Battaglia di Algeri (La) -
Regia: | Gillo Pontecorvo |
Vietato: | 14 |
Video: | San Paolo Audiovisivi, L'Unità Video |
DVD: | Repubblica |
Genere: | Guerra |
Tipologia: | La memoria del XX secolo, Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | Gillo Pontecorvo; tratto dal testo di Franco Solinas |
Sceneggiatura: | Gillo Pontecorvo, Franco Solinas |
Fotografia: | Marcello Gatti |
Musiche: | Ennio Morriconi |
Montaggio: | Mario Morra, Mario Serandrei |
Scenografia: | Sergio Canevari |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Yacef Saadi (Djafar), Jean Martin (Colonn. Mathieu), Brahim Haggiag (Ali La Pointe), Fawzia El Kader Hassiba (Ben Bouali), Mohamed Ben Kassen (il piccolo Omar), Michele Kerbash (Fathia), Tommaso Neri (Cap. Dubois), Omar Mohamed (Ben Kassen), Ugo Paletti (il Capitano) |
Produzione: | Antonio Musu per la Igor Film di Roma e Yacef Saa-di per la Casbah Film di Algeri |
Distribuzione: | Cineteca Nazionale |
Origine: | Algeria, Italia |
Anno: | 1966 |
Durata:
| 121'
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Trama:
| Algeri, 7 ottobre 1957. I parà del colonnello Mathieu circondano il nascondiglio dell'unico superstite del Fronte di Liberazione Nazionale algerino, Alì La Pointe, e minacciano di far saltare con la dinamite la casa. Questi, in attesa della morte, ripercorre con la memoria gli avvenimenti nei quali, da sfruttatore di donne e pregiudicato comune, è maturato in uomo cosciente del suo diritto alla libertà. Tre anni prima, nel novembre '54, la lotta era incominciata liberando la Casbah dai germi della malavita per fare della cittadella araba la roccaforte della rivoluzione: poi era esplosa con scontri individuali ed azioni terroristiche che avevano provocato reazioni da parte della popolazione francese. Nel gennaio del '57 erano giunti il colonnello Mathieu ed i paracadutisti che, con un'azione militare e poliziesca non priva d'intelligente organizzazione e non aliena da sistemi di tortura, avevano progressivamente smantellato l'organizzazione algerina e risalita la piramide dei collegamenti fino ad isolare La Pointe e scoprirne il nascondiglio. Morto Alì La Pointe, la rivoluzione appare sedata. Ma nel dicembre del '60 tutto ricomincia quasi per incanto e due anni dopo l'Algeria ottiene l'indipendenza.
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Critica 1: | Sobria rievocazione di taglio documentaristico sulla base di una solida sceneggiatura di Franco Solinas che, con forte coralità e qualche dilatazione nelle fasi degli attentati, mostra una guerra di popolo, spiegando anche le ragioni del "nemico", i francesi. Leone d'oro alla Mostra di Venezia, il film ebbe vasta risonanza internazionale, soprattutto sui mercati di lingua inglese, diventando, fra l'altro, un film di studio per le Black Panthers. Musica di E. Morricone e splendido bianconero scope di Marcello Gatti. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | Il film si apre con un rastrellamento compiuto dai parà nel ‘57 per catturare uno dei capi della rivolta, asserragliatosi con un compagno, una donna e un ragazzo, in un nascondiglio segreto. E subito, come ormai vuole il vezzo, scatta il flashback. Siamo nella Algeri del 1954, il FLN lancia il primo appello, un giovane pregiudicato, Alì la Pointe, che vivacchia imbrogliando i passanti col gioco delle tre carte, viene reclutato dai patrioti. Preso l’abbrivo rievocativo, il film non indugia sulle mosse di Alì, e inizia la cronaca delle azioni clandestine, raccontando con scrupolo giornalistico tutti gli azzardi della guerriglia, dai reciproci attentati nei locali pubblici e nella Casbah alle sparatorie per le strade e alle retate: quella catena di efferatezze, compiute dall’una e l’altra parte senza pietà, che riempirono a lungo le colonne dei giornali, finché Parigi affidò ai paracadutisti il compito di soffocare la rivolta con i loro sistemi. Si sa cosa accadde: rispondendo anche con la tortura al terrorismo dei cospiratori, e profittando di un lungo sciopero generale, i parà misero a ferro e fuoco la Casbah, sconvolsero lo stato maggiore rivoluzionario, e s’illusero di aver riportato l’ordine ad Algeri. Dopo il largo affresco sulle violenze collettive, qui la figura di Alì torna in primo piano. É lui, l’ultimo capintesta rimasto latitante, che i parà vogliono snidare dal nascondiglio visto all’inizio. Ma il giovanotto ha ormai la tempra dell’eroe; si rifiuta di uscire, e tutti saltano in aria. Con una serie di manifestazioni di piazza, nuovi morti e feriti, il film si conclude ricordando che qualche anno dopo la battaglia il FLN tornò a organizzarsi e riuscì a portare il paese all’indipendenza. La battaglia di Algeri si svolge su tre piani, ciascuno dei quali costituito di due elementi contrapposti: il singolo individuo (Alì, il colonnello Mathieu), il gruppo (i patrioti, i paracadutisti), la folla dei francesi e degli arabi. L’opera di Pontecorvo consisteva nell’integrarli, articolando il racconto in modo da fonderli con un respiro unitario. C’è riuscito per tre quarti, finché la sua sicurezza d’osservatore, il tono documentario del film egregiamente servito dalla cruda fotografia di Marcello Gatti nello stile dei cinegiornali di guerra, non si sono scontrati con dei personaggi i quali non potevano esaurirsi nell’azione, entrare e uscire dalla folla, ma dovevano aprir bocca. Allora l’impeto realistico si è diluito, assai spesso, nella convenzionalità dei caratteri e nella letterarietà delle battute. Rude, secco, aspro finché la macchina da presa si muove nei meandri della Casbah, segue gli attentati e le esplosioni, finché insomma inventa con l’aria di registrare e lascia parlare i fatti, il film perde mordente nel corso della maggior parte dei dialoghi. Allora gli spigoli si arrotondano, si affaccia la retorica, la predica, e in questa luce anche certi passaggi, soprattutto là dove è introdotto il ricatto emotivo dei bambini morti e dello scugnizzo valoroso, adottano soluzioni di maniera che sottraggono al film saldezza e originalità. Pontecorvo resta lontano da certe sbavature melodrammatiche solite nei film di guerra, però dispiace che un’opera alla quale va riconosciuto il grande dono di sembrare tanto spesso un reportage sulla violenza, tradisca in certi particolari una tesi programmatica tenuta abbastanza in sordina anche per non rincrescere troppo alla Francia di oggi. |
Autore critica: | Giovanni Grazzini |
Fonte critica: | Corriere della Sera |
Data critica:
| 1/9/1966
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Critica 3: | |
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Data critica:
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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