Frenzy -
Regia: | Alfred Hitchcock |
Vietato: | 14 |
Video: | Uliversal |
DVD: | Universal |
Genere: | Giallo |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Tratto dal romanzo "Goodbye Piccadilly, Farewell Leicester Square" di Arthur La Berm |
Sceneggiatura: | Anthony Shaffer |
Fotografia: | Gilbert Taylor |
Musiche: | Ron Goodwin |
Montaggio: | John Jympson |
Scenografia: | Syd Cain |
Costumi: | |
Effetti: | Albert Whitlock |
Interpreti: | John Finch (Richard Blaney), Alec Mccowen (Ispettore Oxford), Barry Foster (Bob Rusk), Billie Whitelaw (Hetty Porter), Anna Massey (Babs Milligan), Barbara Leigh-Hunt (Brenda Blaney), Bernard Cribbins (Forsythe), Vivien Merchant (Sig.ra Oxford), Michael Bates (Sergente Spearman), Jean Marsh (Monica Barling), John Boxer (Sir George), Jimmy Gardner (portiere hotel), Noel Johnson (uomo al bar), Elsie Randolph (Gladys), Madge Ryan (Sig.ra Davison), Gerald Sim (uomo al bar), Clive Swift (Johnny Porter), George Tovey (Sig. Salt) |
Produzione: | Alfred Hitchcock per Universal Pictures |
Distribuzione: | Universal |
Origine: | Gran Bretagna |
Anno: | 1972 |
Durata:
| 118’
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Trama:
| Licenziato da Forsythe per gelosia della collega Barbara, l'ex capitano pilota Richard Blaney si reca dalla ex moglie Brenda che ne prova compassione e gli nasconde del denaro nel cappotto. Quando un amico di Richard, Bob, strozza con la cravatta Brenda, i sospetti, grazie anche alla testimonianza dell'incontro da parte della segretaria Monica, ricadono proprio sull'ex pilota.
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Critica 1: | Tutto ruota intorno a due ex ufficiali della RAF, uno dei quali è sospettato di essere uno psicopatico assassino di donne. L'altro lo è. Primo film inglese di Hitchcock dopo Paura in palcoscenico (1950), ha la trasparenza di un classico e la fertilità di un film postmoderno, sintesi dei temi e dei modi hitchcockiani espressa a un livello di stregonesca abilità dove nulla è lasciato al caso. Importante dimensione gastronomica. Dal romanzo Goodbye Piccadilly, Farewell Leicester Square di Arthur La Berne, sceneggiato da Anthony Shaffer. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | A Londra, oggi. In piena campagna anti-inquinamento del Tamigi, il fiume porta a riva cadaveri di donne, tutte strangolate da una cravatta. E' in giro per la città un sadico assassino maniaco sessuale. Viene sospettato un poveraccio di ex-aviatore, perdigiorno e attaccabrighe, separato dalla moglie. Ma lo spettatore sa che il vero colpevole è un commerciante di frutta dei mercati del Covent Garden, il quale in preda a «raptus» omicidi fa fuori le donne (non necessariamente giovani e carine) che concupisce. Di qui la «suspense» circa l'incriminazione del protagonista, il quale deve nascondersi perché ricercato, e l'incertezza circa le possibilità di svelare il vero assassino. Con conseguente processo all'innocente, condanna, evasione e ristabilimento degli equilibri compromessi. Non è il caso di sdilinquirci, per Hitchcock, e neppure di snobbarlo con sdegno. Frenzy, il suo 530 film, non aggiunge sostanzialmente niente alla sua fama, e non sarò io qui (hitchcokiano moderato) a inventare motivi, come altri fanno, o a far luccicare simbologie o valori indicativi al di là di quell'onesto «thrilling» tipicamente hitchcokiano che Frenzy è. Sulla «tipicità» di questo film mi pare sia facile andare d'accordo. Ecco il gioco subito scoperto, con la rivelazione iniziale dell'assassino e conseguente intrigamento dello spettatore, chiamato a testimoniare di fatti che i personaggi non conoscono (la formula classica della «suspense» alla Hitchcock); ecco il suo ricorso al macabro (il cadavere nudo nascosto nel sacco di patate) e all'umorismo, nonché il suo gioco virtuosistico dell'esposizione, che lo porta al solito raffinato modo di raccontare. Indubbiamente, se facciamo un confronto con un qualsiasi giallo all'italiana oggi di moda, la superiorità di Frenzy è manifesta. Vedi, sul piano del linguaggio cinematografico, la sua «arte della variazione» applicata al racconto degli omicidi: il primo (quello dell'ex-moglie del protagonista) descritto nei suoi particolari più orripilanti attraverso un nervoso montaggio di pezzi brevi; il secondo (quello della ragazzi del bar) raccontato indirettamente (la cinepresa segue i due che salgono le scale tranquilli e si ferma quando, sull'uscio, il maniaco sessuale fa alla compagna una dichiarazione, che noi sappiamo essere una dichiarazione di principio: «Non so se l'hai capito, ma tu per me sei l'ideale come tipo di donna»; di colpo la macchina compie uno strepitoso lungo carrello all'indietro, giù per le scale e poi fuori della porta d'ingresso, fermandosi sulla strada ad inquadrare a lungo la facciata della casa, nell'assenza di ogni suono e di ogni movimento. Tutto si svolge infatti, e lo spettatore dati i precedenti sa benissimo cosa succede dietro quella facciata).
Tutto questo, comunque, non è certo nuovo. Se vogliamo, a parte l'uso di donne decisamente bruttine e l'assegnazione del ruolo di «antipatica» all'unica donna bella della compagnia (la moglie dell'amico, che rifiuta di nascondere il protagonista ricercato), c'è stavolta una certa simpatia, un certo affettuoso soffermarsi sulla gente minuta, la piccola gente di tutti i giorni. Ma la caratteristica «nuova» del film sta piuttosto nella sua « inglesità ». Hitchock, londinese al 100°/o, dopo aver girato in patria una trentina di film, emigra nel 1940 ad Hollywood e vi lavora in pratica fino allo scorso anno a parte la puntata del 1950 per Paura in palcoscenico. Succede che Frenzy è il suo primo film interamente inglese dopo qualcosa come trent'anni di attività americana. Il regista ne fa un catalogo di cose inglesi, compresi (anzi sottolineati) i luoghi comuni, proprio come gli stranieri vedono l'Inghilterra (nel film c'è un dialogo, a questo proposito, di due avvocati che si incontrano in un «pub»). Ecco la Londra del «Covent Garden», dei suoi mercatini ortofrutticoli, le bottegucce e i «pubs», le case popolari, Scotland Yard, il signore che si preoccupa delle istituzioni (di fronte alla donna ripescata dal fiume, con la cravatta che l'ha strangolata ancora attorno al collo, esclama: «Ehi, non sarà la cravatta del mio club?»), l'agenzia matrimoniale la cui titolare è separata dal marito, il club femminile popolato dalle vecchie curiose, i pranzi alla francese dell'ispettore di polizia (afflitto da una moglie col mito del Continente) demoliti dalle buone solide colazioni in ufficio con «bacon» e uova, e così via. Un film di «suspense», certo. Ma più ancora, credo, un film (in chiave ironica, ma soprattutto indulgente) sulla Inghilterra ritrovata. |
Autore critica: | Ermanno Comuzio |
Fonte critica: | Cineforum n. 120 |
Data critica:
| 2/1973
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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