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Fast Food Nation -

Regia:Richard Linklater
Vietato:No
Video:
DVD:Dnc Entertainment
Genere:Documentario
Tipologia:Sport e salute
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:tratto dal libro omonimo di Eric Schlosser
Sceneggiatura:Richard Linklater, Eric Schlosser
Fotografia:Lee Daniel
Musiche:Friends of Dean Martinez
Montaggio:Sandra Adair
Scenografia:Bruce Curtis
Costumi:Lee Hunsaker, Kari Perkins
Effetti:Steve Wolf-Wolf Stuntworks Inc.-Amalgamated Pixels
Interpreti:Patricia Arquette (Cindy), Bobby Cannavale (Mike), Paul Dano (Brian), Luis Guzmán (Benny), Ethan Hawke (Pete), Ashley Johnson (Amber), Greg Kinnear (Don Anderson), Kris Kristofferson (Rudy Martin), Avril Lavigne (Alice), Esai Morales (Tony), Catalina Sandino Moreno (Sylvia), Lou Taylor Pucci (Paco), Ana Claudia Talancón (Coco), Wilmer Valderrama (Raul), Bruce Willis (Harry Rydell), Raquel Gavia (Rita), Juan Carlos Serrán (Esteban), Francisco Rosales (Jorge), Glen Powell Jr. (Steve), Erinn Allison (impiegata dell'hotel), Mitch Baker (Dave)
Produzione:Hanway Films-Recorded Picture Company (Rpc)
Distribuzione:Dnc
Origine:Usa
Anno:2006
Durata:

116’

Trama:

Don Anderson è uno dei manager della catena di fast food denominata Mickey's. Quando un giorno viene a sapere che la partita di carne di manzo destinata al nuovo prodotto di punta della casa, il "Big-One", è avariata, Don decide di andare a cercare di persona i responsabili. Nel suo viaggio verso il sud della California, Don si troverà ad affrontare il lato oscuro dell'industria dei fast-food americani che, nella catena di montaggio che trasforma il manzo in hamburger, utilizza gli immigrati clandestini messicani.

Critica 1:Fast Food Nation è la prova provata che l'America è un grande paese. Non è una frase ironica: una democrazia che ha mille difetti, ma che crea da sé anticorpi come Michael Moore, come Al Gore, come il Morgan Spudock di Super Size Me... e come il Richard Linkater di questo film; ovvero, cineasti che possono urlare ai quattro venti le storture del proprio paese senza essere zittiti, è un paese malato, sì, ma con la speranza di guarire. Fast Food Nation è, fin dal titolo, un manifesto su una nazione che sta morendo per cattiva, alimentazione. Se aveva ragione Feuerbach: il filosofo secondo il quale «l'uomo è ciò che mangia», (…) la scena forse più agghiacciante di Fast Food Nation è quella in cui ci viene spiegato, con il tono asettico delle formule scientifiche, come sia perfettamente logico che negli hamburger dei fast food ci siano microframmenti di sterco bovino. Le condizioni in cui i bovini vengono macellati sono tali, e talmente frettolose, che accade sovente che le parti della bestia non vengano ben separate, e gli intestini finiscano nello stesso tritacarne che prepara i suddetti hamburger. Pensateci, la prossima volta che entrate in un McDonalds.
A differenza di quasi tutti gli altri titoli citati, però, Fast Food Nation non è (solo) un documentario. Potremmo definirlo un film-dossier, perché Linklater (cineasta molto eclettico, autore anche di film sperimentali come Waking Life) l'ha basato su un libro omonimo, di Eric Schlosser, che è un'inchiesta feroce e documentata sull'industria alimentare americana. Da questa inchiesta, il film parte per raccontare la storia di Don Henderson, un esperto di marketing della catena di fast food Mickeys che deve affrontare un'emergenza di comunicazione: nei suoi hamburger, come si diceva, sono state rilevate tracce di carne contaminata... nel modo che dicevamo. Si parte dunque per un viaggio nel mondo del «cibo veloce, che riesce a narrare anche le storie di chi ci lavora (soprattutto immigrati), di chi li contesta (ambientalisti e animalisti assortiti), e di chi ne è vittima (i poveri animali macellati in condizioni atroci: preparatevi, la sequenza del macello e terribile, potreste diventare vegetariani). L'abilità di Linklater è tutta nell'equilibrare denuncia e narrazione, documento e fiction: gli aspetti narrativi della trama sono talmente efficaci e, a tratti, persino divertenti che il film è riuscito ad attrarre attori di gran calibro. Henderson è interpretato da Greg Kinnear, nel cast ci sono anche Patricia Arquette, Ethan Hawke, Catalina Moreno (la straordinaria attrice ispanica di Maria Ful of Grace), e Bruce Willis, che nonostante la sua immagine di repubblicano macho non è nuovo a comparsate semi-gratuite in film indipendenti (basterà ricordare la sua partecipazione, non accreditato nei titoli, a Pulp Fiction). Fast Food Nation è un film forte e divertente, un ottimo modo per avere conferme sulla follia dell'America – ma anche per riconciliarsi con la sua capacità di raccontarle e denunciarle. (…)
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte criticaL'Unità
Data critica:

20/7/2007

Critica 2:Siamo a Cody (Colorado), nella sperduta provincia americana. Sette personaggi (più altri minori) intrecciano le loro vicende in un contesto insolito: quello del mega-mattatoio che prepara le carni per una catena di hamburgerie chiamata Mickey's. Alcuni di questi personaggi sono stanziali, come il cowboy veterano Kris Kristofferson e l'inquieta camerierina Ashley Johnson con madre isterizzata (Patricia Arquette) e zio ex-sessantottino (Ethan Hawke). Altri, come gli sposi Wilder Walmerrana e Catalina Santino Moreno, arrivano clandestini dal Messico per tirar su qualche dollaro; e Greg Kinnear viene dal nord come ispettore della ditta. Incombe l'accusa che la lavorazione delle carni sarebbe esposta a contaminazioni fecali e lui deve far luce sulla faccenda.
Fast Food Nation nasce da un libro inchiesta di Eric Schlosser, che ha accettato di trasformarlo in un romanzo polifonico a quattro mani con il regista Richard Linklater. La struttura può far pensare ad Altman, però in un film di esplicita denuncia. Infatti l'ispettore accerta ben presto che le condizioni igieniche della fabbrica sono indecenti e pericolose, mentre c'è da inorridire per il trattamento schiavistico che riservano i padroni alla manovalanza d'oltre confine: uomini sfruttati al limite della fatica, donne prostituite e tutti esposti al rischio dei peggiori incidenti sul lavoro. L'unico che potrebbe intervenire è il funzionario della casa madre, che però tentenna e infine decide che è meglio seguire il consiglio di un ottavo personaggio, il mediatore Bruce Willis. In un memorabile cammeo il divo sintetizza le ciniche motivazioni di chi ha capito come vanno le cose e ritiene che bisogna arrendersi alla realtà.
Tutto il film, ovviamente, intende affermare il contrario e rappresenta un grido d'allarme nei confronti dell'industria del cibo veloce. Il risultato? Proteste da parte delle grandi catene di fast food. Niente premi dalla giuria di Cannes. Recensioni minimizzanti sui principali giornali francesi. E' doveroso aggiungere che il film, in uscita sui nostri schermi con oltre un anno di ritardo, meritava di più e merita tuttora di essere visto e meditato.
Autore critica:Alessandra Levantesi
Fonte critica:La Stampa
Data critica:

20/7/2007

Critica 3:
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Libro da cui e' stato tratto il film
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