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Jack Frusciante è uscito dal gruppo -

Regia:Enza Negroni
Vietato:No
Video:Medusa Video
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:Letteratura italiana - 900
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Tratto dal romanzo omonimo di Enrico Brizzi
Sceneggiatura:Enza Negroni, Enrico Brizzi
Fotografia:Alessio Gelsini Torresi
Musiche:
Montaggio:Roberto Missiroli
Scenografia:Giancarlo Basili
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Stefano Accorsi Franco, Alvisi Mattia, Angela Baraldi, Athina Cenci, Giorgio Comaschi, Barbara Livi, Ivano Marescotti, Andrea Nanai, Riccardo Pedrazzoli, Patrizia Piccinini, Violante Placido, Stefano Rivi, Stefano Sabattini, Eraldo Turra, Alessandro Zamattio
Produzione:Bros Film
Distribuzione:Medusa
Origine:Italia
Anno:1996
Durata:

100'

Trama:

Alex, sedicenne bolognese, mal sopporta i genitori, tra discussioni e incomprensioni. A scuola fa l'anticonformista e suona in una band punk. La sua vita cambia quando Aidi gli dà un appuntamento. Trascorrono molto tempo insieme, con Alex che si sfianca in bici per andare a trovarla. Di colpo, Aidi si ritrae e chiede di non frequentarsi per un po’. In crisi, Alex trascorre i pomeriggi in casa o beve più del solito con gli amici. Incontra Martino, cinico e disilluso, di buona famiglia ma senza affetti, e lo frequenta molto. Quando Aidi gli chiede di rivedersi le cose cambiano. Martino è arrestato per possesso di droga. Pur rilasciato, si sente sempre più solo e si suicida. Alex e Aidi vanno al funerale, poi urlano la loro rabbia in un prato. Aidi deve partire per gli Stati Uniti dove starà per un anno. Dopo una tenera notte di addio, i due si salutano dandosi appuntamento a un anno dopo.

Critica 1:Penso sia quasi proibito dire che il romanzo “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, scritto a 19 anni da Enrico Brizzi, venduto (200.000 copie, Baldini e Castoldi) e premiato, sia “generazionale e giovanilistico”, che sia un'occhiata sui liceali bene di oggi. Forse è giusto: è una storia di illusione e delusione, di affetto e rinuncia, con due protagonisti in rincorsa sul tempo che s'incontrano fra Benetton e Feltrinelli. Lui, Alex, è un romanticone 17enne alle prese col primo appuntamento sentimentale; comunica con la musica, soffre quando il migliore amico si uccide. Lei è la ragazza di buona famiglia, non sa decidersi se amare questo compagno di scuola che piace a tutte; prende tempo, ci patisce, parte per l'America con il ricordo del primo abbraccio. Intorno a loro i graffiti bolognesi, piscine, il Liceo Galvani frequentato da Pasolini e Fini, le snobberie gergali, riferimenti rock-punk, poi l'angoscia esistenziale, i genitori ex sessantottini che ci tengono ai riti domenicali, Messa e ristorante, portici e biciclette in grigio in una Bologna post Pupi Avati inquadrata da Alessio Gelsini. Brizzi, che si è sceneggiato con la regista “deb” Enza Negroni di 34 anni, non sta al gioco, denuncia la scarsa politicizzazione, è uscito dal gruppo anche lui. Il film non lo dice ma Jack Frusciante è il chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, che uscì dal gruppo in anticipo: come il Martino del film che decide di andarsene prima degli altri, complice un po' di fumo. Chiunque riduca un libro, lo modifica. L'operazione, nei binari classici e tradizionali di un racconto sentimentale di buone maniere di cinema, con i vezzi dell'opera prima e la capacità di raccontare un'emozione, è riuscita. Perché nasce da un romanzo che è sincero e riuscito. Overdose di bici, ma alcuni momenti di disagio giovanile sono veraci. Stefano Accorsi che balla da solo, come la Lucy di Bertolucci, ti ritorna in mente, anche perché l'attore ha sorriso contagioso. Violante Placido, la bella primogenita di Michele, gioca il jolly dell'acerbità mentale, si fa voler bene. I poveri genitori Cenci & Marescotti soffrono, senza perdersi Nightmare in tv. Non entriamo nel dibattito tranello tra libro e film. Jack Frusciante, come opera prima, ha le misure narrative, dimostrando che si soffre per le stesse ragioni: insicurezza, amore, l'ansia esistenziale di non aver tempo. Poi il poster alle pareti (Pulp Fiction, De Palma e Coppola), ma l'inizio della Dolce vita buttato lì, in cassetta all'alba per definire il solco generazionale.
Autore critica:Maurizio Porro
Fonte criticaCorriere della sera
Data critica:



Critica 2:Basato sul libro che Brizzi scrisse a diciannove anni, unendo ricordi autobiografici dell’adolescenza appena trascorsa a un’innata capacità inventiva e creativa, il film ha uno stile spezzettato. La molteplicità dei ritmi sonori e la discontinuità del linguaggio visivo traducono un’età in bilico tra la sensazione di poter fare tutto e lo spaesamento del vuoto che si percepisce intorno e dentro di sé. Molti spunti di interesse sono spesso ai margini, apparentemente come contorno della romantica storia d’amore e di sofferenza tra Alex e Aidi.
La famiglia appare saltuariamente, ma rende bene il punto di vista di un sedicenne che mal si adegua a certi rituali: le contraddizioni dei genitori ex sessantottini, confusi tra nostalgie della gioventù e pigrizie del presente; imborghesiti di fronte a Nightmare o succubi delle apparenze da famiglia unita e concorde che va a messa al completo, ma incapaci di sintonizzarsi con il figlio quando si parla di tremi delicati quali la sessualità, il consumo di droghe o il malessere esistenziale. Oppure il rapporto strumentale tra Alex e l’astuto fratello minore, le assenze della madre di Aidi, l'assoluta mancanza di riferimenti familiari per Martino, che sceglie il suicidio come opzione estrema per risolvere la propria insoddisfazione, compiendolo in una casa per l'ennesima volta vuota di umanità, nonostante la ricchezza di ogni comodità materiale.
Anche la scuola è uno sfondo lontano, senza coinvolgimento da parte di nessuno, con gli studenti e gli insegnanti che almeno in questo appaiono accomunati. Lo stesso tempo libero sembra più un tempo vuoto, con la difficoltà di riempirlo, in un senso di solitudine e noia lenito da film, canzoni o additivi di vario tipo, dall'alcol alle droghe.
Di fronte a tale desolazione, una possibilità di resistenza appare la scelta di un'appartenenza ben definita, esibita e riafferma attraverso un preciso stile di comportamento. La musica che si ascolta e si suona, i vestiti che si indossano, il modo di parlare, i film che si vedono, gli alcolici che si bevono e il modo in cui lo si fa, i luoghi urbani che si frequentano e quelli che si evitano: tutto concorre a costruire una propria identità esteriore, riconosciuta e condivisa dal gruppo, che permette di non sentirsi completamente soli.
Ma la reale contrapposizione all'idea di un mondo senza stimoli si attua per Alex nel rapporto d'amore con Aidi, che gli cambia la vita, dai ritmi quotidiani al livello di coinvolgimento emotivo nelle cose. Nel film la presenza di Aidi carica di energia Alex, la sua scomparsa temporanea fa risaltare la presenza di Martino, che a sua volta viene eclissato nuovamente quando Aidi ritorna. Se il sentimento amoroso appare l'elemento trainante che dà energia ai due protagonisti, pur con tutti i dubbi e le contraddizioni dell'età, è però la morte di Martino a sancire per entrambi la presa di coscienza della realtà in modo più adulto.
Seguendo lo schema classico del racconto di formazione, il film utilizza l'esperienza del dolore e la capacità di rinuncia come elementi fondamentali che attestano il passaggio a un altro stadio della vita. La lacrima finale di Alex che scende in bici dai colli bolognesi chiude perfettamente il cammino iniziato fin dai titoli di testa, in cui la stessa bici percorreva orizzontalmente i portici di notte, con un effetto chiaroscurale che già preannunciava un iter formativo in cui si è obbligati ad affrontare diverse prove, ora più piacevoli ora più dolorose.
Autore critica:Michele Marangi
Fonte critica:Aiace Torino
Data critica:



Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:Jack frusciante è uscito dal gruppo
Autore libro:Brizzi Enrico

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