Gloria - Una notte d'estate - What Price Glory
Regia: | John Cassavetes |
Vietato: | No |
Video: | Columbia Tristar Home Video |
DVD: | |
Genere: | Drammatico |
Tipologia: | I bambini ci guardano |
Eta' consigliata: | Scuole medie inferiori; Scuole medie superiori |
Soggetto: | John Cassavetes |
Sceneggiatura: | John Cassavetes |
Fotografia: | Fred Schuler |
Musiche: | Bill Conti |
Montaggio: | George C. Villasenor |
Scenografia: | |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Gena Rowlands, John Adames, Val Avery, Buck Henri, Lupe Carnica |
Produzione: | Mark Johnson, David Valdes Malpaso/Warner |
Distribuzione: | Columbia |
Origine: | Usa |
Anno: | 1980 |
Durata:
| 123'
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Trama:
| Jack Dawn, ambiguo membro di una potentissima organizzazione mafiosa, oltre ad avere parlato troppo, ha scritto in un quaderno-memoriale tutta una documentazione esplosiva. Sicuro dell'imminente "regolamento di conti", decide di mettere in salvo il figlioletto Phil, cui affida il quaderno, e lo affida a Gloria, un'amica e dirimpettaia della signora Jerl Dawn. Mentre Gloria, colta di sorpresa, tiene a viva forza nel proprio appartamento il bambino, i gangster irrompono in casa Dawn e massacrano i genitori di Phil, la nonna Margarita e la sorellina Joan. Gloria Swenson, ex showgirl e già amica del boss Tony Tanzini, si trova immediatamente in enormi difficoltà: lei non piace a Phil che, a sua volta, reputa ingombrante e urtante; a New York sa di essere ovunque sotto il tiro dei membri della banda alla quale, in un certo qual modo, è personalmente legata. Ciò nonostante, tenendo fede all'amicizia verso Jerl Dawn, tenta di mettere in salvo se stessa e Phil. I tentativi si dimostrano immediatamente assurdi e Gloria si trova costretta a sparare più di una volta, uccidendo diversi uomini della banda e ridicolizzandone altri. Quando sente che la morsa si sta stringendo inesorabilmente, la donna sa di non essere più indifferente al piccolo ed è cosciente dei propri mutati sentimenti verso di lui. Indirizzato verso Pittsburg Phil, che ha convinto a consegnarle il memoriale, ne garantisce la salvezza recandosi di persona nella casa di Tony, ove, come era facilmente prevedibile, non c'è solo l'ex amico ma tutti i boss e rispettivi segugi. Viste cadere tutte le trattative, Gloria fugge ma viene raggiunta dai colpi delle pistole dei banditi.
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Critica 1: | Probabilmente Gloria, a differenza degli altri fìlm di Cassavetes, sarà un film da difendere; e non dalla censura del mercato, dai silenzi, dalle indiscriminate mutilazioni cui sono state fatte oggetto le opere precedenti dell'autore, ma dalle tendenze contrapposte dei tradizionali ammiratori di Cassavetes da un lato e degli appassionati del genere 'nero' o d'azione dall'altro. Infatti il film, mentre per i primi può risultare superficialmente spettacolare, vuoto della precisione sociologica e dell'accuratezza introspettiva che costituivano l'ossatura portante delle realizzazioni precedenti, ai secondi, contraddittoriamente, può apparire scarno di azione drammatica, privo, comunque, di gran parte dei topoi dei genere. Effettivamente Gloria, se da un lato, trascinato dal proprio dinamismo, è impossibilitato a soffermarsi sull'analisi microscopica e tagliente, dall'altro sviluppa la propria azione sulla base di un unico evento iniziate, senza affiancargli, a livello di puro plot, nessun “fatto” ulteriore. Le incessanti azioni spettacolari bloccano sul nascere le meditazioni introspettive, così come gli improvvisi e insistenti primi piani caricano di sottili implicazioni fughe e scontri a fuoco. Nero travestito da spaccato di vita urbana e, viceversa, romanzo psicologico sotto le spoglie dei film d'azione, Gloria trova il proprio equilibrio in questo sovraccarico di stimolazioni (peraltro lucidissimo, mai ridondante), che si risolve in una deliberata assenza di contenuti, tanto più rinnegati e derisi quanto più sono apertamente strombazzati. Nel film si parla troppo e si corre troppo perché parola e corsa possano essere dei tutto prese sul serio; l'eccedenza e la reciproca negazione di entrambe danno luogo, in maniera inavvertita e divertente, a una sintesi compatta che ha come oggetto primario il senso dello spettacolo cinematografico.
Che, dopo film quali Minnie e Moskowitz, La sere della prima, Assassinio di un allibratore cinese, Cassavetes dovesse giungere a un film sul cinema era tutto sommato ovvio; molto meno ovvie erano le modalità attraverso le quali questo irriducibile emarginato avrebbe fatto i conti con il cinema proprio e altrui, con Hollywood e con la propria precisa scelta antihollywoodiana. Le strade erano tutte più o meno abbozzate e percorribili: dalla antinarratività programmatica di Mariti e Una moglie alla rivisitazione/decodificazione dei nero di Assassinio di un allibratore cinese, dall'analisi esplicita di ruoli e maschere di La sera della prima alla beffarda divagazione sulla commedia rosa di Minnie e Moskowitz. Con l'elegante disinvoltura di un maestro, Cassavetes raccoglie una manciata di spunti differenti per creare un prodotto tanto raffinato da risultare, paradossalmente, commerciale. Senza l'astio dell'outsider nel confronti dello spreco dell'industria, ma anche senza i sensi di colpa dell'integrato, con la precisa consapevolezza della natura fondamentalmente onirica dei cinema (di tutti i film, dei film verità, dei film critici, dei film antihollywoodiani e, quindi, anche dei suoi film), supera l'impostazione, ormai di prammatica, delle rivisitazione, per approdare a un atto d'amore, sfrontato ma non beotamente acritico, verso l'immagine cinematografica, verso il film-favola. Gloria, attraverso una serie successiva e concatenata di ribaltamenti (dei nero, dei melodramma, dei film “alla Cassavetes”), si propone non tanto come viaggio critico attraverso gli stereotipi, quanto come consapevole viaggio nel sogno.
Gloria come rilettura dei genere nero. Che il nero sia il genere più vicino al registro narrativo di Cassavetes è fuori di dubbio; anche se, prescindendo da Assassinio di un allibratore cinese, le cadenze dei suoi film precedenti si apparentano con la commedia e con il dramma psicologico, esistono sempre in essi una tipologia dei personaggi e un'apparenza sbrigativa e secca nell'uso della mdp che non possono non rimandare al nero, cinema urbano per eccellenza e per tradizione cinema antitradizionale, di antieroi, di battaglie perse in partenza e di solitudine. Non bisogna tra l'altro dimenticare la lunga frequentazione dei nero da parte di Cassavetes attore. Cassavetes ha la faccia giusta per il nero; e ce l'ha anche Gena Rowlands, che sembra fatta apposta per interpretare il personaggio della “ex”, ex pupa dei gangster, ex banditessa pentita o comunque in crisi di coscienza, solitaria superstite di tempi migliori, Un po' una Gloria Grahame attualizzata, più decisa e meno torbida. Come Marlowe e come Art Carney in L'occhio privato, Gloria vive sola in un quartiere popolare, con un gatto e una collezione di antichi ricordi; si presenta alla porta degli amici vicini perché ha finito il caffè, con due vistosi distintivi connotanti il suo ruolo: l'immancabile sigaretta e il classico impermeabile con cintura. Quando decide di rispolverare la pistola non abbandonerà più la borsetta a tracolla nella quale la tiene, nemmeno di notte, in vestaglia. In dieci minuti Gloria è caricata di tutti i tratti salienti connotanti l'outsider, l'irriducibile portabandiera di un individualismo idealista. Da questo momento, inizia a muoversi come Jack Flowers e Cosmo Vitelli, rivisitando tutti i luoghi canonici dei genere, alberghi, cimiteri, bar, per arrivare infine, tra un tassì e l'altro, al confronto diretto con l'organizzazione, alla quale terrà testa secondo l'abituale dinamica delle parole non dette. E un'uscita di scena come la sua (“Facciamo una cosa Mr T. Adesso mi alzo e me ne vado da qui. Se vuoi, puoi fermarmi”) potevano farla, appunto, Bogart e Ben Gazzara.
Tutto in regola rispetto al genere, quindi, eccezion fatta per due vistose distorsioni: 1) Gloria è una donna, ma le motivazioni che guidano il suo agire sono esattamente identiche a quelle che da sempre regolano il movimento senza speranza dei protagonisti maschili di questi film (come dire che “il sistema non si batte”, ma un atto di giustizia personale, una battaglia contro i mulini a vento vale pur la pena di essere fatta); 2) il film ha il lieto fine; prima che scatti la sequenza in bianco e nero e al ralenti Gloria si vede chiaramente, benché travestita, e chiaramente parla.
Come dire “... e vissero felici e contenti”; ma questo non è mai stato del nero e tanto meno della rivisitazione del nero, il cui eroe è per tradizione sconsolatamente legato a una perenne riprova del proprio anacronismo. L'happy end apre allora la strada ad altri referenti. (...) |
Autore critica: | Emanuela Martini |
Fonte critica | Cineforum n. 199 |
Data critica:
| 11/1980
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Critica 2: | |
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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