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Cenere e diamanti - Popiol I Diamant

Regia:Andrzej Wajda
Vietato:No
Video:Polygram Filmed Entertainment Vide
DVD:
Genere:Drammatico
Tipologia:La memoria del XX secolo
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Jerzy Andrzejewski, Andrzej Wajda
Sceneggiatura:Jerzy Andrzejewski, Andrzej Wajda
Fotografia:Jerzy Wojcik
Musiche:Filipa Nowaka
Montaggio:
Scenografia:
Costumi:
Effetti:
Interpreti:Jan Ciecierski, Zbigniew Cybulski, Bogumil Kobiela, Ewa Krzyzanowska, Stanislaw Milski, Adam Paxlikiwski
Produzione:Film Polski Kadr
Distribuzione:Zari Film
Origine:Polonia
Anno:1958
Durata:

105'

Trama:

La notizia che la Germania ha capitolato (è il maggio del 1945) provoca gioiosa allegria nella popolazione di una cittadina polacca; ma non per tutti la guerra è finita: nazionalisti e comunisti, in lotta silenziosa, cercano di distruggersi vicendevolmente, ora che il nemico comune, il nazismo, è fuori combattimento. Uno studente, Maciek, ed il suo amico Andrei, hanno ricevuto l'ordine di uccidere un'alta personalità del partito comunista polacco, rientrata in Polonia con le truppe rosse. La vittima designata sfugge ad un primo attentato: al suo posto rimangono uccisi due operai. Scoraggiato e nauseato ora da tante inutili morti, Maciek sente vacillare la propria fede nella necessità di continuare nella lotta fratricida. Durante la notte in cui attende il momento propizio per ripetere l'attentato, scopre l'amore nella giovane orfana che lavora come cameriera in un decrepito hotel. Ma i due giovani non potranno gustare che brevi istanti di felicità. Andrei scuote Maciek dalla sua esitazione e lo spinge, pur controvoglia, al suo triste dovere. L'illusione ed i sogni sono stati per il giovane d'assai breve durata. Il capo comunista cade sotto i suoi colpi e Maciek fugge. Ma a sua volta il giovane viene ferito da un poliziotto e morirà dopo una fuga disperata ed atroce.

Critica 1:Nel maggio 1945 Maciek, che ha combattuto contro i tedeschi in una formazione nazionalista, è incaricato di uccidere un anziano dirigente comunista che rientra in patria dopo anni di politica clandestina e d'esilio. Opera fondamentale del cinema polacco, impose con Kanal (1957) il nome di A. Wajda a livello internazionale e fece di Cybulski un divo, una sorta di Jimmy Dean polacco. Con l'energia di un film americano d'azione e un visionario impeto romantico, è una riflessione sul dramma della Polonia in guerra e sulla generazione, quella di Wajda, che vi bruciò i migliori anni della vita.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Dopo il successo ottenuto, nel 1957, con Kanal (I dannati di Varsavia) - rievocazione della resistenza polacca durante i giorni dell'insurrezione contro i tedeschi - Andrzej Wajda (Surwalki, marzo 1926) affronta un caso di coscienza che ha radici non soltanto nella guerra ma anche nella storia della Polonia contemporanea. Rivelatosi come il regista piú interessante del nuovo cinema polacco (Kanal ebbe la Palma d'argento al festival di Cannes e conobbe una diffusione internazionale), seppe mettere a frutto l'esperienza compiuta prima nel servizio segreto organizzato dal governo in esilio durante la occupazione nazista e poi una inclinazione per la pittura che l'aveva indotto a frequentare, dal 1946 al '48, i corsi dell'Accademia di Belle arti a Cracovia: una formazione, politica e professionale insieme, che gli avrebbe permesso di raggiungere, nel corso di pochi anni (gira il suo primo film - Pokolenie, Generazione - nel 1954), una straordinaria maturità.
«Con questo modesto film» dichiara presentando Popióf-i diament (un'ora e tre quarti di proiezione) «intendo mostrare allo spettatore il mondo complesso e difficile della generazione alla quale io stesso appartengo.» Lo fa attraverso l'avventura mortale di un partigiano della «Armia Krajowa» (una formazione militare di de-stra, che aveva attivamente partecipato alla resistenza e che ora combatte per impedire ai comunisti di monopolizzare il potere). L'azione si svolge nell'arco di un giorno e di una notte. Si apre al mattino, in campagna, quando Maczek (il protagonista), Andrzej e Drewnowski tendono un agguato al segretario del partito comunista, in una regione non lontana dalla capitale. Ma sbagliano il bersaglio e uccidono due operai. Tutto avviene rapidamente lungo la scarpata della strada, accanto a una cappella, in un'atmosfera di pace finalmente ritrovata (siamo nell'aprile del 1945). Maczek ha agito con la perfezione tecnica che gli deriva dalla milizia partigiana, con un gusto professionale dell'uccidere che ha lasciato il segno nel profondo della sua personalità. Lo ritroviamo all'estremità opposta della parabola, nell'atroce conclusione del film, quando, colpito per errore da un soldato, agonizza disperato e impotente in mezzo ai rifiuti, in un deposito per l'immondizia. Il destino ha, nel primo come nel secondo caso, condotto a una soluzione tragica, frutto di un equivoco. All'inizio Maczek uccide, in una sorta di esaltazione nevrotica; alla fine, muore, divincolandosi e spasimando. La notte si contrappone al giorno, l'ambiente fetido alla luminosità dell'idillio campestre. Si è parlato, per l'aspetto figurativo dei film wajdiani, del gusto barocco (sovraccarico e simbolico) presente in ogni inquadratura. A ciò si affianca lo sviluppo lineare dell'azione drammatica. E, se nel primo elemento possiamo percepire l'influenza di un clima culturale legato alla ritualità cattolica cosí viva in Polonia, nel secondo è forse lecito scorgere quella volontà di chiarezza che potrebbe (dovrebbe) finalmente guidare il paese fuori delle mistificazioni della storia nazionale di ieri e di oggi (la situazione di endemica guerra civile, fra il nuovo potere comunista e le bande armate della opposizione nazionalista, si prolungherà per qualche anno; e il potere comunista si affermerà imponendo al paese quel rigido programma «ottimistico» dello stalinismo che soffoca le contraddizioni di classe senza risolverle, sicché soltanto dopo il XX Congresso del Partito in URSS, nel 1956, sarà possibile anche ai polacchi iniziare una seria riflessione sui modi «reali» per costruire una società nuova).
Tesa fra questi due poli, la parte centrale del film offre alla meditazione dello spettatore, appunto, il «mondo complesso e difficile» di una generazione perduta. Maczek deve portare a termine la missione in un primo momento fallita (l'eliminazione di Szczuka, il segretario comunista), mentre si sta festeggiando, all'Hotel Metropol in un clima di avvilente conformismo, la fine della guerra. Ma l'incontro e l'improvviso amore con Krystyna (la barista dell'albergo) provoca la crisi. «Come potrebbe esser bella la vita», se finalmente si comprendesse l'inutilità del meccanismo feroce dell'odio (e delle utopie). «Sepolto sotto la cenere» si legge nei versi di Cyprion Norwid incisi sulla lapide di una cappella semidiroccata «il diamante brillerà in tutto il suo fulgore, come l'alba che annuncia la vittoria.» Ma quel momento non è ancora arrivato. Maczek deve uccidere (proprio quando la sguaiata festa dei sopravvissuti e degli arrivisti si conclude), ed essere ucciso, per errore. E sarà allora che egli (Wajda capovolge il significato della sorte, contrapponendo l'inizio alla fine) veramente vivrà: sarà degno di vivere, laicamente redento nella morte. Un uomo nuovo.
Autore critica:Fernaldo Di Giammatteo
Fonte critica:100 film da salvare, Arnoldo Mondadori Editore
Data critica:

1978

Critica 3:
Autore critica:
Fonte critica:
Data critica:



Libro da cui e' stato tratto il film
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