Notte all'opera (Una) - Night at the opera (A)
Regia: | Sam Wood |
Vietato: | No |
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DVD: | |
Genere: | Commedia |
Tipologia: | Storia del cinema |
Eta' consigliata: | Scuole medie superiori |
Soggetto: | James Kevin Mcguinness |
Sceneggiatura: | Al Boasberg, Bert Kalmar, George Simon Kaufman, Harry Ruby, Morrie Ryskind |
Fotografia: | Merritt Gerstadt |
Musiche: | Herbert Stothart,canzoni: "Alone" di Nacio Herbbrown, "Cosi' Cosa'" di Bronislaw Kaper |
Montaggio: | William Le Vanway |
Scenografia: | Ben Carre', Edwin B. Eillis |
Costumi: | |
Effetti: | |
Interpreti: | Harpo Marx Tomasso, Groucho Marx Otis B. Driftwood, Chico Marx Fiorello, Sam Marx Passeggero, Billy Gilbert L’assistente idraulico, Allan Jones Riccardo Baroni, Loraine Bridges Louisa, Frank Yaconelli L'idraulico, Edward Keane Il capitano, Robert Emmett O'connor Detective Henderson,
Margaret Dumont Madame Claypool, Gino Corrado Steward, Kitty Carlisle Rosa Castaldi, Walter Wolf King Rudolfo Lassparri, Sig Rumann Herman Gottlieb, Purnell Pratt Il maggiore, Olga Dane, Jay Eaton, Otto Fries, William Gould, George Guhl, Jonathan Hale, Luther Hoobyar, Rodolfo Hoyos, George Irving, Wilbur Mack, Inez Palange, Claude Peyton, Rita And Rubin, Rolfe Sedan, Phillips Smalleys, Harry Tyler, Leo White, James J. Wolf |
Produzione: | Irving Thalberg per Mgm |
Distribuzione: | Non reperibile in pellicola |
Origine: | Usa |
Anno: | 1935 |
Durata:
| 92'
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Trama:
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Critica 1: | Un giovane tenore disoccupato è aiutato a trovare la via del successo da tre allegri mattacchioni con cui parte per l'America. Viene scritturato al Teatro dell'Opera mentre i tre fratelli montano un vero putiferio. E uno dei più buffi e geniali film dei fratelli Marx, e il primo in cui, grazie a Irvin Thalberg della M-G-M, ebbero a disposizione grandi mezzi e numeri musicali di ottima fattura. La scena della cabina è una delle più famose del cinema marxiano. E considerato da molti critici insieme con Duck Soup (La guerra-lampo dei fratelli Marx, 1933) il vertice della loro comicità. |
Autore critica: | |
Fonte critica | Il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli |
Data critica:
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Critica 2: | La storia dei Marx Brothers, il “team” comico di maggior successo nel primo decennio del sonoro, è affidata per ora ai volumi di memorie, a qualche saggio americano, ad alcuni pregevoli contributi europei, alle recensioni (non sempre favorevoli) che i loro film ottennero. A differenza delle personalità singole (Chaplin, Keaton, Sennett, Lloyd) e della coppia Laurel-Hardy, per le quali l'analisi può già dirsi esauriente, i fratelli Marx (Groucho, Harpo e Chico, oltre a Zeppo, presente solo nei primi film) non hanno ancora trovato chi li affronti con una visione d'insieme e un sistematico esame tecnico-stilistico.
A Night at the Opera è da tutti considerato il loro film migliore. La sua qualità (e quella del successivo A Day at the Races) è dovuta a un insieme di circostanze che rivelano quanto siano complicati gli ingranaggi della macchina cinematografica. E se ciò vale per ogni genere di film, in ogni paese del mondo, vale soprattutto per i prodotti dell'industria americana e, fra questi, per quel particolare settore, altamente specializzato, che sovraintende alla fabbricazione degli spettacoli comici. Perché, appunto, di fabbrica si tratta. Nel caso di A Night at the Opera, la prima mossa fu compiuta dal produttore Irving Thalberg, che sottrasse i Marx alla Paramount (per la quale avevano lavorato sin'allora) e li condusse alla Metro. Mise a loro disposizione uno staff di sceneggiatori (Kaufman e Ryskind) e gagmen (Boasberg) eccellenti, un'ottima attrezzatura tecnica, un regista di notevole qualificazione professionale (Sam Wood) e, non ultima, una possibilità quasi illimitata di prove per trovare la giusta concertazione degli effetti in ognuno dei “numeri” di cui si componeva il loro repertorio (si giunse al punto di allestire una compagnia di giro per verificare sul pubblico dei teatri, in alcune città di provincia, il copione che gli sceneggiatori stavano cucendo addosso ai tre comici). Sarebbe una impresa vana cercare l'autore del film, giacché il film è - in tal caso, e in molti altri ancora - il prodotto di un lavoro di squadra, concepito secondo i parametri dell'industria e realizzato attraverso la progressiva sintesi delle invenzioni maturate nel corso di un nevrotico, caotico e strampalato psicodramma che si protrae per mesi.
Il film - che dura un'ora e mezza - ha una storia, e la svolge puntualmente, ma la storia vale soltanto come produttrice di situazioni. In un ristorante milanese Groucho combina un affare di cantanti lirici, mette in contatto una ricca signora (florido personaggio non più giovane, quella Margaret Dumont ormai “spalla” fissa del comico) con l'impresario Gottlieb, direttore della New York Opera Company; si accorda con Chico per un lauto contratto (e laute percentuali) da far firmare al tenore Lasparri; organizza il viaggio per l'America. La traversata (fra idilli e incidenti, scoperta di clandestini a bordo, scazzottature e naufragio) e lo spettacolo all'Opera House (dove si intersecano forsennatamente numeri di canto, tenori in concorrenza - oltre Lasparri si son portati dietro il bel Riccardo Baroni - bizze e gelosie dell'intera brigata, irruzioni devastanti dei tre) offrono ai Marx continue occasioni di comicità giocata, con precisione implacabile, su tutti i registri dell'assurdo: Groucho (New York, 2 ottobre 1895 - Los Angeles, 20 agosto 1977), faccia losca, occhiali, sopracciglia folte, enormi baffi neri disegnati, aggressivo e insinuante, eloquio a mitragliatrice; Chico (New York, 22 marzo 1891 - Hollywood, 11 ottobre 1961), dimesso e stranito, un cappelluccio in testa, furbastro all'occasione; Harpo (New York, 23 novembre 1893 - Hollywood, 28 settembre 1964), muto, occhi sgranati, faccia d'angelo, parrucca bionda, catastrofica carogna ogni volta che si scatena. Chico suona il piano da virtuoso, Harpo l'arpa con struggente dolcezza, Groucho bercia senza suonare nulla.
In tre, distruggono metodicamente l'ordine del mondo. Qualcuno li vuol fare discendere dal surrealismo. Ma i Marx discendono soprattutto dal vaudeville americano, di cui furono in teatro - prima e anche durante l'attività cinematografica - gli esponenti più originali. |
Autore critica: | Fernaldo Di Giammatteo |
Fonte critica: | 100 film da salvare, Mondadori |
Data critica:
| 1978
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Critica 3: | |
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Libro da cui e' stato tratto il film |
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