RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
Catalogo film per le scuole; ; Catalogo film per le scuole; ; ;
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 


Conseguenze dell'amore (Le) -

Regia:Paolo Sorrentino
Vietato:No
Video:
DVD:Medusa
Genere:Drammatico
Tipologia:Spazio critico
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Paolo Sorrentino
Sceneggiatura:Paolo Sorrentino
Fotografia:Luca Bigazzi
Musiche:Pasquale Catalano
Montaggio:Giogiò Franchini
Scenografia:Lino Fiorito
Costumi:Ortensia De Francesco
Effetti:
Interpreti:Toni Servillo (Titta Di Gerolamo), Olivia Magnani (Sofia), Adriano Giannini (Valerio), Raffaele Pisu (Carlo), Angela Goodwin (Isabella), Diego Ribon (Direttore), Giselda Volodi (Cameriera), Giovanni Vettorazzo (Signor Letizia), Ana Valeria Dini (Lettrice), Giannapaola Scaffidi (Giulia), Antonio Ballerio (Direttore banca), Gilberto Idonea (Sicario), Gaetano Bruno (Sicario), Enzo Vitagliano (Pippo D'Antò)
Produzione:Domenico Procacci, Nicola Giuliano, Francesca Cima e Angelo Curti per Fandango e Indigo Film in collaborazione Con Medusa
Distribuzione:Medusa
Origine:Italia
Anno:2003
Durata:

100'

Trama:

Un uomo misterioso, Titta Di Girolamo, vive da otto anni in un albergo di un'anonima cittadina della Svizzera italiana. E' un uomo distinto e ben vestito, apparentemente privo di sentimenti, la cui vita si svolge tra la hall e il bar dell'albergo in attesa che accada qualcosa...

Critica 1:L’uomo in più, opera prima di Sorrentino, stupì per la ricchezza della sceneggiatura e l’ottima direzione di attori, ma la regia sembrò generica, al servizio del testo scritto e dei personaggi-attori, poco personale. Il secondo film di Sorrentino stupisce per la ricchezza e il rigore della regia, comparabili a modelli lontani, negli anni Sessanta-Settanta più francesi che hollywoodiani.
L’argomento è quasi astratto, tra Luigi Pirandello e Friedrich Durrenmatt. E il cinema può ricordarci alcuni autori dimenticati, tutto fuorché mediterranei; e sarà forse perché il film è ambientato per nove decimi in una città della Svizzera italiana, ed è chiuso per i sei decimi o più tra le mura di un grande albergo. Un accigliato e rigidamente monotonico Toni Servillo ne è al centro, in una interpretazione che va al contrario di quella estroversa del film precedente e che serve perfettamente il disegno della regia, come la fotografia di Luca Bigazzi, la musica di Pasquale Catalano e gli altri attori, più silhouette che personaggi, spinti anch’essi all’astrazione,
Non è un film sociale Le conseguenze dell’amore, la mafia, che è il deus ex machina, c’entra come pretesto narrativo pescato dal genere, del tutto astratto. Il personaggio, il perno di tutto: la paradossale vicenda di un supercommercialista che, al servizio della mafia, sgarrando un investimento è costretto a una lussuosa prigione servile come superfattorino della famiglia. Il denaro, l’oro, la banca, le azioni. Il loro potere, il loro centro, il perno su cui ruota il mondo, come sapevano le rappresentazioni e fiabe prima del trionfo universale del capitale e della sua pubblicità. E un servo, il nostro eroe, che si ribella quando inciampa nell’amore e decide di uscire dalla solitudine e dall’indifferenza a tutto. Pensa di essere più astuto dell’organizzazione, ma non lo è.
Parabola e metafora avrebbero avuto bisogno di una struttura più stretta, ma il film è di perenne inventiva registica e di un controllo stilistico più che raro nel cinema, non solo italiano, di oggi.
Autore critica:Goffredo Fofi
Fonte criticaPanorama
Data critica:

7/10/2004

Critica 2:La mafia? È ordinata come la Svizzera, è precisa come un orologio svizzero, è affidabile come una banca svizzera, è simpatica come una mucca svizzera. Forse è anche buona come il cioccolato svizzero. Così, almeno, pensa Titta De Girolamo, un uomo il cui unico vezzo è quel nome da pazzariello: Titta, curioso appellativo per un cassiere della mafia.
Titta De Girolamo vive in Svizzera, a Lugano, in un alberghetto ordinato e preciso come tutta la Svizzera - e come la mafia, per la quale lavora. Inizialmente lo vediamo annoiarsi, giocare ad asso pigliatutto con l'ex proprietario (che si è rovinato al casinò e ora vive, da pensionante, in un albergo che un tempo era suo), chiacchierare svogliatamente con gli altri clienti e liquidare in modo insofferente il fratellastro che è passato a trovarlo. Siamo in zona Durrenmatt, o Kafka, o meglio ancora Simenon, riferimento letterario preferito dal regista-sceneggiatore Paolo Sorrentino. Di tanto in tanto, Titta va in banca. Ma non come ci andreste voi: Titta riceve una misteriosa valigia, monta sulla Bmw chiusa in garage, la porta nel sotterraneo di una banca (svizzera), e deposita cifre nell'ordine dei milioni di dollari, che vengono regolarmente contate a mano da una squadra di cassieri (Titta non vuole le macchine contasoldi: «Bisogna fidarsi degli uomini», dice).
Titta De Girolamo è un uomo senza fantasia, e orgoglioso di esserlo. Faceva il commercialista: anni prima ha sbagliato una speculazione e, per salvarsi, ha accettato di fare il riciclatore di denaro sporco per la mafia. Titta non è un boss, nemmeno un «uomo d'onore». La mafia lo tiene sotto ricatto: si è mangiata la sua vita, che però non era una gran vita, come capiamo dalle annoiate telefonate alla moglie e ai figli. Un giorno, però, gli viene una «fantasia» che sarà la sua rovina. Al bar dell'albergo lavora una ragazza, incuriosita da quell'uomo solitario che non risponde mai ai suoi saluti. Dopo mille titubanze, Titta si siede al bar e le rivolge la parola: «È la cosa più pericolosa che ho fatto in vita mia». Non lo sa ancora, ma è proprio così. Titta è un uomo senza fantasia e non sa come si conquista una ragazza. L'unica idea che gli viene è di intascarsi 100.000 dollari facendo la «cresta» su una consegna, e regalarle una Bmw nuova come la sua, solo un po' più «giovanile». Ma alla mafia non si possono rubare nemmeno 100.000 lire: i boss spediscono i loro sgherri a Lugano, e Titta, per la seconda volta nella vita, si trova nei guai. La prima volta l'ha salvato la mafia: stavolta, dove andrà a chiedere aiuto? Sono Le conseguenze dell'amore, pericolosissime per un uomo come Titta che sa trattare con i direttori di banca (svizzeri: i peggiori), ma non con i propri sentimenti.
Le conseguenze dell'amore è il secondo film di Paolo Sorrentino, 34 anni. Aveva esordito nel 2001 con L'uomo in più, la vita parallela (alla Plutarco...) di due personaggi, un cantante confidenziale alla Califano e un calciatore ombroso alla Di Bartolomei, che si chiamavano entrambi Antonio Pisapia. Con l'opera seconda, sempre la più difficile, Sorrentino entra nel novero dei registi italiani importanti. Il film è una bella idea di sceneggiatura (un personaggio, un ambiente, un contesto) realizzata con notevole sapienza stilistica. Fate caso, quando vedrete il film a settembre (l'ha prodotto la Fandango, lo distribuirà la Medusa), alla padronanza con cui Sorrentino tratteggia le atmosfere di quel non-luogo che è la Svizzera (con il decisivo apporto dell'operatore Luca Bigazzi) e all'uso raffinatissimo del sonoro. Prendete la sequenza in cui gli impiegati contano i dollari: il rumore dei biglietti di banca, manipolati in un caveau nel quale campeggia la bandiera rossocrociata, è sufficiente a tracciare, meglio di mille discorsi e di mille saggi di economia, il destino di un paese. A che serve la Svizzera? A metterci i soldi, e basta. Checché ne dicano gli svizzeri.
Speriamo che i nostri amici del Canton Ticino non si offendano, anche perché l'Italia non ne esce meglio. L'Italia, nel film, è un caos da cui sfuggire. È la mafia, che Sorrentino racconta prima per accenni, poi con una presenza lercia, invadente, fredda da fare invidia ai mafiosi creati da Lynch in Mulholland Drive. La mafia è una cosa che funziona, anche se i suoi manovali e i suoi boss sembrano dei bifolchi (e del resto cos'è Totò Riina, se non un bifolco che capisce di economia e di politica assai più di mille professori?). Quindi, Le conseguenze dell'amore è un film che parlando della Svizzera ci racconta l'Italia. Ah, ultima cosa: Toni Servillo, nei panni di Titta, è geniale. Noi pensiamo sia il miglior attore italiano del Duemila, ma lo sa già, inutile ridirglielo. Meglio segnalare la comparsata, nei panni dell'ex direttore che si è rovinato al gioco, del grande Raffaele Pisu: semplicemente fantastico, dove si era nascosto in tutti questi anni?
Autore critica:Alberto Crespi
Fonte critica:L’Unità
Data critica:

14/5/2004

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di:; Progetto editoriale a cura di: Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di:; Contenuti a cura di: Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 12/31/2007
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale