confrontarsi, con la storia stessa dell'esistenza del popolo kurdo.
Ai primi piani dell'attesa, della riflessione, fanno riscontro i campi lunghissimi della battaglia, della fuga. Ogni volta che la mdp si muove o panoramica dal basso in alto, sta compiendo un atto narrativo che prolunga l'azione, la sospende, produce un tempo che scorre via veloce, oltre quell'istante e quel luogo. Un esempio lo abbiamo quando Beko si allontana velocemente con la piccola Ziné ferita e priva di sensi in braccio, dal villaggio bombardato dagli elicotteri iracheni. Allora, da lontano, la mdp panoramica dal basso in alto ad anticipare la strada che Beko dovrà fare (che ha già fatto) attraverso le montagne, sempre più su fino a proseguire, oltre le cime dei monti, lontano dalla propria terra.
Arie tocca la condizione del proprio popolo attraverso la vicenda individuale di un uomo perseguitato suo malgrado. Perseguitato senza avere compiuto nulla di male. Beko non è un ribelle, non è uno che contravviene a delle leggi imposte da un'autorità che riconosce solo se stessa, ma la personificazione un popolo che non è nazione per il solo fatto di non essere riconosciuto dagli altri. La vicenda che vive, il rapporto che lo legherà alla piccola Ziné, la ricerca vana del fratello e infine la notizia della sua morte, l'unica strada di salvezza prospettatagli dalla fuga in Europa, non faranno altro che segnare più profondamente la coscienza di se stesso e del proprio popolo. L'impossibilità segna il desiderio, la consapevolezza di ciò che lega l'individuo a una comunità, a un destino, a simboli di cui pian piano si riscopre un confuso significato, come la tartaruga che la piccola Ziné porta sempre con sé, che disegna e che evoca nel finale con la frase che abbiamo riportato in apertura, detta dalla voce off della bambina stessa. Il forte tema che nutre il film fa si che il personaggio principale dia voce a una condizione collettiva prima che a una sua individuale situazione. Non c'è mai solitudine. C'è una ricerca continua, del fratello, della fuga, o di altro. Instabilità del mondo, movimento dell'uomo. L'affermazione umana del singolo avviene quando questi riconosce e si riconosce nella propria lingua: in simboli che segnano il riconoscimento di una tradizione, cioè dell'esistenza attraverso i secoli, di radici costrette a nutrirsi dell'amaro cibo dell'esilio.
Autore critica:Fabio Matteuzzi
Fonte critica:Cineforum n. 325
Data critica:

6/1993

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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