Pasta nera -
Regia: | Alessandro Piva |
Vietato: | No |
Video: | |
DVD: | Istituto Luce |
Genere: | Storico-Documentario |
Tipologia: | Diritti dei minori, La memoria del XX secolo, Migrazioni |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
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Sceneggiatura: | |
Fotografia: | |
Musiche: | Riccardo Giagni |
Montaggio: | Andrea Nobile, Marco Rizzo |
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Effetti: | |
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Produzione: | Seminal Film, in Associazione con Cinecittà Luce |
Distribuzione: | |
Origine: | Italia |
Anno: | 2011 |
Durata:
| 60'
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Trama:
| Attraverso racconti, rari documenti filmati dell'archivio Luce e gli archivi fotografici privati, il documentario ripercorre uno dei migliori esempi di solidarietà e slancio unitario nella storia del nostro Paese. Tra il 1947 e 1952, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia è devastata e tra le più dolorose condizioni c'è quella dei minori, specie nel Mezzogiorno. Migliaia di famiglie di lavoratori del centro nord, ispirate da una nuova consapevolezza e dalla speranza nella ricostruzione del Paese, aprono le loro case ai bambini provenienti dalle zone più colpite e di più antica miseria del Meridione. L'iniziativa diventa ben presto un movimento nazionale che propone una concezione della solidarietà e dell'assistenza attenta alle soluzioni concrete ai problemi più urgenti, sostituendosi spesso all'assenza delle istituzioni. Alcuni dei protagonisti di allora, ricordano con i loro occhi bambini questa speciale esperienza, creando un cortocircuito emozionale tra infanzia e anzianità.
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Critica 1: | 1945. La guerra è finita e l’Italia è devastata, ma l’entusiasmo della nascente democrazia attraversa il Paese.
Nel clima di collaborazione delle forze antifasciste per ricostruire il paese devastato, affamato, profondamente ferito dalla guerra, migliaia di famiglie di lavoratori del centro nord aprirono le loro case a decine di migliaia di bambini provenienti dalle zone più colpite e di più antica miseria del Meridione, ma anche di altre zone martoriate del Paese.
L’iniziativa in poco tempo diventò un movimento nazionale proponendo una concezione della solidarietà e dell’assistenza che trovava le sue radici nei valori della Resistenza, indicando soluzioni concrete ai problemi più urgenti, supplendo all’assenza delle istituzioni. Su quelli che vennero chiamati “i treni della felicità” circa 70000 bambini si lasciarono alle spalle povertà e macerie per vivere l’esperienza dell’ospitalità in un’altra famiglia.
I protagonisti di questa storia, ormai nonni, ricordano con i loro occhi bambini quest’incredibile esperienza creando un cortocircuito emozionale tra infanzia e anzianità. La memoria storica e un ricordo lucido di uno dei rari esempi di solidarietà tra Nord e Sud del nostro Paese.
Uno dei centri propulsori di questa iniziativa fu l’Unione Donne Italiane che insieme ai comitati che si andarono organizzando in ogni città, riuscirono tra mille difficoltà a riportare quei bambini, partiti laceri e denutriti, nelle proprie case con nuove prospettive.
Qualcuno però decise di rimanere.
Questa è una storia ricostruita attraverso i tanti ricordi di un viaggio fatto da bambini, ma in fondo è un’unica grande storia di solidarietà italiana. Il tempo del racconto è scandito dai protagonisti ripresi nelle loro case, nei luoghi dell’infanzia tra i loro oggetti, le poche foto custodite gelosamente.
E poi la Storia, quella della ricostruzione. Archivi, cinegiornali e filmati storici contestualizzano il paese in clima postbellico: le città sventrate, la forza indomabile delle donne, la condizione infantile nelle grandi città, e poi la fame. Quella sì che si ricorda. Così come il colore di quella pasta, nera, che dopo anni di guerra sembrava la cosa più buona del mondo. |
Autore critica: | Alessandro Piva, nota di regia |
Fonte critica | cinemaitaliano.info |
Data critica:
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Critica 2: | La memoria di una generazione che si sta spegnendo nel silenzio, gli occhi di chi ha vissuto la grande Storia e può testimoniare che ci fu un tempo di speranza, fiducia e solidarietà. Sono i bambini cresciuti nell’Italia del secondo Dopoguerra i protagonisti del documentario Pasta Nera di Alessandro Piva che ha riportato alla ribalta una delle storie nascoste nel passato recente del nostro Paese grazie ai materiali di repertorio del Luce e dell’Unione Donne Italiane. Si tratta dell’iniziativa, maturata in ambienti vicini al comunismo, che tra il 1946 e il 1952 portò migliaia di famiglie di lavoratori del Nord a ospitare bambini provenienti dalle zone più disastrate del Sud, strappandoli per un paio di anni alle macerie lasciate dalla guerra. Un episodio di cui difficilmente si fa menzione quando si ripercorrono le cronache dell’epoca, ma che rivisto oggi risulta commovente non solo per chi visse in prima persona quell’enorme gesto di solidarietà: è anche il tipo di ricordo che manca alle nuove generazioni, disilluse dall’attualità italiana e internazionale, per provare a recuperare un rapporto con un’identità capace di andare oltre la retorica dei media e le grida scomposte di fronte a una partita di calcio.
I protagonisti di questo incredibile scambio al di là delle barriere (la lontananza, la lingua, le abitudini quotidiane) e i pregiudizi (la rappresentazione dei meridionali come dei piccoli selvaggi, e quella delle famiglie romagnole come bolscevichi mangiatori di bambini) ricordano in modo vivido quei giorni, parlandone tra grandi sorrisi e lacrime. Serbano foto e lettere come un tesoro prezioso, che mettono in mostra di fronte alla macchina da presa come metterebbero il proprio cuore. Partendo dal semplice racconto di uno dei bambini partito dalla Puglia verso Ancona tanti anni prima, Alessandro Piva e lo storico Giovanni Rinaldi, che sullo stesso tema ha pubblicato il libro I treni della felicità, hanno raccolto uno a uno i ricordi di quei giovani protagonisti di un’unione forse mai così stretta e bella tra Nord e Sud, nonché di alcune delle organizzatrici dello scambio in cui, con immani sforzi e sacrifici, furono coinvolti ben 70 mila ragazzi.
Forse non è il massimo parafrasare un’ignobile locuzione nata dallo squallore dell’oggi, ma quello celebrato da Pasta Nera è senza dubbio uno dei pezzi di quell’Italia migliore che per qualche torpido motivo non viene mai esaltata e consacrata alla memoria. Ragione in più per apprezzare la ricerca del regista e la sua scelta di servirsi anche dei meravigliosi materiali d’archivio del Luce, patrimonio inestimabile cui non si finirà mai di prestare abbastanza attenzione. |
Autore critica: | radiocinema.it |
Fonte critica: | |
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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